Quale miglior titolo per questa mia lettera potevo scegliere: "Quod licet Jovi non licet bovi". Ciò che il professor Volli ha scritto su "Pagine ebraiche", commentando l'impegno assiduo e "militante" della Sacra Triade letteraria israeliana sui media internazionali (Inf.Corr.01/08/10), nessuno sarebbe stato in grado di far meglio di Lui; ma, nel mio piccolo, posso almeno dire di esser stato degnamente interpretato?
Anche Deborah Fait ebbe modo di scaricare tutto il suo veemente disappunto in diverse occasioni nei confronti proprio di costoro (Grossman,Oz,Yehoshua), quando pontificavano dall'alto del loro dorato empireo contro ogni Governo (di ogni colore, intendo) israeliano; per lei andavano a nutrire il numero degli "utili idioti" di staliniana memoria (absit iniuria verbo); ma, al contrario, il professore ha lavorato di "cesello" e, riconoscendo loro un grande ascendente in campo letterario e "sinistrorso", ha voluto sottolineare pure i notevoli vantaggi economici che il loro ruolo di "bastian contrario" fa guadagnare in Occidente e ciò in barba alla sopravvivenza dello Stato democratico di Israele in cui felicemente vivono, lavorano, godono di ogni diritto e ben di dio e sono rispettati. Almeno avessero il coraggio di buttar l'occhio sui vicini Stati islamici, dove si preconizza la distruzione di Israele, per vedere di quanti diritti godano i loro colleghi e quanti libri scritti da ebrei vengano colà pubblicati, oltre il "Mein Kampf" e "I protocolli dei Savi di Sion".
E così il professor Volli nel suo articolo citato scrive: "In Israele si pubblicano 7 mila libri nuovi l'anno, uno ogni mille abitanti, il doppio dell'Italia, in proporzione. E anche per quanto riguarda l'acquisto pro capite di libri, Israele è al secondo posto al mondo."
P.S.: e pensare che questi tre Saggi si accodarono a colui che (l'infelice), qui in Italia, definì la nave corsar-turchesca "Mavi Marmara", "Exodus n.2" e ancora non si sono scusati, a quanto ne so.
Cordiali saluti
Bruno Basso