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La Stampa Rassegna Stampa
08.08.2010 Usa: la Corte Suprema non accetta il ricorso del baby terrorista
Omar Khadr sarà processato per aver lanciato una granata e aver ucciso un soldato americano in Afghanistan

Testata: La Stampa
Data: 08 agosto 2010
Pagina: 3
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Corte Suprema: no a ricorso. A processo il baby terrorista»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 08/08/2010, a pag. 3, l’articolo di Francesco Semprini dal titolo “ Corte Suprema: no a ricorso. A processo il baby terrorista“.


Omar Khadr

Il soldato bambino sarà processato. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha respinto la richiesta di bloccare il procedimento giudiziario nei confronti di Omar Khadr, cittadino canadese detenuto nel carcere militare di Guantanamo, il cui processo dovrebbe iniziare il 10 agosto. «La richiesta di sospensione presentata alla Corte è stata negata», spiega nella sentenza il massimo organo giudiziario americano.
Il legale militare di Khadr, il tenente colonnello Jon Jackson, aveva chiesto a un tribunale di grado inferiore di esaminare l’ammissibilità costituzionale del 23enne canadese. La difesa aveva cercato di far rinviare l’inizio del processo, presentando un ricorso in cui sosteneva - per il suo caso - l’incostituzionalità di una corte militare. Khadr era stato catturato in Afghanistan nell’aprile del 2002, quando aveva 15 anni. Conosciuto come il «soldato-bambino», è accusato di aver lanciato una granata e di aver ucciso un soldato americano nel corso di una battaglia nel villaggio di Ayub Kheyl, in Afghanistan. Per questo nel 2002 è stato prima rinchiuso nel carcere afghano di Bagram, poi trasferito a Guantanamo, dove da otto anni é il detenuto più giovane. Dopo aver rifiutato di farsi difendere dal proprio avvocato americano e aver respinto il patteggiamento attraverso l’ammissione di colpevolezza, il soldato-bambino rischia ora il carcere a vita. Il giovane deve infatti rispondere di una decina di capi di imputazione, tra cui omicidio e cospirazione terroristica. Anche il governo canadese si è rifiutato di chiedere la sua liberazione affermando anzi che il procedimento nei suoi confronti doveva andare avanti. Dopo la decisione della Corte Suprema, il colonnello Jackson ha rivolto un appello ai tribunali militari di Guantanamo. «Il processo deve essere condotto in un’atmosfera di imparzialità - scrive Jackson in una lettera - La Corte deve esaminare le prove senza temere un fallimento nel caso consideri l’imputato non colpevole».

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