Ahmadinejad: la punta dell’iceberg iraniano
di David Braha
David Braha, Mahmoud Ahmadinejad
4 Agosto 2010, attentato a Mahmoud Ahmadinejad. Di colpo tutti i media internazionali, per l’ennesima volta negli ultimi anni, hanno rivolto la propria attenzione all’Iran. Notizie, smentite, commenti, immagini... un vortice di informazioni non molto chiare che però hanno fatto il giro del mondo in poche ore. È stato veramente un attentato? Il regime iraniano smentisce: nessun attentato, solo un petardo per festeggiare il passaggio del “tanto amato” leader. Qualcosa puzza. Era forse una granata, o una bomba carta? Ci sono stati feriti? Nessuno lo sa per certo: da un paese in cui i “politici” si sforzano a convincere il mondo che il cielo non è azzurro e che le elezioni dello scorso anno erano democratiche, ci si può aspettare proprio di tutto. Nell’incertezza, quindi, sappiamo solo due cose sicure: la prima è che ieri il presidente iraniano si trovava ad Hamadan, la seconda è che all’uscita dall’aeroporto, sfilando in mezzo alla folla, vi è stata un’esplosione che ha fatto prendere a tutti un bello spavento.
Questo per quanto riguarda le cosiddette notizie. Poi ci sono stati i commenti. C’è chi è convinto che il presunto attentatore fosse un agente israeliano - o magari americano - ma ci siamo abituati: ormai in Iran anche i calli ai piedi sono un complotto del regime sionista. Molti altri invece puntano il dito contro l’Onda Verde, gli oppositori interni al regime degli Ayatollah. Ma anche qui i dubbi persistono: uccidere qualcuno con le bombe infatti non sarebbe nello stile di protesta del movimento (http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=35867). Poi c’è il Ministro degli Esteri italiano il quale, evidentemente colto da amnesia sulle decine di persone continuamente messe a morte dal regime iraniano e sulla natura semidittatoriale della leadership di Ahmadinejad, ha parlato di “un atto gravissimo”. Secondo Frattini infatti “quando si parla di un attentato contro un leader politico, chiunque egli sia, è sempre un fatto grave”. Sarebbe curioso sapere se la pensa alla stessa maniera riguardo agli attentati contro Hitler: anche quelli erano atti gravi, oppure occasioni fallite per eliminare un dittatore e salvare innumerevoli vite?
Non sono in pochi infatti quelli che, appresa la notizia del presunto fallito attentato ad Ahmadinejad sono rimasti delusi così come si rimane delusi quando l’attaccante della tua squadra manca un gol a porta vuota. Tuttavia anche tra i più accaniti oppositori al regime di Teheran c’è chi dice che, in fin dei conti, almeno per Israele è meglio che per il momento il presidente iraniano resti in vita. La rumorosa presenza di Ahmadinejad sul palco internazionale, fino ad ora non ha fatto altro che mantenere continuamente l’attenzione del mondo sull’Iran e sulle sue ambizioni nucleari. Con tutti gli occhi puntati addosso, è stato molto più difficile per Teheran nascondere un programma iniziato ben prima dell’ascesa di Ahmadinejad, e che comunque continuerebbe a prescindere dalla presenza al potere dell’attuale presidente. Questo è confermato anche dal fatto che Moussavi, il contendente alla presidenza iraniana nelle scorse elezioni, per quanto considerato estremamente più moderato di Ahmadinejad non ha mai affermato di voler arrestare la corsa al nucleare. Paradossalmente, avere un leader moderato al posto dell’attuale presidente sarebbe quindi un trucco diplomatico che giocherebbe a favore degli Ayatollah: il programma nucleare non si fermerebbe, e il mondo verrebbe abbindolato dalla retorica ovattata di un leader “moderato”. Risultato? L’Iran completerebbe ugualmente la propria corsa all’atomo, probabilmente con più facilità e meno proteste: sia sul fronte interno che su quello esterno.
Di conseguenza, questo è uno di quei casi in cui, almeno all’apparenza, forse non tutto il male viene per nuocere. Forse, in fin dei conti, è meglio che quella presunta bomba, e quel presunto attentatore, abbiano fallito il loro obiettivo. Questo non toglie nulla a ciò che da mesi appare evidente a tutti: il mondo non sta facendo abbastanza per contrastare Teheran e le sue ambizioni nucleari. Il problema vero, però, va molto più a fondo, ed è alla radice del sistema iraniano, e questo è un discorso che ha ben poco a che fare con Ahmadinejad. Lui è solo un mezzo, solo lo strumento di un regime che fa di tutto per arrivare più facilmente ai propri obiettivi. Ahmadinejad, l’uomo, la persona, è solo la punta di un iceberg che si chiama Khamenei.