Johnny Rotten, leader dei Sex Pistols, contro il boicottaggio di Israele Cronaca di Giordano Tedoldi
Testata: Libero Data: 19 agosto 2010 Pagina: 35 Autore: Giordano Tedoldi Titolo: «Ci vuole un mito del punk per difendere Israele»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 19/08/2010, a pag. 35, l'articolo di Giordano Tedoldi dal titolo " Ci vuole un mito del punk per difendere Israele".
Quanto ci manca un equivalente nazionale di John Joseph Lydon! Meglio conosciuto col nome di Johnny Rotten, leader e cantante dei Sex Pistols, gruppo punk inglese che sulla fine degli anni ’70 fece saltare le bombette e agitare l’ombrello a una quantità di britannici da operetta che non tolleravano che il loro infernale tran tran da un’estremità all’altra del London Bridge potesse essere sconvolto da quattro analfabeti musicali messi insieme dallo scaltro produttore Malcolm McLaren. Rotten trascina ancora oggi la sua avvizzita carcassa di 54enne zombi del punk in quel di Venice Beach, Los Angeles, dove vive in una fatiscentecasa in mattoni con la moglie Nora («la cosa più bella che il mondo abbia prodotto»). Ogni tanto fa ancora qualche concerto con il suo attuale gruppo, i PiL, che sta per Public Image Limited, di cui dice che sono il suo “cuore e anima”, mentre i Pistols erano solo “corpo e mente”. Però, ripetiamo, quanto vorremmo un Rotten anche noi, un’icona della rivoluzione senza futuro che il futuro se l’è coerentemente giocato. Voi direte, vabbè, i soliti snob questi di Libero, ma tolto lo sfascio vero, la disciplinata adesione ai princìpi punk dell’autodistru - zione, che saranno pure affari suoi, in che cosa ci sarebbe utile un Johnny Rotten? Pronta la risposta: se in Italia il dibattito politico è così bizantino, sciropposamente moderato, vigliaccamente pavido, la colpa è anche del fatto che invece di un Rotten, Walter Veltroni, per dire il politico più vicino ai temi della musica pop e convinto sostenitore del suo valore nella vita civile, è amico di Jovanotti e usava come inno politico la Canzone Popolare di Ivano Fossati. Altro che birra Corona, siamo all’infuso di finocchio, quello contro le flatulenze. Qui non si parla di valore musicale, ma di coraggio, di anticonformismo, di legittima e salutare radicalità di opinioni che sciocchino un corpo elettorale che è perlopiù un corpo morto. Esempio, se in Italia un Elvis Costello - alias Declan McManus, cantante inglese sopravvalutatissimo, ammirato per i suoi testi lambiccati e pretenziosi, per aver aiutato Paul l’ex beatle McCartney a scrivere “Flo - wers in the Dirt” ossia l’album più brutto della sua carriera, e perché lo scrittore Bret Easton Ellis non fa nemmeno la fatica di inventare i titoli dei suoi romanzi, perché la metà li prende dalle sue canzoni - avesse annunciato al mondo, come ha fatto nel maggio scorso, che annullava due concerti in Israele perché «il mio istinto e la mia coscienza mi obbliga a farlo», diffondendo la solita nota da portaborse Onu in cui deplora «le condizioni di intimidazione, umiliazione e molto peggio inflitte ai civili palestinesi per ragioni di sicurezza nazionale », probabilmente qui quei pecoroni del pop nazionale si sarebbero spellate le mani in un fragoroso applauso, con la sola possibile eccezione di Enrico Ruggeri, che però è un Johnny Rotten ultraleggero, come le Marlboro al mentolo. In Inghilterra invece, sebbene emarginato nella sua topaia di Venice Beach, hanno JohnnyRotten, la cattiva coscienza di un popolo e dell’ipocrisia canterina in particolare, che non gliele ha mandate a dire, all’Elvis abusivo (sul cui sito, dopo la comunicazione della cancellazione dei concerti, un genio gli ha scritto: «Conosco un solo grande Elvis » e non si riferiva a Costello). In un’intervista all’Independent, Rotten, che essendo un punk e non un burocrate dell’Onu parla senza scolpire parole forbite, ha commentato: «Se Elvis fottuto Costello vuole tirarsi indietro da un concerto in Israele perché improvvisamente gli è salita questa compassione per i Palestinesi, allora buon per lui. Ma io ho solo una regola (...). Finché non vedo un paese arabo, un paese musulmano, con una democrazia, non capirò come qualcuno possa avere un problema sul modo in cui sono trattati». Punto e a capo, e via con il programmato concerto dei PiL in Israele. Perché, a differenza dell’Elvis dei gonzi, il relitto del punk Rotten non si fa intimidire dalle lettere di un fan che gli scrive: «Se voi bastardi andate a suonare in quel buco d’Inferno (Israele, ndr) distruggerò tutti i miei album e cimeli raccolti negli anni». Distruggi, distruggi pure, che cosa credevi di raccogliere nel corso degli anni? I cimeli di Jovanotti? Dei Cugini di Campagna? Era Johnny Rotten, erano gli anni ’70, era l’anarchia e l’eroina, ricordi? Era lo stesso aggressivo, misogino, arrogante spettro di mezz’età con i capelli fulminati che, oggi, in un video su youtube, all’intervistatrice dalla voce flautata e piena di buonsenso risponde a brutto muso: «Sei così giovane, ma sai con chi stai parlando?», e poi chiarisce la sua massima di vita: «Nessuno mi dice cosa devo fare, ma c’è il rispetto, la lealtà, e il sentimento dei valori e della comunità, e ci saranno sempre in Inghilterra, ciao». Altro che i ripensamenti e le chiacchiere del futuro leader del Pd, Elvis Costello.
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