Ancora qualche piccolo esempio di giustizia islamica
Cari amici, se insisto a raccontarvi qualche piccolo esempio di giustizia islamica, credetemi, non è solo per ammirazione etica e intellettuale, ma anche per la convinzione profonda che queste cose ci riguarderanno abbastanza presto, noi o i nostri figli. Perché la nostra civiltà europea ha rinunciato, almeno nelle élites intellettuali, a difendere i suoi valori e le sue specificità, mentre i fattori demografici, economici e anche politici aumentano il peso e le possibilità di quel fenomeno che alcuni estremisti, fra cui io stesso, chiamano Eurabia – cioè l'osmosi fra la socialdemocrazia europea e l'Islam, con peso crescente per quest'ultimo. E dunque la nostra civiltà declina, non si difende più, assume con sollievo i valori dell'altro; mentre l'Islam è orgogliosamente uguale a se stesso e assume senza esitazione come validi oggi i valori tribali delle bande di beduini che scorrazzavano la penisola arabica mille e quattrocento anni fa.
Ecco qualche esempio su cui riflettere. Il primo non è neppure un caso, è una storia che rileggo tutte le settimane con piccole varianti. Nel distretto di Dasht-e-Archi della provincia di Kunduz dell'Afganistan i talebani hanno lapidato a morte una coppia di ragazzi che avevano avuto il torto di avere un flirt essendo impegnati altrove. La ragazza si chiamava Sadiqa e aveva vent'anni, il ragazzo ne aveva 28 e si chiamava Qayum. Lei era fidanzata e lui sposato, ma si erano trovati a casa di un amico comune. Per questo oggi non sono più. Immaginatevi cosa resterebbe delle nostre spiagge ferragostane se questa superiore moralità vi fosse applicata (http://www.jpost.com/MiddleEast/Article.aspx?id=184951). Una storia comune, tanto che non so neanche dire se questa storia raccontata quasi negli stessi giorni dall'Ansa sia la stessa o un'altra (http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2010/08/16/visualizza_new.html_1881592115.html).
Più folkloristica, o agghiacciante, se volete, è quest'altra storia, che è uscita qualche giorno fa sui giornali. Un tale in Arabia Saudita è giudicato colpevole di aver aggredito un altro in una rissa e di averlo reso disabile. Il giudice l'ha condannato. Fin qui tutto normale. Ma sapete in che cosa consiste la condanna? A essere a sua volta reso disabile con un'operazione. Il giudice sta cercando un ospedale disposto a spaccare la spina dorsale di una persona sana, per obbedire alla legge del taglione. Sembra che faccia fatica a trovarla e certo questo non fa onore alla moralità dei medici sauditi. Ma siamo sicuri che prima o poi ce la farà, o ordinerà di andare per le spicce e farà intervenire un boia senza supporto medico. (http://www.corriere.it/esteri/10_agosto_20/arabia-giudice-legge-taglione-condanna-paralisi_02bf9a76-ac59-11df-9663-00144f02aabe.shtml).
Torniamo a un livello più politico. L'Iran ha imprigionato nei giorni scorsi e condannato a vent'anni sette persone con l'accusa di essere Baha'i. (http://www.drzz.info/article-l-iran-s-en-prend-encore-aux-bahais-par-jean-patrick-grumberg-55497710.html) Sapete di cosa si tratta? E' una religione nata 150 anni fa proprio in Iran dal ceppo islamico del babismo, che ha sette milioni di aderenti nel mondo e che ha aggiunto agli insegnamenti del Corano quelli del proprio profeta Bahá'u'lláh (1817-1892) (http://it.wikipedia.org/wiki/Bah%C3%A1%27%C3%AD). La setta ha degli insegnamenti esoterici, i suoi aderenti vivono in maniera riservata e pacifica. Roba, diciamo, da esperti di religioni comparate o etnografi del Medio Oriente. Ma per l'Islam, religione di pace e di tolleranza, nelle credenze Baha'i vi è il terribile crimine di credere che vi possa essere stato un altro profeta dopo Maometto e dunque la repressione dei Baha'i è durissima, implacabile: condanne a morte, sospensione dei diritti civili, sequestro di beni e libri, torture, l'assegnazione a quello stato di fuorilegge per cui qualunque crimine privato contro di loro non è proibito ma incoraggiato. Il tutto, naturalmente, nella più totale indifferenza di pacifinti, commissioni Onu per i diritti umani, tribunali dell'Aia, progressisti che vantano la grande e antica civiltà iraniana. (http://www.drzz.info/article-l-iran-s-en-prend-encore-aux-bahais-par-jean-patrick-grumberg-55497710.html). E anche di chi pensa, come dichiara oggi all'Avvenire Maria Cartabia, docente di diritto costituzionale all'università cattoliva di Milano, che "oggi le principali divisioni non sono fra le diverse religioni, ma tra i sostenitori di posizioni laiciste e i credenti." (http://www.avvenire.it/Cronaca/Crocifisso_intervista_+Cartabia_201008210709463270000.htm) La professoressa Cartabia parlava di tutt'altro, della vertenza sul crocefisso nei luoghi pubblici; ma certo che una considerazione così coraggiosa stupisce. Tutto sta a sapere se lei si identifica in questo caso con i Baha'i o con gli ayatollah che li perseguitano.
Ugo Volli