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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
02.08.2010 Eurabia avanza, anche in Afghanistan
Pericolosi segnali di defezione dall'Olanda. Intanto il Pentagono studia le prossime mosse

Testata: Corriere della Sera
Data: 02 agosto 2010
Pagina: 10
Autore: Guido Olimpio
Titolo: «L’Olanda si ritira dal conflitto afghano. E i talebani esultano - Il Pentagono e la guerra delle ombre»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/08/2010, a pag. 10, due articoli di Guido Olimpio titolati " L’Olanda si ritira dal conflitto afghano. E i talebani esultano " e " Il Pentagono e la guerra delle ombre ".
Ecco i due articoli:

" L’Olanda si ritira dal conflitto afghano. E i talebani esultano "


Il generale olandese Peter van Uhm

Un ritiro annunciato, previsto, ma comunque un passo significativo. Il contingente olandese in Afghanistan — 1.950 soldati — ha concluso ieri la sua missione nel settore di Uruzgand e torna a casa. Un disimpegno — assicurano i portavoce Nato — che avrà un impatto minimo sulle operazioni, un segnale però della difficoltà per gli alleati europei di continuare a morire per Kabul. Infatti, la Nato aveva chiesto all’Olanda di mantenere la presenza ma ciò ha prodotto in febbraio il collasso della maggioranza di governo in Olanda.

Il comandante, il generale Peter van Uhm, nel passare le consegne ad americani e australiani, ha affermato che la situazione nella regione controllata dai suoi uomini è migliorata «anche se resta molto da fare». Una missione costata la vita a 24 soldati, compreso il figlio di van Uhm, dilaniato da un ordigno rudimentale nell’aprile 2008. Il contingente si è conquistato onore e prestigio con una strategia efficace, molto simile a quella adottata dai reparti italiani.

Il rientro a casa degli olandesi è l’inizio di un conto alla rovescia che vedrà il ritiro del Canada entro il prossimo anno, quello polacco nel 2012 e britannico tra il 2014 e il 2015. Gli americani, da parte loro, hanno annunciato una riduzione del contingente dal prossimo anno, ma come ha precisato ieri il segretario alla Difesa Robert Gates sarà una riduzione molto ridotta nei numeri. Non è un mistero che il nuovo comandante del contingente David Petraeus è contrario a ridurre le forze a disposizione. I 145 mila soldati alleati in Afghanistan (120 mila inquadrati nella missione Isaf, più i soldati americani che operano nel quadro della missione Enduring Freedom) i restanti servono tutti, anzi non bastano. Gli stessi olandesi lasceranno fino a gennaio la loro componente aerea, composta da 4 caccia F16 e sette elicotteri.

Se è vero che sul piano strettamente militare la partenza dell’Olanda può essere assorbita, nessuno nasconde il valore simbolico e propagandistico. Contro un avversario che gioca sulle divisioni bisogna mostrarsi compatti. Altrimenti ogni cedimento è visto come un incentivo a colpire di più. Ieri, insieme alle congratulazioni della Nato, sono arrivate, per opposte ragioni, quelle dei talebani che si sono «felicitati» con governo e popolazione olandesi per la scelta.

Gli insorti, del resto, continuano a essere letali visto che luglio, con oltre 60 vittime, è stato il mese peggiore per la coalizione. E il comando alleato è alla continua ricerca di strategie che possano limitare i danni di un conflitto impossibile da vincere. Non è disfattismo ma sano realismo.

" Il Pentagono e la guerra delle ombre "


Il Pentagono

Nei prossimi mesi il Pentagono amplierà la guerra invisibile. Azioni di commandos e incursioni dei velivoli senza pilota per fiaccare i vertici talebani. Una tattica che ha portato negli ultimi cinque mesi all’eliminazione di 130 figure importanti tra le file degli insorti e alla cattura di molti altri. A Washington sono convinti che questo sia il sistema migliore per costringere i mullah a scendere a patti senza porre condizioni impossibili. Dunque gli oltre 140 mila soldati del contingente alleato faranno da scudo mentre i guerrieri delle ombre – veri o radiocomandati – dovranno far sentire insicuri i capi nei loro rifugi. Gli americani – con gli inglesi – si sono forse convinti che le grandi offensive hanno effetti limitati: i talebani scappano e poi ritornano nel più scontato degli schemi insurrezionali. Inutile allora inseguire mete impossibili. Lo ha detto, ieri, anche Barack Obama. In un’intervista ha ammesso che l’obiettivo in Afghanistan non è costruire un sistema democratico, bensì impedire che il paese torni a essere la piattaforma per attacchi terroristici contro l’America e gli alleati. Anche George W. Bush e Dick Cheney sarebbero d’accordo. Il guaio è che scopriremo se l’idea funziona soltanto dopo.

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