Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 18/08/2010, a pag. 6, l'articolo di Francesco Cossiga dal titolo " Come costruire il 'nuovo' che funzioni ", prefazione scritta per il volume di Luigi Compagna «Theodor Herzl: il Mazzini d'Israele» (Rubbettino), in uscita a ottobre .
Francesco Cossiga, Theodor Herzl
È consolante, per un "amico di Israele" quale io sono, leggere le pagine che Luigi Compagna ha dedicato a Theodor Herzl, fondatore del sionismo. Lo è perché di quel movimento ritenuto utopista ed irreale, ma divenuto realtà storica e politica, si parla ancora oggi e spesso malamente. Di sionismo parlano gli antisionisti, addossando ad esso la colpa dei mali del Medioriente e nascondendo, a mio parere, quel sentimento antisemita contro cui Herzl e i suoi seguaci combattevano e, purtroppo, ancora oggi serpeggiante nella società moderna; e di sionismo parla chi certamente antisemita non è, sostenendo che esso si è concluso con la nascita dello stato d'Israele e, dunque, non avrebbe più motivo d'essere. Dagli antisionisti dissento con la virulenza che mi è propria, ma mi permetto di dissentire anche da coloro che reputano il sionismo una sorta di reperto del passato: l'idea sionista non solo conserva il suo valore fondante ma, soprattutto, è la "forza" grazie alla quale lo Stato ebraico si perpetua nonostante lo stato di conflitto perenne in cui è costretto a vivere. Israele è il sionismo e senza di esso non solo sarebbe mai stato, ma avrebbe probabilmente cessato di essere molto tempo fa.
Su questo torna a farci riflettere Luigi Compagna nel suo libro dedicato al "politico dell'irrealtà"; un testo che riesce ad andare al di là della "freddezza" storica degli avvenimenti, per tracciare il travaglio anche "sentimentale" dell'uomo e del suo tempo.
Ma se questo è un grande merito di Compagna, non meno importante è il fatto che queste pagine presentino Herzl come il "Mazzini d'Israele", paragone di cui raramente si sente parlare se non in storiografie senza passione. Dunque, la riflessione sul sionismo, di cui troppo si discetta senza conoscerlo davvero, ci porta a riflettere anche sulla storia patria e sugli ideali che ci hanno condotto ad essere una Nazione. Anche di questo spesso si discetta troppo e male.
Non so se l'uscita di queste pagine in occasione del dibattito sui futuri festeggiamenti per l'Unità d'Italia sia dovuta al Caso, ad una sorta di "Provvidenza civile", o alla volontà dell'autore di pubblicare proprio " questa storia" in questo preciso momento. Certo è che ripercorrere le vicende del sionismo e del suo fondatore potrà essere utile a ripercorrere anche le nostre, a riscoprire, nel bene e nel male, uomini e idee, a "ripassare" i valori fondanti che hanno dato vita al nostro Paese.
Si parla molto, nel mondo attuale, di "tradizione", di cui anche il sionismo e i movimenti per l'unificazione italiana sono un'espressione.A volte cambiare quella tradizione è necessario. Niente, però, nasce dal nulla. Né in Israele, né qui, né in nessun altro luogo. Riflettiamo anche su questo e forse, così, riusciremo a costruire un "nuovo" che funzioni.
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