Riportiamo da LIBERO di oggi, 15/08/2010, a pag. 17, l'articolo di Angelo Pezzana dal titolo " I palestinesi perseguitati dai fratelli libanesi ".
Libano, Yasser Arafat
Gerusalemme- In Libano, su una popolazione di quattro milioni, i palestinesi sono circa 400.000. Non sono cittadini come gli altri, non godono di alcun diritto, tre quarti vive vendendo caffè per le strade. Vivono quasi tutti concentrati nei campi profughi, la disoccupazione è altissima, chi lavora ha poche scelte,perchè la maggior parte delle professioni non gli è consentita dalla legge. Sopravvivono con gli aiuti dell'UNWRA,l'agenzia dell’Onu creata apposta per loro. Lo stesso avviene negli altri paesi vicini, Siria, Giordania, dove il loro status è di poco migliore. Chiedersi perchè questo avviene, è utile anche per capire parte del conflitto con Israele.
Furono circa mezzo milione i palestinesi che lasciarono lo Stato ebraico, nel '48 e poi nel '67, ma la maggioranza se ne andò durante la guerra d’indipendenza, spinta soprattutto dagli stati arabi che avevano dichiarato guerra a Israele. Venite via, non rischiate le vostre vite, noi distruggeremo Israele e voi ritornerete entro pochi giorni e diventerete padroni anche delle proprietà degli ebrei. Quello che sembrava un risultato scontato si rivelò invece una sconfitta, la prima di tutte le altre che seguirono. I palestinesi non rientrarono più, perdettero i diritti di proprietà, e diventarono profughi. Differentemente da quanto avviene nel mondo, in condizioni simili, i profughi non furono integrati nei paesi nei quali si erano stabiliti. La loro condizione venne giudicata inamovibile, dovevano rimanere profughi, in attesa del ‘'ritorno'. Vennero creati per loro dei campi, in parte poi smantellati, ma non in Libano, che accolgono ancora quei profughi, diventati nel frattempo, da poche migliaia che erano, diverse centinaia di migliaia. Con l’appoggio dell’Onu, da sempre schierato con i nemici di Israele, venne creata una agenzia, l'UNWRA, con il compito preciso di mantenere lo status quo, impedirne l'integrazione, i profughi devono rimanere tali, un’arma costantemente puntata contro Israele, che non può accettarne il ritorno, pena la scomparsa della natura ebraica dello Stato.
La maggiore discriminazione in Libano ha un’origine precisa, l'invasione dei Fedayyin di Arafat nel 1970 dopo che furono espulsi dalla Giordania. Fu Arafat ad iniziare l'occupazione del sud del Libano, traformandolo in una base di attacco contro Israele. Un rapporto difficile che culminò con l'eccidio di Sabra e Shatila ad opera dei soldati cristiano-maroniti dopo che era stato assassinato il presidente cristiano Bashir Gemayel.
Il parlamento dovrebbe discutere in questi giorni una proposta di legge che dovrebbe garantire alcuni diritti base, ma è la leadership palestinese ad opporsi, ottenere la cittadinaza libanese cancellerebbe lo status di profughi, e con esso la carta politica da giocare nei rapporti con Israele.
Le forze politiche tradizionali non vedono con favore la concessione di alcun diritto, ed è probabile che il punto di vista di Hezbollah sia simile, anche se finora non l'ha espresso pubblicamente.La morale della storia è quella di sempre, il benessere dei palestinesi interessa al mondo arabo solo quando di mezzo c’è Israele da mettere sotto accusa. Ai paesi arabi, ma anche all’Onu, complice e responsabile della condizione nella quale ancora vivono. Sarà anche in base a queste valutazioni che gli arabi israeliani reclamano a gran voce la nascita di uno Stato palestinese, ma non mostrano alcun interesse a volerci andare.
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