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Il Foglio Rassegna Stampa
25.08.2010 Negoziati Israele/palestinesi: le difficoltà di Benyamin Netanyahu
Cronaca del Foglio

Testata: Il Foglio
Data: 25 agosto 2010
Pagina: 3
Autore: La redazione del Foglio
Titolo: «Perché Netanyahu teme il suo governo alla prova dei negoziati»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 25/08/2010, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Perché Netanyahu teme il suo governo alla prova dei negoziati ".


Bibi Netanyahu

Gerusalemme. Mesi di pressioni diplomatiche e di incontri internazionali hanno permesso a Benjamin Netanyahu di riprendere i colloqui di pace diretti con i palestinesi. Da domani, il premier israeliano ha un mese di tempo per risolvere un dilemma non meno complicato. L’obiettivo dei negoziati, che cominciano il 2 settembre, è giungere a un accordo per la nascita di uno stato palestinese entro un anno. Ma la prima, vera scadenza è quella del 26 settembre, quando termina la moratoria del governo sui nuovi insediamenti in Cisgiordania. Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha chiarito che la moratoria è decisiva per il futuro della trattativa: senza l’una, non c’è l’altra. Il capo della Casa Bianca, Barack Obama, ha sostenuto Netanyahu e il suo rifiuto a ogni precondizione al negoziato. Sugli insediamenti, tuttavia, l’Amministrazione americana ha appoggiato i palestinesi. Fu proprio la decisione di costruire nuove case a Gerusalemme est, in primavera, ad aprire un’insolita crisi tra gli Stati Uniti e Israele, rientrata dopo che Netanyahu mise un freno ai progetti edilizi anche nella parte contesa della capitale israeliana. Cedere nuovamente alle pressioni americane potrebbe costare a Netanyahu la fiducia della maggioranza, poiché un rinnovo della moratoria sarebbe inaccettabile per buona parte del suo partito, il Likud, e per i nazionalisti di Yisrael Beiteinu, guidati dal ministro degli Esteri, Avigdor Lieberman. Anche i settlers hanno promesso battaglia, ingaggiando diversi scontri con la polizia intenta a demolire le loro costruzioni. Il portavoce del dipartimento di stato americano ha detto che la moratoria sarà discussa nell’ambito dei negoziati, mentre fonti israeliane parlano di trattative discrete con la Casa Bianca per trovare una soluzione “creativa”. Il ministro per l’Intelligence, Dan Meridor, uno dei leader più moderati del Likud, ha proposto di mantenere in vita la moratoria per gli insediamenti più isolati, che potrebbero essere smantellati in seguito a un accordo, e di dare il via libera alle costruzioni nelle zone più vicine al territorio israeliano, che saranno probabilmente annesse al resto del paese. “Non è logico costruire nel futuro stato palestinese – ha detto Meridor – Allo stesso modo, è illogico non costruire in aree che faranno parte di Israele”. L’idea è buona, ma implica che, nel giro di un mese, le parti riescano a disegnare i confini dello stato palestinese almeno approssimativamente, una questione rimasta irrisolta in anni di negoziati. La proposta di Meridor è stata bocciata dai ministri più duri del governo Netanyahu. Per loro, i colloqui diretti sono destinati al fallimento: riconoscere che alcuni insediamenti dovranno finire in territorio palestinese sarebbe una concessione inutile. Se non riuscisse a convincere gli alleati, Netanyahu dovrebbe scegliere tra il voto anticipato e la formazione di un nuovo governo di coalizione con il partito centrista Kadima di Tzipi Livni. Quest’ultima possibilità avrebbe un prezzo alto: Livni guida il partito con il maggior numero di seggi nella Knesset e ha sempre preteso la poltrona di premier per entrare a far parte del governo. L’altro problema di Netanyahu arriva dagli uffici del ministro Lieberman. Ieri, il sindacato dei diplomatici ha ordinato ai dipendenti dell’ambasciata di Washington di non collaborare alla visita del premier del 2 settembre. Lo sciopero ha creato tensioni anche con il Mossad: due settimane fa, i servizi segreti hanno sostituito il ministero degli Esteri e hanno organizzato il viaggio del premier in Grecia. Ora, per rappresaglia, il sindacato ordina alle ambasciate di sospendere i pagamenti delle spese agli agenti del Mossad all’estero, e accusa gli 007 di fare i crumiri.

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