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la Stampa - Il Sole 24 Ore - Il Foglio Rassegna Stampa
21.08.2010 La Turchia intensifica i suoi rapporti con l'Iran
Il regime inaugura il primo reattore nucleare e continua a censurare la stampa. Cronache di Maurizio Molinari, redazione del Sole 24 Ore, redazione del Foglio

Testata:la Stampa - Il Sole 24 Ore - Il Foglio
Autore: Maurizio Molinari - la redazione del Sole 24 Ore - La redazione del Foglio
Titolo: «Energia e patto su Hezbollah. Iran e Turchia fanno sul serio»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 21/08/2010, a pag. 6, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo "Energia e patto su Hezbollah. Iran e Turchia fanno sul serio". Dal SOLE 24 ORE, a pag. 9, l'articolo dal titolo " E l'Iran avvia la sua centrale nucleare ". Dal FOGLIO, a pag. 3, l'articolo dal titolo " Perché Teheran è in allarme per la misteriosa bolla in Borsa ".
Ecco i pezzi:

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Energia e patto su Hezbollah. Iran e Turchia fanno sul serio "


Recep Erdogan con Mahmoud Ahmadinejad

La teorizzazione del patto strategico fra Ankara e Teheran è contenuta in un voluminoso rapporto redatto dal Ministero degli Esteri iraniano lo scorso 11 luglio, su esplicita richiesta del presidente Mahmoud Ahmadinejad. Manouchehr Mottaki, titolare del dicastero, identifica nove aree di possibile convergenza con la Turchia, suggerendo altrettante linee di azione, che Ahmadinejad ha fatto proprie chiedendo ai ministri competenti di fargli avere dei memorandum per concretizzarle in tempi brevi.
Al centro del rapporto di Mottaki c’è il progetto di dare vita a un blocco energetico turco-iraniano con la creazione di un «corridoio» destinato a sfruttare il territorio di Ankara per esportare gas naturale e petrolio iraniano su una rotta alternativa a quella attuale, che passa per il Golfo Persico e lo Stretto di Hormuz. In tale quadro verranno realizzate anche raffinerie in grado di emancipare l’Iran dalle importazioni di benzina e il porto di Trabzon sul Mar Nero viene identificato come un’alternativa all’Emirato di Dubai per essere il centro nevralgico dell’import-export, con la conseguente possibilità di sfruttarlo per ottenere materiali proibiti dalle sanzioni votate dalle Nazioni Unite. Da qui il suggerimento di Mottaki ad Ahmadinejad di aumentare la cooperazione con la Turchia al Palazzo di Vetro, tanto per aggirare le sanzioni quanto per ostacolare l’approvazione di nuove misure contro il programma nucleare.
Il rapporto afferma che la creazione del «corridoio energetico» e la «maggiore cooperazione all’Onu» consentiranno di far entrare la Turchia a pieno titolo nella partnership privilegiata fra Teheran e Damasco, destinata a essere allargata al Libano e, a seguito del ritiro americano, anche all’Iraq. Ciò che ne esce è una nuova mappa del Medio Oriente, con l’Iran perno di un’alleanza regionale capace di opporsi con successo a quella avversaria, costituita da Egitto, Israele e Arabia Saudita, sostenuta dagli Stati Uniti. Da qui il suggerimento di Mottaki per l’intensificazione dei rapporti militari e di intelligence con Ankara, anche al fine di far arrivare maggiori aiuti, in armamenti come in danaro, agli Hezbollah libanesi e ai palestinesi di Hamas.
Gli ultimi due punti del rapporto Mottaki guardano ancora più lontano, identificando nell’intesa turco-iraniana la possibilità di avere più voce in capitolo nelle istituzioni religiose del mondo musulmano rispetto alle capitali arabe e anche di poter mobilitare risorse a favore di gruppi islamici «oppressi» in più regioni, come gli uiguri in Cina. Ahmadinejad aspetta ora da Mottaki un secondo rapporto, sui benefici e le opportunità che Teheran potrà offrire ad Ankara in cambio della nuova partnership. Una volta esaminato anche questo testo, sarà proprio il Presidente iraniano a decidere come e quando recapitare al governo di Recep Tayyp Erdogan l’offerta di un patto strategico che punta a ridisegnare gli equilibri regionali, mettendo la Repubblica Islamica nella condizione di rompere l’isolamento internazionale.

Il SOLE 24 ORE - " E l'Iran avvia la sua centrale nucleare "

Oggi a Busher, città portuale del Golfo Persico, l'Iran inaugura la prima centrale nucleare a scopi civili, grazie all'uranio arricchito fornito dai russi. Ma il regime di Teheran, come ha fatto sapere ieri il capo del programma nucleare Ali Akbar Salehi, non rinuncia ad andare oltre e continuerà ad arricchire uranio localmente. Teheran, infatti, ha detto Salehi, non sarà per sempre in grado di acquistare il combustibile necessario da Mosca.
Le mire nucleari dell'Iran,colpito dalle sanzioni internazional, sono una delle principali ragioni di tensione in Medio Oriente e da settimane circolano indiscrezioni su possibili iniziative militari di Israele contro i siti iraniani. A stemperare la tensione è intervenuta però l'amministrazione americana, stando a quanto riportava ieri il New York Times.
Secondo il quotidiano, l'amministrazione Obama è riuscita a convincere le autorità israeliane che a Teheran servirà almeno un altro anno, e forse ancora più tempo, per completare il suo programma militare atomico. I funzionari della Casa Bianca avrebbero dimostrato, prove alla mano, al governo israeliano che l'Iran sta incontrando molti problemi tecnici nello sviluppo del suo progetto di costruzione della bomba.
In questo modo gli Stati Uniti ritengono di aver allontanato la possibilità che Israele attacchi in modo preventivo l'Iran nei prossimi mesi.
Le assicurazioni americane emergono da recenti rapporti dell'intelligence. Non è ancora chiara la causa dei problemi che Teheran sta incontrando nell'arricchire il suo uranio. Non si sa infatti, scrive il Nyt, se l'Iran abbia una centrifuga progettata male, se non riesca a trovare i componenti necessari o se stiano avendo successo gli sforzi occidentali di sabotare l'intero programma nucleare.

Il FOGLIO - " Perché Teheran è in allarme per la misteriosa bolla in Borsa "

Roma. La morsa della censura iraniana questa volta ha colpito un importante quotidiano economico del paese, Asia. Secondo quanto affermato dal ministro della Cultura, Mohammad Ali Ramin, il giornale è stato chiuso due giorni fa perché pubblicava “immagini contrarie al pubblico pudore, promuoveva il consumismo e comportamenti stravaganti”. Ma il motivo del provvedimento probabilmente va ricercato altrove; il quotidiano, infatti, era fortemente critico verso la politica economica del governo. Come ha spiegato in un’intervista a Radio Free Europe Ahmad Alavi, professore iraniano dell’Università di Stoccolma, la linea editoriale del giornale non solo poneva in risalto le inefficienze del sistema economico iraniano, ma forniva utili indicazioni agli investitori privati circa la reale situazione del paese e gli effettivi rischi di investimento. Il caso di censura sarebbe passato forse inosservato – d’altronde non è il primo nel paese, in particolare all’indomani delle proteste per le elezioni del giugno 2009 – se non fosse che la decisione di chiudere Asia è giunta in concomitanza con un’inchiesta parlamentare sul principale indice della Borsa di Teheran, il Teheran Stock Exchange (Tse). Dall’inizio dell’anno persiano, nel marzo scorso, avrebbe guadagnato circa 3.000 punti. A giudicare da questo balzo record, la finanza iraniana sembra godere di ottima salute, al punto da attrarre numerosi investitori. Un quadro che però, secondo gli analisti, urta con la pesante stagnazione dell’economia reale, fiaccata da elevati tassi di disoccupazione e d’inflazione. L’exploit della piazza d’affari di Teheran, inoltre, appare improbabile alla luce del contesto politico iraniano. La stabilità del regime e dell’attuale governo è stata incrinata dall’ultima tornata elettorale che, pur portando alla riconferma di Ahmadinejad come presidente, ha provocato una frattura nella società iraniana. Infine, anche la posizione internazionale del paese, in particolare in relazione alla questione del nucleare, apparirebbe orientata a un sempre maggiore isolamento, come confermano le nuove sanzioni decise dall’Unione europea il 26 luglio scorso. A maggior ragione, dunque, la vivacità della Borsa della capitale è parsa un’anomalia ai commentatori economici. Alcuni hanno giustificato il rialzo dei listini nell’ultimo semestre legandolo alle inattese performance di importanti imprese e banche del paese – Saipa (automobili), Foolad Mobarake (acciaio), Parsian Bank, Mokhaberat (telefonia) – che avrebbero comportato una crescita del prezzo delle singole azioni. Una spiegazione insufficiente, che non ha convinto nemmeno il Parlamento, l’Assemblea consultiva islamica, che ha così avviato delle indagini sulla piazza finanziaria. Per ora gli ispettori si concentreranno sulla condotta di 150 supervisori impiegati presso il Teheran Stock Exchange. Questa crescita anomala e controcorrente, a detta di altri, potrebbe infatti essere spiegata soltanto attraverso il ruolo giocato dal governo, che avrebbe artificialmente rialzato il valore delle azioni di molte imprese statali quotate in Borsa. Una strategia utile per incrementare la popolarità dell’esecutivo, che recentemente ha distribuito direttamente alla popolazione il 20 per cento delle azioni di alcune società appena privatizzate. Dividendi in cambio di consenso, in altre parole. Se tale linea interpretativa fosse corretta, appare evidente il motivo della chiusura del giornale economico Asia; esso avrebbe potuto indagare sull’inaspettata bolla della Borsa di Teheran e informare, meglio di qualsiasi organo governativo, circa la reale condizione del paese, infliggendo un ulteriore colpo alla stabilità e alla credibilità dell’attuale leadership.

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