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Sul pezzo di Battistini a Jenin 10/08/2010

Copia di lettera inviata al Corriere della Sera:

Gentile Direttore,

sono curiosa di sapere perché l’articolo di Francesco Battistini “Il nuovo cinema “Giardino” nella capitale dei kamikaze” (a Jenin, West Bank) sia rimasto sul sito del Corriere dall’8 al 9 scorsi, ma non sia stato pubblicato sulla copia cartacea del Corriere. Forse perché cita due fatti “pericolosi”? in aggiunta, ho una critica su un'omissione coerente nell’articolo di Battistini. Con una premessa. A Jenin ci fu un terribile scontro durante la cosiddetta seconda intifada. L’inchiesta israeliana, avvalorata un mese dopo dall’ONU,  appurò che furono 53 le vittime, tra israeliani caduti in un’imboscata e la maggioranza di terroristi palestinesi uccisi in combattimento. Su quell’episodio – come in tanti altri, frutto della menzogna propagandistica palestinese – continua la leggenda di un avvenuto “massacro ed occultamento di cadaveri in fosse comuni”. Ora, Battistini ha fatto un doveroso servizio d’informazione – considerato che non si trattava di un articolo prettamente politico, ma socio/culturale – sfiorando le caratteristiche principali di Jenin: “Capitale dei kamikaze” e dominio di Hamas. Lo sviluppo di queste due affermazioni, vere, sarebbero interessanti. Poteva inoltre, il Battistini, aggiungere quel dato di fatto che forse avrebbe offerto le premesse per sbugiardare la propaganda e quei siti che a tutt’oggi esaltano la leggenda di un avvenuto “massacro” a Jenin, a cui pure un regista ha dato fiato propagandistico con il film “Jenin, Jenin, Jenin!” che, ovviamente, ha avuto un discreto successo a suo tempo. Volutamente ignorando che Arafat, in aggiunta alla fabbricazione della menzogna dell'uccisione di al-Dourra, voleva estremizzare le piazze islamiche ma anche occidentali antisraeliane.

La fandonia archittettata dall’allora Antenne 2 (oggi France 2) in collaborazione con i palestinesi, sull’uccisione del ragazzo al-Dourra, ha estremizzato le piazze islamiche ed antisraeliane occidentali all’inizio della seconda intifada. Tale leggenda continua ad imperversare con quella di Jenin. Non ho dubbi su di lei, ma avrà il Corriere il coraggio di ripristinare la verità, confutando le menzogne, con due serie inchieste sugli argomenti citati?

Insisto nel ricordare a chi si opponesse a che sia data eco alla verità su questi due fatti, che sia il "massacro di Jenin" sia il caso al-Dourra sono stati creati apposta per estremizzare le piazze occidentali ed islamiche: tutte, soprattutto nei teatri di guerra. Il caso, al tribunale di Parigi, si è rivelato la più grossa fandonia giornalistica di tutti i tempi. Eppure, non si è avuto nessun clamore sulla questione come lo fu quando la notizia fece furore. Le reazioni islamiche hanno visto giustificato, dal silenzio mediatico (e politico) sulla verità, il loro ulteriore odio cieco contro gli ebrei e l’occidente, reo di legittimare e sostenere – bene o male – l’esistenza di uno “spietato” Israele. Gli islamisti se la sono goduta per il loro successo. La più evidente reazione dell’estremizzazione islamista, dovuta al caso al-Dourra, è stata sbandierarla come concausa al fatto che fosse ebreo, dagli assassini di un suo collega: Daniel Pearl.  Nel nome di Al-Dourra – nel nome di una menzogna - e per il fatto di essere ebreo, Daniel Pearl è stato decapitato e il suo corpo ridotto in dieci pezzi.

Forse il Corriere potrebbe riscontrare problemi nell’affrontare i due casi mediatici a cui ha dato clamore a suo tempo, sposando in toto l’attendibilità della propaganda palestinese ed antisraeliana, mantenendo il silenzio ad oggi. Eppure, penso che oggi – a distanza di tempo – sia meno pericoloso affrontare la verità su questi due argomenti. Il Corriere acquisterebbe ulteriore autorevolezza – che sul Medio Oriente non è spesso attendibile, né lineare – e tornerebbe ad instaurare quel corso non indifferente di alto giornalismo che lo distinguerebbe da tutti gli altri quotidiani.

Cordialmente,
Danielle Sussmann

Come abbiamo scritto nell'introduzione critica al pezzo di Battistini, più che un
articolo di cronaca e di costume, ci è parso più adatto ad una comunicazione dell'ufficio stampa del regista tedesco del film.
In più, tutta la presentazione del film, trama e contorni, ha messo Israele nella parte del 'cattivo', cosa non nuova, ma secondo noi non adatta a una testata come il Corriere.
IC redazione


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