I negoziati tra Israele e palestinesi sono destinati al fallimento ?
di Angelo Pezzana
A pochi giorni dall'inizio dei colloqui diretti di Washington, il commento più approppriato l'ha scritto Herb Keinon sul Jerusalem Post: perchè Netanyahu e Abu Mazen devono percorrere 10.000 km, quando la distanza fra Gerusalemme e Ramallah è di 15 minuti ? La risposta sta probabilmente nella necessità assoluta di Obama di poter esibire un anche minimo risultato positivo della sua presidenza. L'unico, anche se difficile da raggiungere, lo può avere solo sul conflitto israelo-palestinese, circondato com'è in tutti gli altri campi da una lista di insuccessi clamorosi. Ma la distanza fra le parti non lascia spazio e grandi speranze. Su Netanyahu incombe l'impegno a mettere fine al congelamento delle costruzioni previsto per il 26 settembre, il miracolo di un accordo dovrebbe avvenire prima di quella data, perchè se Bibi dovesse prolungarlo è quasi certa una crisi di governo. La posizione di Abu Mazen è ancora più problematica. Sul fronte interno, sta subendo una serie di attacchi che mirano a squalificarlo quale legittimo rappresentante del popolo palestinese. La sua carica di presidente è infatti abusiva, essendosi rifiutato di indire nuove elezioni nel timore quasi certo di perderle. La presenza di Hamas in Cisgiordania, per quanto sottoestimata dall'Anp, è tale da creare preoccupazioni non solo a Israele, ma ad Abu Mazen prima di tutto. Non si contano più gli attacchi contro di lui sui media islamici estremisti. Da servo degli Usa, a venduto ai sionisti, è in atto una azione di delegittimazione nei suoi confronti, che mira al fallimento dei colloqui prima ancora che inizino. Abu Mazen si difende nel peggior modo possibile, invece di attaccare i fondamentalisti, si rifugia nella reiterata richiesta di pre-condizioni, una mina vagante che può far saltare i colloqui prima ancora del loro inizio. Non compie invece quel passo intelligente, indispensabile per creare reciproca fiducia fra le parti, del riconoscimento di Israele quale stato ebraico. Come si fa a raggiungere un accordo se una delle due parti non riconosce l'altra ? Abu Mazen sbaglia anche quando si richiama alle precendenti risoluzioni del Quartetto, che contenevano appunto quelle pre-condizioni che sono poi state cancellate per favorire l'incontro di Washington, accettate in un primo tempo dallo stesso Abu Mazen.
Le proposte che Bibi presentarà, a sostegno della accettazione da parte di Israele della tesi 'Due Stati per due popoli', sono essenzialmente queste: 1) uno stato palestinese smilitarizzato con il controllo di Israele della valle del Giordano, soprattutto per controllare che non entreranno armamenti nel nuovo stato. 2) il riconoscimento di Israele quale stato degli ebrei. 3) il ritorno dei rifugiati solo nello stato palestinese, non in Israele. 4) la dichiarazione di 'fine del conflitto', per evitare che da parte arabo-israeliana possano esserci poi richieste di autonomia o indipendenza in Galilea e nel Negev.
L'incontro, al quale assisteranno il presidente egiziano Hosni Mubarak, il re di Giordania Abdullah II e Tony Blair quale portavoce del Quartetto, si annuncia dunque etremamete problematico. Sia Bibi che Abu Mazen hanno seri problemi di governabilità al loro interno e il tempo per trovare una soluzione è breve, la scadenza del 26 settembre non riguarda solo il congelamento delle costruzioni nei territori, ma investe il rifiuto delle pre-condizioni che l'Anp ha fatto rientrare sul tavolo delle trattative. Ieri Bibi si è augurato che, dopo Wahington, i colloqui tra lui e Abu Mazen possano riprendere al più presto e con scadenza quindicinale. Una dichiarazione che aiuta a capire quanto deboli speranze i colloqui americani lascino intravedere.