Obama ha dato il colpo di grazia ai negoziati prima ancora del loro inizio Commento della redazione del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 31 agosto 2010 Pagina: 1 Autore: la redazione del Foglio Titolo: «Obama ha azzoppato i negoziati diretti prima ancora dell’inizio»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 31/08/2010, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Obama ha azzoppato i negoziati diretti prima ancora dell’inizio ".
Barack Obama
Gerusalemme. Amr Moussa, segretario della Lega araba, si è dichiarato ieri “molto pessimista” circa il possibile esito dei colloqui di pace tra Israele e Anp che inizieranno il 2 settembre, e non è facile dargli torto. Ancora ieri, israeliani e palestinesi hanno ribadito posizioni inconciliabili. Il premier di Gerusalemme, Bibi Netanyahu, ha confermato di non avere preso alcun impegno con gli Stati Uniti circa il congelamento ulteriore degli insediamenti in Cisgiordania dopo la scadenza del 26 settembre: “Non abbiamo presentato alcuna proposta agli americani su un’estensione del congelamento”. Dall’altra parte Abu Mazen in un discorso televisivo ha ribadito che c o n s i d e r a sempre il congelamento una precondizione alla trattativa e che non intende transigere: “Il governo di Israele si assumerà l’intera responsabilità del rischio di fallimento dei negoziati se le attività di colonizzazione continueranno nei territori palestinesi occupati nel 1967”. Il presidente palestinese si riferisce a una lettera ufficiale inviata sabato scorso a Stati Uniti, Russia, Onu e Ue, in cui di fatto protesta per lo sgambetto di Barack Obama, che ha fatto annunciare da Hillary Clinton venerdì scorso l’apertura dei negoziati aggiungendo a chiare lettere “senza precondizioni”. Quando ha ascoltato queste parole nel suo ufficio di Ramallah – testimoniano suoi collaboratori – Abu Mazen si è messo a urlare, perché mai aveva autorizzato Obama a ritirare a suo nome queste precondizioni. Poi, non potendo sconfessare il presidente americano, ha inviato questa missiva per chiarire che invece quel congelamento è tuttora una precondizione per la sua parte. Il pessimismo su negoziati già così complessi è aumentato dalla constatazione che il trucco negoziale attuato da Obama in realtà complica, invece che favorire, l’accordo. Per 15 mesi esatti Obama in persona (dal primo incontro con Netanyahu alla Casa Bianca del 12 maggio 2009) ha fatto sua la posizione palestinese e ha chiesto a Israele di garantire questo congelamento, impostando sul tema, peraltro, un duro, inedito braccio di ferro con Gerusalemme. Ma infine, di fronte al persistente rifiuto di Netanyahu – e sicuramente pensando alle elezioni di mid term di novembre – il presidente ha usato un classico trucco di Palazzo (che però mal funziona nelle relazioni internazionali): ha abbandonato la sua posizione (che l’aveva reso così apprezzato dagli arabi) e ha sposato quella opposta (molto apprezzata dalla comunità ebraica americana), spiazzando completamente Abu Mazen che si era impuntato proprio perché certo dell’appoggio del presidente. La mossa ha prodotto un grande successo mediatico, ma ha reso quasi certo l’insuccesso della trattativa. Obama non calcola l’infinita debolezza sul piano interno di Abu Mazen e le contestazioni sempre più dure che gli vengono dalle stesse moschee della Cisgiordania a opera di Hamas (per non parlare di Gaza) per il solo fatto di trattare con Israele.
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