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Corriere della Sera - Il Sole 24 Ore Rassegna Stampa
18.08.2010 Moschea a Ground Zero, opinioni a confronto
Charles Krauthammer contrario, Khaled Fouad Allam possibilista, Fareed Zakaria entusiasta. Con una cronaca di Alessandra Farkas

Testata:Corriere della Sera - Il Sole 24 Ore
Autore: Alessandra Farkas - Charles Krauthammer - Fareed Zakaria - Khaled Fouad Allam
Titolo: «Moschea, islamici verso la rinuncia - Un sacrilegio scegliere Ground Zero - La moschea aiuterà l’Islam dei moderati - Una moschea a tre condizioni»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 18/08/2010, a pag. 17, l'articolo di Alessandra Farkas dal titolo " Moschea, islamici verso la rinuncia ", a pag. 1-17, i commenti di Fareed Zakaria e Charles Krauthammer titolati " La moschea aiuterà l’Islam dei moderati " e " Un sacrilegio scegliere Ground Zero ". Dal SOLE 24 ORE,a  pag. 13, il commento di Khaled Fouad Allam dal titolo " Una moschea a tre condizioni ".

(il cartello nell'immagine a destra recita: 'La sensibilità deve esserci da entrambe le parti. Se vi interessa davvero, costruitela altrove' ).
Ecco gli articoli (Fareed Zakaria e Khaled Fouad Allam preceduti dai nostri commenti) :

CORRIERE della SERA - Alessandra Farkas : " Moschea, islamici verso la rinuncia "


Alessandra Farkas

NEW YORK — Politica tradizionale addio. Oltre a far crollare il presidente Obama ai minimi storici di gradimento nei sondaggi (44%) la spinosa questione del centro culturale islamico che dovrebbe sorgere a due passi da Ground Zero sta buttando all'aria i consueti-schieramenti della politica Usa, riconfigurando le alleanze in maniera a dir poco imprevedibile.

Che Newt Gingrich, ex presidente ultraconservatore della Camera dei Deputati, abbia paragonato ai nazisti i leader del progetto per la moschea non sorprende più di tanto. Così come nessuno si è stupito che la compagna di partito ed ex governatrice dell'Alaska Sarah Palin abbia chiesto ad Obama di chiarire la sua posizione secondo cui i musulmani hanno il diritto di costruire il centro in questione se verranno rispettate le regole.

A dominare per l'ottavo giorno consecutivo il dibattito sulla moschea sono le recenti «defezioni» democratiche rispetto alla posizione di Obama. Dal governatore afro-americano dello Stato di New York David Paterson al capogruppo al Senato Harry Reid (un mormone del Nevada che rischia il posto a novembre) che non hanno esitato a criticare la scelta del loro presidente.

L'ipotesi della costruzione del Cordoba Center continua ad essere caldeggiata dal sindaco di New York Michael Bloomberg, ebreo ed ex repubblicano. E ribaltando gli schieramenti tradizionali destra-sinistra, sono dalla sua il governatore repubblicano del New Jersey, Chris Christie, e la candidata senatrice dello stesso partito in California, Carly Fiorina.

La faccenda ha creato scompiglio persino in seno alla Casa Bianca. «Il capo di gabinetto del presidente, Rahm Emanuel, non era d'accordo sulla linea da tenere sulla vicenda», rivela il Daily News. E la parziale retromarcia di Obama — che dopo aver appoggiato la costruzione del centro sulla base del principio della libertà religiosa, ha corretto il tiro sottolineando di aver solo sostenuto il diritto di tutte le religioni ad avere un proprio luogo di culto - gli ha tirato addosso gli strali del comico ebreo Jon Stewart, democratico liberal ed obamiano di ferro, che nel suo Daily Show l'ha irriso impietosamente.

Intanto i leader musulmani si starebbero preparando ad annunciare nei prossimi giorni l'abbandono del progetto. Lo scrive l'israeliano Haaretz, citando fonti anonime vicine alla comunità islamica newyorchese, secondo cui i musulmani sperano che la decisione sia percepita come un gesto di sensibilità nei confronti dell'opinione pubblica e delle famiglie delle vittime del 9-11.

CORRIERE della SERA - Charles Krauthammer : " Un sacrilegio scegliere Ground Zero "


Charles Krauthammer

Un luogo è reso sacro dalla diffusa convinzione che vi sia avvenuto qualcosa di miracoloso o di trascendente (come Lourdes o il Monte del Tempio), o da una vicenda di grande nobiltà e sacrificio o dal sangue di martiri e dalla indescrivibile sofferenza di innocenti (come Auschwitz). Quando diciamo che Ground Zero è un luogo sacro, intendiamo dire che appartiene a chi vi ha sofferto e vi è morto e questo obbliga noi, i vivi, a conservarne la dignità e la memoria, non permettendo che sia dimenticato, banalizzato o violato. Per questo, nel 1993, la proposta della Disney di costruire un parco tematico sulla storia americana vicino al campo di battaglia di Manassas venne respinta da un ampio fronte di dissenzienti (più saggi di me, che allora, ottusamente, non vidi alcun rischio nell’iniziativa), preoccupati che la Guerra Civile vi sarebbe stata banalizzata. Per questo la torre panoramica commerciale costruita sul limitare del sito di Gettysburg è stata demolita dal Park Service. Per questo, pur non avendo nulla contro i centri culturali giapponesi, l’idea di collocarne uno a Pearl Harbor sarebbe offensiva. Ed è per questo che papa Giovanni Paolo II aveva ordinato alle monache carmelitane di lasciare il loro convento di Auschwitz. Non voleva in alcun modo sminuire la profonda missione che si erano date, pregare per le anime dei morti, stava piuttosto inviando loro un messaggio di rispetto: questo posto non vi si addice, appartiene ad altri. Anche se la vostra voce è sincera, meglio lasciar regnare il silenzio.

Anche il sindaco di New York, Michael Bloomberg, che ha accusato chi si oppone alla moschea a Ground Zero di calpestare la libertà religiosa, ha chiesto ai responsabili della proposta «di mostrare una particolare sensibilità per la situazione». Eppure, come ha acutamente osservato l’editorialista Rich Lowry, il governo non dovrebbe dire alle Chiese come comportarsi, o indurle a mostrare «particolare sensibilità» verso qualcuno o qualcosa. Bloomberg ha così inavvertitamente avvalorato le posizioni, che criticava, ammettendo che Ground Zero è effettivamente un luogo diverso da qualsiasi altro. Quel che Bloomberg sottintende è chiaro: se la moschea fosse controllata da islamisti radicali «poco sensibili» che giustificassero o celebrassero l’11 settembre, non ne appoggerebbe la costruzione.

Ma perché poi? Secondo l’aperta visione della libertà religiosa manifestata dal sindaco, che diritto abbiamo di dettare i messaggi trasmessi da una moschea? Peraltro, sul piano pratico, non abbiamo nessuna garanzia di quel che potrebbe accadere in futuro. Le istituzioni religiose, nel nostro Paese, sono autonome. Chi può garantire che la moschea un giorno non assumerà un Anwar al-Aulaqi — mentore spirituale del killer di Fort Hood e dell’attentatore del giorno di Natale, che è stato imam della moschea della Virginia frequentata da due dei terroristi dell’11 settembre?

Un Aulaqi che predica in Virginia è un problema di sicurezza. Un Aulaqi che predica a Ground Zero è un sacrilegio. O forse il sindaco in questo caso interverrebbe — violando lo stesso Primo Emendamento che pomposamente pretende di difendere — ponendo un veto sul clero della moschea?

I luoghi hanno un peso. Questo luogo in particolare. Ground Zero è il luogo del più grande omicidio di massa della storia americana — commesso da musulmani di una particolare ortodossia islamica, per la cui causa sono morti e nel cui nome hanno ucciso.

Naturalmente questa setta rappresenta solo una minoranza dei musulmani. L’Islam non è più intrinsecamente islamista di quanto la Germania di oggi sia nazista — ma, nonostante l’innocenza della Germania attuale, nessun tedesco ben intenzionato potrebbe pensare mai di proporre un centro culturale tedesco, ad esempio, a Treblinka.

E questo fa pensare alle buone intenzioni dell’imam Feisal Abdul Rauf. È l’uomo che ha definito la politica degli Stati Uniti «una componente del crimine» dell’11 settembre, e quando recentemente gli è stato chiesto se Hamas sia un’organizzazione terroristica, ha risposto: «Non sono un politico... La questione del terrorismo è molto complessa».

L’America è un Paese libero dove si può costruire quello che si vuole — ma non ovunque. Per questo motivo abbiamo regolamenti urbanistici. Non si possono aprire negozi di liquori accanto a una scuola, e se una casa non rispetta la normativa urbanistica, non può essere costruita. Sono restrizioni di natura estetica, ma ve ne sono altre che rispondono a motivazioni più profonde e riguardano il decoro comune e il rispetto per il sacro. Nessuna torre commerciale su Gettysburg, nessun convento ad Auschwitz — e nessuna moschea a Ground Zero. La si costruisca dove si vuole, ma non lì.

Il governatore di New York si è offerto di trovare uno spazio per realizzarla altrove. Per una moschea che cerchi sinceramente di gettare un ponte, come sembra augurarsi Rauf, l’offerta andrebbe accettata.

Il SOLE 24 ORE - Khaled Fouad Allam : " Una moschea a tre condizioni "

Khaled Fouad Allam scrive : " Per prima cosa, ogni moschea ha un nome particolare, quindi sarà importante il nome che le verrà dato. Secondo, ogni moschea ha un suo cortile interno: lì dovrebbe essere edificato un monumento che ricordi ciò che è successo in nome di un'interpretazione errata e criminale dell'Islam. Infine, giuridicamente ogni moschea è costituita da una fondazione pia, tramite la quale i fedeli musulmani versano doni: opportuno sarebbe che questa fondazione dedicasse i suoi doni alle vittime e ai parenti delle vittime dell'attentato delle Twin Towers dell'undici settembre 2001 ".
Pur trovando interessante (e diversa da quelle finora lette sui quotidiani) la posizione di Khaled Fouad Allam, non possiamo condividerla. Non è possibile appoggiare la costruzione di una moschea a Ground Zero per ciò che rappresenterebbe (un monumento al terrorismo islamico di al Qaeda) Nemmeno se le tre condizioni proposte da Khaled Fouad Allam si realizzassero sarebbe possibile accettarla.
Ecco l'articolo:


Khaled Fouad Allam

Chi è potuto andare a Ground Zero, sul sito dove una volta erano erette le Twin Towers, è preso da una strana sensazione;perché a chi lo guarda,dopo l'attentato, tornano subito in mente le immagini della distruzione e della morte di più di tremila persone. Ma questo non fu un attentato come gli altri, lì quell'undici settembre 2001 la storia del mondo cambiò radicalmente. Quell'attentato fu perpetrato in nome di un'interpretazione sbagliata dell'Islam: ovvero il cosiddetto fondamentalismo islamico, o radicalismo islamico. Un gruppo, al Qaeda, un nome, bin Laden: da allora simbolo del terrorismo più criminale.
Questo attentato non solo provocò morti e cambiò il corso della storia, ma gettò il discredito nell'opinione pubblica mondiale su una questione che già covava nel suo interno, i rapporti tra l'Islam e l'Occidente. Così,dopo l'undici settembre, i rapporti fra l'Islam e l'Occidente conobbero una tensione estrema, creando in tal modo la tentazione d'innescare un processo di colpevolezza collettiva. Per fortuna le società civili in Occidente in gran parte seppero distinguere il terrorismo politico che utilizza l'Islam come modo di legittimazione dal resto della comunità dei credenti musulmani.
Lo stesso presidente Bush affermò allora in un suo discorso che non bisognava fare di ogni erba un fascio. Nonostante tutto ciò la tensione dei rapporti fra Islam e Occidente resta ancora palpabile perché non risolta, perché con essa vengono mescolate moltissime problematiche: l'immigrazione, l'integrazione, la costruzione di una società multiculturale o multietnica, la gestione delle nuove minoranze, eccetera.
È sullo sfondo di questo dibattito molto contraddittorio e opaco, a quasi dieci anni dal triste attentato delle Twin Towers, che si dibatte sull'opportunità o meno dell'edificazione di una moschea vicino a Ground Zero: lì migliaia di persone, di tutte le religioni e nazionalità, hanno perso familiari o persone care. Non si può dunque non capire il totale disappunto e la rabbia di fronte alla volontà di costruire una moschea nelle vicinanze di quel luogo. Molti opinionmaker sottolineano il fatto che non è nelle competenze di Obama la decisione di approvazione o meno dell'edificazione di questo centro islamico.
In Europa in particolare, la divisione di chi è pro e di chi è contro investe da una parte i difensori della società multiculturale e spesso dall'altra quelli che la combattono. Ma in realtà per ciò che riguarda gli Stati Uniti, il modo di trattare la diversità culturale è totalmente diverso da quello europeo, semplicemente perché è la diversità che è all'origine della genesi dello stato nazione americano; come giustamente l'editorialista Piero Ostellino afferma: «La prova è che è stato eletto un presidente degli Stati Uniti prodotto della società multiculturale (padre africano e madre americana): Obama».
Però per capire la decisione di Obama forse bisognerebbe ricondurre tutto ciò al suo discorso del Cairo di un anno e mezzo fa, quando pose la questione del riconoscimento dei rapporti fra Islam e Occidente sia dal punto di vista storico che nel suo assetto oggi mondiale: egli sottolineò anche che il primo paese che riconobbe l'indipendenza americana fu un paese musulmano, la monarchia marocchina.
C'è dunque una certa continuità nel discorso di Obama, nella visione dei rapporti fra Islam e Occidente: per lui questa questione è centrale anche se è consapevole delle difficoltà, delle critiche che potrebbero cadergli addosso, dal rischio che questa decisione potrebbe comportare per le prossime elezioni politiche di novembre. Per lui il compito di una democrazia moderna nell'era globale è quella di sollevare le contraddizioni e di cercare di risolverle.
A mio avviso la delicatezza della situazione è tale che comunque nel caso si costruisse questa moschea, questa non sarà mai una moschea come le altre, perché lì ci fu un attentato e il mondò cambiò. Suggerisco dunque alcune proposte. Per prima cosa, ogni moschea ha un nome particolare, quindi sarà importante il nome che le verrà dato. Secondo, ogni moschea ha un suo cortile interno: lì dovrebbe essere edificato un monumento che ricordi ciò che è successo in nome di un'interpretazione errata e criminale dell'Islam. Infine, giuridicamente ogni moschea è costituita da una fondazione pia, tramite la quale i fedeli musulmani versano doni: opportuno sarebbe che questa fondazione dedicasse i suoi doni alle vittime e ai parenti delle vittime dell'attentato delle Twin Towers dell'undici settembre 2001.

CORRIERE della SERA - Fareed Zakaria : "La moschea aiuterà l’Islam dei moderati "

Secondo Fareed Zakaria la costruzione di una moschea a Ground Zero aiuterebbe gli islamici moderati e riformisti ad emergere. A suo parere l'imam Feisal Abdul Rauf " principale promotore dell’iniziativa, è un religioso musulmano moderato. È vero, ha espresso un paio di opinioni sulla politica estera americana che mi sembrano eccessivamente negative, ma si tratta pur sempre di punti di vista come se ne leggono tanti ogni giorno ". Sostenere che l'11 settembre sia stato causato dagli Usa e dalla loro politica estera è da moderati ? O forse questa era una di quelle dichiarazioni definite  'eccessivamente negative' da Zakaria ? Anche le opinioni di al Qaeda e di Osama Bin laden sono ' punti di vista come se ne leggono tanti ogni giorno'?
Zakaria, poi, critica l'Anti-Defamation League, che ha scelto di schierarsi contro la costruzione della mosche a Ground Zero, sostenendo che uno dei motivi per cui sarebbe meglio evitarla è il rispetto dovuto ai famigliari delle vittime dell'11 settembre : "
i familiari delle vittime dell’11 settembre non hanno espresso un parere concorde sulla moschea. Ricordiamo che non pochi musulmani sono rimasti uccisi nell’attentato alle Torri Gemelle. Conta anche il dolore dei loro familiari? Ma occorre chiedersi soprattutto se Foxman sia convinto che il pregiudizio e l’intolleranza diventino accettabili se espressi dalle vittime. Il dolore dei palestinesi, allora, giustifica il loro antisemitismo? ". E' vero, sono morti anche dei musulmani l'11 settembre, anche gli attentatori erano musulmani. Il dolore dei loro parenti autorizzerebbe la costruzione di un monumento al terrorismo di al Qaeda nel luogo del peggiore attentato subito dall'Occidente? In ogni caso, l'idea di costruire una moschea a Ground Zero non è partita dai famigliari delle vittime musulmane. Molti intellettuali islamici si sono schierati contro la moschea ( http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=35981 ). La richiesta di non costruire la moschea non ha niente a che vedere con intolleranza e pregiudizio. Infatti il governatore dello Stato di New York ha proposto di costruirla altrove, in un'altra zona della città. Il problema non è la costruzione di un nuovo luogo di culto per islamici, ma la scelta del luogo.
Il paragone fatto da Zakaria tra i famigliari delle vittime dell'11 settembre ai palestinesi e il loro antisemitismo non ha alcun senso. I palestinesi non sono vittime di attentati da parte di Israele. E' stato Israele a dover costruire una barriera per difendersi dagli attentati terroristici, non il contrario.
Ecco come Zakaria conclude il suo pezzo : "
Oggi, tuttavia, la mia coscienza mi impone di restituire sia la splendida targa che i 10.000 dollari che la accompagnavano. Invito caldamente la Lega antidiffamazione a rivedere la sua posizione: saper riconoscere gli errori è il primo passo per ristabilire la propria credibilità.". L'Anti-Defamation League avrebbe perso credibilità perchè non ha la stessa posizione di Zakaria sulla costruzione della moschea a Ground Zero?!
Ecco l'articolo:


Fareed Zakaria

Dall’ 11 settembre del 2001 in poi, liberali e conservatori concordano che la vera e duratura soluzione al problema del terrorismo islamico sarà vincere la battaglia delle idee e screditare l’Islam radicale, ovvero quell’ideologia che spinge i giovani a cercare la morte massacrando esseri innocenti. La guerra al terrore sarà vinta quando una versione moderata dell’Islam, compatibile con i valori della modernità, prenderà il sopravvento sulla visione del mondo propagandata da Osama Bin Laden e i suoi seguaci. Il dibattito sull’opportunità di costruire un centro islamico a pochi isolati di distanza dal World Trade Center continua a ignorare un punto fondamentale. Se vogliamo favorire la diffusione di un movimento riformista nell’Islam, è probabile che l’impulso iniziale venga lanciato proprio da un istituto come questo. È nostro compito incoraggiare i movimenti che portano avanti il progetto, non demonizzarli. Se questa moschea venisse eretta in un Paese straniero, con ogni probabilità potrebbe contare sui finanziamenti del governo americano.

L’imam Feisal Abdul Rauf, principale promotore dell’iniziativa, è un religioso musulmano moderato. È vero, ha espresso un paio di opinioni sulla politica estera americana che mi sembrano eccessivamente negative, ma si tratta pur sempre di punti di vista come se ne leggono tanti ogni giorno sull’Huffington Post. Sull’Islam, suo principale argomento, tuttavia, le opinioni di Rauf sono chiare: non perde occasione per condannare ogni forma di terrorismo. Ribadisce la necessità che i musulmani convivano pacificamente con le altre religioni, evidenziando gli aspetti comuni a tutte le fedi. Reclama pari diritti per le donne e si oppone alle leggi islamiche che in qualunque modo penalizzano i non musulmani. Nel suo ultimo libro, What's right with Islam is what's right with America, sostiene che gli Stati Uniti rappresentano anzi la società islamica ideale, perché incoraggiano la diversità e garantiscono la libertà individuale e religiosa. La sua visione dell’Islam corrisponde all’incubo più terrificante di Bin Laden.

Rauf fonda le sue tesi sull’interpretazione del Corano e di altri testi sacri. Se ai miei occhi di non credente tutto ciò appare piuttosto cavilloso, occorre tener presente tuttavia che la stragrande maggioranza dei fedeli musulmani è disposta ad accogliere solo gli argomenti corroborati dalla dottrina. Il dibattito ben più vasto suscitato dalla proposta del centro islamico a Ground Zero verte, a mio avviso, sulla libertà religiosa in America. Molto è stato scritto a questo proposito e mi limito a raccomandare la lettura del discorso pronunciato da Michael Bloomberg. Le parole eloquenti, coraggiose e attentamente calibrate di Bloomberg dovrebbero essere incluse nel programma di educazione civica di tutte le scuole americane, e con ogni probabilità lo saranno.

Il discorso di Bloomberg si staglia in netto contrasto con l’inspiegabile decisione della Anti-Defamation League di schierarsi pubblicamente con coloro che si oppongono alla costruzione del centro islamico a Ground Zero. La Lega si prefigge, nel suo statuto, di «metter fine per sempre a ogni ingiustizia, discriminazione e forma di ridicolo perpetrate contro una qualunque fede religiosa o associazione di cittadini», eppure il suo presidente, Abraham Foxman, ha affermato che occorre rispettare il dolore dei familiari delle vittime dell’11 settembre, anche se rischia di apparire prevenuto nei confronti dell’Islam. «La loro sofferenza giustifica prese di posizione che altri potrebbero interpretare come irrazionali o intolleranti», sostiene Foxman. Innanzitutto, i familiari delle vittime dell’11 settembre non hanno espresso un parere concorde sulla moschea. Ricordiamo che non pochi musulmani sono rimasti uccisi nell’attentato alle Torri Gemelle. Conta anche il dolore dei loro familiari? Ma occorre chiedersi soprattutto se Foxman sia convinto che il pregiudizio e l’intolleranza diventino accettabili se espressi dalle vittime. Il dolore dei palestinesi, allora, giustifica il loro antisemitismo?

Cinque anni fa, la Anti-Defamation League mi ha tributato un importante riconoscimento, l’Hubert H. Humphrey First Amendment Freedoms Prize. Sono stato onorato nel riceverlo da un’organizzazione che ho sempre ammirato. Oggi, tuttavia, la mia coscienza mi impone di restituire sia la splendida targa che i 10.000 dollari che la accompagnavano. Invito caldamente la Lega antidiffamazione a rivedere la sua posizione: saper riconoscere gli errori è il primo passo per ristabilire la propria credibilità.

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