Riportiamo da LIBERO di oggi, 08/08/2010, a pag. 19, l’analisi di Angelo Pezzana dal titolo “Erdogan aspetta il referendum contro lo Stato laico per aprire le porte della Turchia all’islam radicale “.
Angelo Pezzana
Se fra Israele e Turchia il rapporto è sempre più sul punto di rottura, non è certo per colpa dello Stato ebraico. Reggono ancora le relazioni commerciali,ma se la politica avrà la meglio, e nessuno lo mette in dubbio, saranno a rischio anche quelle. Quella Turchia che abbiamo conosciuto fino al 2002, avviata verso la modernità, come l’aveva concepita Atatürk sin daglianni’20, è crollata all’arrivo al potere del partito AKP, l’islamista partito della giustizia e dello sviluppo, guidato da Recep Tayyip Erdogan, da otto anni alla guida del paese dopo aver messo la mordacchia ai militari, con arresti e incarcerazioni dell’unica forza che ancora poteva opporsi in difesa della democrazia. Ma se nelle ultime elezioni del 2007 Erdogan si sentiva forte con il 47% dei voti, distanziando il primo partito di opposizione, il CHP, Partito repubblicano del popolo guidato da Kemal Kilicdaroglu, che arrivava soltanto al 21%, oggi le percentuali hanno accorciato quella distanza, come ha rilevato un recente sondaggio, portandole a 34 contro 27. Comprensibili le preoccupazioni di Erdogan, meno sicuro sul risultato delle prossime elezioni che si terranno nel luglio 2001. Queste valutazioni spiegano il senso del referemdum che si terrà il prossimo 12 settembre, che si propone di emendare la Costituzione approvata nel 1982, nel senso che aumenterà il controllo sulle forze armate in favore dei poteri attribuiti al governo. In altre parole, Erdogan, con un referendum che spingerà in avanti l’islamizza zione della Turchia, avrà messo sotto controllo tutte le forze di opposizione, politiche e militari. Se vincerà, problematica la verifica delle democraticità del voto, Erdogan potrebbe anticipare il rinnovo del parlamento, spinto dal successo referendario. Gerusalemme non guarda con ottimismo l’evolversi dei rapporti conla Turchia. La svolta antioccidentale, l’appoggio ai gruppi terrosisti, come Hamas a Gaza e Hezbollah in Libano, l’alleanza con Iran e Siria,hanno accresciuto quella parte di opinione pubblica chevede confavore la rottura dei rapporti con Israele, una posizione che purtroppo non è prerogatica del solo governo ma ha intaccato anche l’opposizione. L’episodio della nave Mavi Marmara non è un caso isolato, ma è strettamente legato alla politica di Erdogan a livello internazionale. Il voto al Consiglio di sicurezza dell’Onu contro le sanzioni all’Iran, l’appoggio incondizionato alle richieste palestinesi contro l’interesse di Israele, rivelano chiaramente quale sarà l’at teggiamento della Turchia se dovesse esserci in tempi vicini un attacco ai siti nucleari iraniani, poco importa chi prenderà l'iniziativa. La diplomazia israeliana non chiude per ora nessuna porta, come dimostra la restituzione nei giorni scorsi della nave che aveva tentato di forzare il blocco a Gaza, una decisione volta a ridurre le tensioni. Che però rimangono alte, così come sono sempre più in bilico le relazioni con Washington, dopo che Obama sembra essersi informato meglio sulla differenza che esiste tra la realtà vera e quella che lui si augurava potesse diventarlo. L'impressione a Gerusalemme è che Erdogan non ha nessuna intenzione di cambiare marcia, essere contro Israele gli ha dato unimmagine forte nel mondo musulmano fondamentalista, difficilmente vi rinuncerà. Dovrebbe farlo riflettere l'apparteneza della Turchia alla Nato, inconciliabile con le sue scelte da novello Nasser. Peccato che nessuno gli ricordi quale fine hanno fatto i sogni di gloria del colonnello faraone. E' proprio vero che ai despoti la storia non ha mai insegnato nulla.
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