Iran: migliorano i rapporti con la Turchia, continua il programma nucleare Ahmadinejad fa propaganda col nuovo drone e Sakineh continua a rischiare la lapidazione. Obama che fa?
Testata:Il Sole 24 Ore - Il Foglio - La Repubblica Autore: Vittorio Da Rold - La redazione del Foglio - Giampaolo Cadalanu Titolo: «L'Iran non è più un nemico per la Turchia - Khamenei ai politici: Basta guerre intestine - Il drone 'ambasciatore di morte' di Ahmadinejad è una bufala? - Anche Carla Bruni con Sakineh migliaia di firme sul web per salvare la donna iraniana»
Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 24/08/2010, a pag. 9, due articoli di Vittorio Da Rold titolati "L'Iran non è più un nemico per la Turchia " e " Khamenei ai politici: Basta guerre intestine ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Il drone 'ambasciatore di morte' di Ahmadinejad è una bufala? ". Da REPUBBLICA, a pag. 15, l'articolo di Giampaolo Cadalanu dal titolo " Anche Carla Bruni con Sakineh migliaia di firme sul web per salvare la donna iraniana ". Ecco gli articoli:
Il SOLE 24 ORE - Vittorio Da Rold : " L'Iran non è più un nemico per la Turchia"
Recep Tayyp Erdogan
La Turchia sta per rimuovere l'Iran da una lista di paesi sotto speciale osservazione che possono diventare una «minaccia specifica per la sua sicurezza nazionale». L'elenco è stato aggiornato dal Consiglio di sicurezza nazionale turco e sarà formalmente adottato in ottobre. A quel punto l'Iran non sarà più considerato da Ankara e dal suo esercito come una «minaccia specifica», riferisce un articolo del quotidiano Milliyet. La clamorosa revisione sostituisce una versione stilata cinque anni fa. I membri del Consiglio, composto da governo e militari, non hanno voluto commentare il cambio di atteggiamento strategico turco verso l'Iran, paese che l'Occidente accusa di cercare di sviluppare armi nucleari. Il nuovo documento turco riduce anche il grado di minaccia potenziale per la sicurezza nazionale rappresentato dalla Grecia, tradizionale rivale di Ankara. I due paesi hanno contrasti territoriali di lunga data, ma in compenso legami commerciali in forte miglioramento. Il nuovo documento menziona il controverso programma nucleare iraniano e ripete la linea diplomatica turca che preferisce una zona denuclearizzata in Medio Oriente, ma in una nota riferita a Israele ricorda che quel paese è sospettato di possedere l'unico arsenale nucleare della regione. I sempre migliori legami della Turchia con l'Iran hanno sollevato più di una preoccupazione in Occidente, soprattutto quando Ankara, membro non permanente del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, ha sorpreso a giugno gli Stati Uniti e i loro alleati quando si è opposta a una risoluzione per infliggere nuove sanzioni contro Teheran.
Il SOLE 24 ORE - Vittorio Da Rold : " Khamenei ai politici: Basta guerre intestine "
Ali Khamenei
Mentre il ministro della Difesa iraniano, generale Ahmad Vahidi, presentava in pompa magna in una zona semi-desertica dell'Iran il primo drone di fabbricazione nazionale, in grado di trasportare «diversi tipi di bombe e missili» e con una gittata di mille chilometri, il leader supremo della Repubblica islamica Ali Khamenei, lanciava un duro e inusuale monito alle varie fazioni in lotta a Teheran, includendo per la prima volta anche il presidente Mahmud Ahmadinajd, per un richiamo all'unità interna. L'invito alla moderazione rivolto al fronte conservatore è forse l'ultimo tentativo di ridare all'ayatollah Khamenei il ruolo di arbitro (dopo essersi completamente appiattito nell'ultimo anno sulle posizioni dei falchi vicini al presidente) in una fase dove l'intensità e la frammentazione della lotta politica in Iran sta tornando al livello di guardia. Naturalmente la Guida suprema non ha mancato di auspicare «severe misure disciplinari contro gli studenti che non volessero abbandonare la strada della protesta», ma resta il fatto che per la prima volta Khamenei, sull'ipotesi di introdurre «una scuola iraniana dell'Islam»che ha fatto infuriare il clero sciita, abbia sconfessato il contestato presidente Ahmadinejad. Una mossa tattica? Un richiamo solo formale? Forse, ma l'erede di Khomeini è evidentemente preoccupato dall'escalation della lotta interna: ieri il ministro della Cultura ha stilato una durissima direttiva che impone «ai giornali e alle agenzie di informazione la proibizione della pubblicazione di qualsiasi notizia o foto attinenti ai leader dell'Onda verde, Mousavi, Karroubi e Khatami». Il motivo addotto dall'ennesimo giro di vite che tenta la messa al bando definitiva dalla stampa dei protagonisti dei riformisti è quello di «mantenere la quiete e l'armonia pubblica». Una mossa che ha fatto salire ancora una volta la tensione tra i riformisti che starebbero preparando per reazione una marcia di protesta per l'ultimo venerdì del mese di Ramadan, così come avvenne l'anno scorso in occasione della giornata di Gerusalemme. «È in corso una dura disputa all'interno dell'élite del paese - spiega dagli Stati Uniti, Fatemeh Haghighatjoo, ricercatrice ad Harvard ed ex deputata riformista al Parlamento di Teheran - tra i rappresentanti del potere legislativo e il presidente Ahmadinejad che sebbene non abbia, secondo la costituzione in vigore alcun diritto di veto, sta bloccando delle leggi approvate dai deputati sul tema della fondazione dell'Università privata Azad, la cassaforte dei riformisti, e sulla fine del sistema dei sussidi pubblici ». Lo scontro politico sta coinvolgendo l'emergente sindaco di Teheran, Kalibaf, il blocco conservatore spaccato tra moderati vicini a Larijani e radicali e il vecchio esponente riformista pragmatico Rafsanjani. In questo quadro molto fluido è giunta la notizia che tre funzionari dell'apparato giudiziario iraniano sono stati sospesi dal loro incarico (come chiesto dal riformista Karroubi) per il loro presunto ruolo nella morte, avvenuta nel centro segreto di detenzione di Kahrizak, a sud di Teheran, di tre giovani manifestanti arrestati durante le proteste antigovernative dopo le elezioni presidenziali del giugno 2009. Durante le proteste seguite alla rielezione del presidente Ahmadinejad oltre 150 dimostranti erano stati rinchiusi a Kahrizak e almeno tre di loro sono morti. Una delle vittime era Mohsen Ruhalamini, figlio di un leader conservatore. Questa decisione è da considerarsi come un punto a favore dei riformisti nella dura resa dei conti in corso a Teheran, ma la partita è ancora lunga e incerta.
Il FOGLIO - " Il drone 'ambasciatore di morte' di Ahmadinejad è una bufala? "
Roma. Lo hanno chiamato Karrar, che significa “aggressore”. E’ il nuovo velivolo teleguidato che il presidente iraniano, Mahmoud Ahmadinejad, ha presentato nel fine settimana a Teheran con i comandanti delle forze armate. A dispetto dei proclami, il Karrar non è certo lo strumento che permetterà all’Iran di colpire senza pietà i nemici “a mille chilometri di distanza”, come sostiene il capo dell’esercito. E’ soprattutto un’operazione di propaganda, e non si può nemmeno dire che la messa in scena sia particolarmente efficace: le immagini con Ahmadinejad che posa accanto al drone color oro sono una minaccia all’estetica dei regimi militari, più che alla sicurezza dell’occidente. Il profilo del “primo drone-bombardiere prodotto in Iran”, come lo ha definito l’emittente di Teheran Press Tv, è stato svelato durante le cerimonie per la Giornata dell’industria della difesa. Secondo Ahmadinejad, è un “messaggero di morte”; gli esperti che hanno visto il video con i test di volo, dicono che è il primo Uav (Unmanned Aerial Vehicle) prodotto in Iran, ma non si può parlare di un prodigio della scienza. Il Karrar è dotato di un motore a getto che consentirebbe un’autonomia di mille chilometri. Stando ai generali iraniani, ha una velocità di 900 chilometri orari, è lungo quattro metri e può imbarcare sotto la fusoliera uno o due missili. Nulla di troppo sofisticato, considerando che sembra un aerobersaglio, uno strumento costruito per simulare il volo di jet da combattimento e missili da crociera con il semplice obiettivo di addestrare la contraerea ad abbatterli. Mezzi del genere sono sul mercato da molti anni: è il caso dei Mirach italiani, adottati da molti paesi della Nato. Il Karrar sembra più l’evoluzione di un aerobersaglio che un drone da combattimento, come dimostrano la tipica colorazione arancio e l’impiego dei razzi per il decollo dalla rampa, che si sganciano quando entra in funzione il motore a getto. Questa evoluzione ricorda il Nibbio, un Uav italiano derivato dai droni Mirach 100/5, che è disarmato e si usa per missioni di ricognizione in territorio nemico. Non è la prima volta che Ahmadinejad cerca di sorprendere il mondo con gli effetti poco speciali dell’industria bellica iraniana. prima di oggi, ha presentato missili, siluri, minisommergibili e motovedette che hanno poco di innovativo. Anche il portavoce del dipartimento di Stato americano, Philip Crowley, si è preso il disturbo di ricordare che gli Stati Uniti “non sono preoccupati dall’industria militare iraniana, ma dal suo programma atomico”. A differenza dei droni a turboelica, che sono più lenti, ma permettono voli di sorveglianza prolungati, quelli a getto hanno prestazioni migliori e sono adatti a missioni brevi e in contesti bellici a elevata intensità. Sinora, gli Uav iraniani Mohjaer e Ababil sono stati impiegati per tenere sotto controllo la flotta statunitense nel Golfo Persico e le truppe alleate in Iraq e in Afghanistan, ma hanno lasciato tracce anche in medio oriente: uno ha sorvolato la Galilea dopo il decollo da una base di Hezbollah nel Libano del sud. Il Karrar, come i nuovi Nazir e Rad, la cui produzione è stata annunciata il 13 agosto dal ministro della Difesa iraniano, Ahmad Vahidi, hanno caratteristiche e compiti diversi. In teoria, possono volare a quote molto basse e hanno una capacità limitata di sfuggire ai radar. La possibilità reale di lanciare ordigni contro obiettivi militari, al contrario, è tutta da dimostrare. Il loro impiego su vasta scala contro bersagli terrestri o navali potrebbe creare problemi alle difese antimissile nemiche, aprendo la strada a ordigni più letali. Per l’Iran, che ha varato il programma Uav alla fine degli anni Ottanta, il Karrar rappresenta un progresso spendibile in termini di propaganda, ma non sul piano tecnologico. In questo settore, Teheran resta almeno vent’anni indietro rispetto all’occidente.
La REPUBBLICA - Giampaolo Cadalanu : " Anche Carla Bruni con Sakineh migliaia di firme sul web per salvare la donna iraniana "
Manifestazione a favore di Sakineh Ashtiani
Risparmiate le pietre affilate a Sakineh, fermate l´oltraggio per la madre di due bambini, l´incubo della sepoltura, la morte inutile e barbara per mano di una folla allucinata: è mobilitazione generale a fianco di Sakineh Mohammadi-Ashtiani, l´iraniana di 43 anni condannata alla lapidazione perché giudicata colpevole di «aver avuto rapporti illeciti» con due uomini che non erano suo marito. I giudici iraniani non precisano che rapporti siano stati, né si preoccupano di valutare che il marito di Sakineh è morto: per loro è adultera e complice nell´omicidio del marito. La donna ha confessato, ma la sua è un´ammissione estorta con 99 frustate: insomma, è solo il disperato cedimento di un essere umano ai carnefici, non certo una prova accettabile. L´ultima a schierarsi apertamente per Sakineh è stata Carla Bruni-Sarkozy: la moglie del presidente francese ha garantito l´impegno di suo marito Nicolas a fianco di Bernard Kouchner, capo della diplomazia d´Oltralpe, già impegnato a fare pressioni sul regime degli ayatollah per salvare la vita della donna: «Dal fondo della vostra cella, sappiate che mio marito difenderà la vostra causa senza sosta e che la Francia non vi abbandonerà», scrive la Bruni. «Come si può tacere davanti alla notizia della sentenza che è stata pronunciata contro di voi? Spargere il vostro sangue, privare due bambini di una madre, ma perché? Perché avete vissuto, perché avete amato, perché siete una donna, un´iraniana? Con tutta me stessa mi rifiuto di accettarlo» La mobilitazione passa anche attraverso il web: l´Italia fa la sua parte, grazie al sito di Repubblica, dove le firme per la liberazione di Sakineh erano ieri sera oltre 16mila, che si aggiungono alle 200mila raccolte dalla campagna internazionale Freesakineh.org. Fra i firmatari si schierano intellettuali come Edgar Morin o Salman Rushdie, personaggi dello show business come Gwyneth Paltrow o Yoko Ono, imprenditori come Richard Branson e politici come Michael Bloomberg o l´ex presidente brasiliano Fernando Henrique Cardoso, e il premio Nobel iraniano Shirin Ebadi. Ma il regime di Teheran sembra poco disponibile a rivedere la sentenza: Mohammad Mostafei, l´avvocato di Sakineh, ha dovuto fuggire in Norvegia, mentre tre suoi familiari sono stati arrestati. In un´intervista diffusa da Amnesty International, Mostafei racconta che la situazione è peggiorata da quando Larijani è ministro della Giustizia. Il suo lavoro legale «era solo umanitario, non politico», dice, raccontando della sua preoccupazione, ora che i clienti sono rimasti senza assistenza. «Ho seguito due-trecento casi. E quando uno finiva con la condanna a morte, non riuscivo a mangiare né a dormire».
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