La notizia è stata diffusa da ASIA NEWS, l'agenzia stampa del "Pontificio Istituto Missioni Estere", ed è tale da non meritare le pagine intere che ha avuto. Una querelle che finirà in una bolla di sapone. Riprendiamo da LIBERO, di oggi, 31/07/2010, la cronaca corretta di Caterina Maniaci, con un curioso titolo " Israele vuol lasciare senz'acqua il Santo Sepolcro", nientepopodimeno !
Leggendo il pezzo si capisce invece che è una semplice richiesta di pagamento delle bollette, inevase dal 1967, cioè da quano la città vecchia di Gerusalemme fu liberata durante la guerra dei sei giorni.
Una querelle che finirà appena Vaticano e Israele metteranno fine alla diatriba sulla quale discuono da troppo tempo: Il Vaticano deve pagare un po' di tasse oppure essere esente ?
Ecco il pezzo:
L'ingresso al Santo Sepolcro
Non avete pagato l’acqua corrente fino a oggi? Ora la pagherete e con tutti gli arretrati, altrimenti vi sarà tolta. Questo, in estrema sintesi, sarebbe quanto minacciano le autorità municipali alle chiese di Gerusalemme, ossia di tagliare il rifornimento d’acqua alla basilica del Santo Sepolcro. Una notizia diffusa dall’agenzia Asianews, ricevuta da fonti della basilica stessa e che sta gettando nello sconforto le varie Chiese cristiane le quali, come da antica tradizione, insieme gestiscono il Santo Sepolcro. E non sempre in armonia, come dimostrano anche recenti fatti di cronaca, con preti e monaci di diverse professioni che se le danno di santa ragione proprio dentro la basilica. Sin da quando è cominciata ad arrivare l’acqua corrente nella zona, tutti i governi che si sono succeduti hanno fornito acqua al luogo sacro senza pretendere pagamenti, quale servizio pubblico ai pellegrini e “cortesia” per i religiosi, cattolici e non, che custodiscono ed officiano nel santuario. Così hanno fatto il governo britannico della Terra Santa (1917- 1948), quello giordano (1948- 1967) e finora anche quello israeliano. Senonché le autorità municipali israeliane ora passano alla minaccia di tagliare l’acqua per farsi pagare, non solo nel futuro ma anche per tutta quella fornita a partire dal 1967. Fatto curioso - rileva sempre Asianews - è che le domande di pagamento vengono indirizzate ad un ente inesistente, “la chiesa del Santo Sepolcro”. Una tale amministrazione non esiste, visto che l’antichissima basilica - costruita sul luogo che la tradizione indica come quello della crocifissione, sepoltura e resurrezione di Gesù - è retta dal peculiare regime giuridico internazionalmente riconosciuto dello "Statu quo". Il quale prevede che spazi, tempi e funzioni vengano ripartiti tra la chiesa cattolica, rappresentata dalla francescana Custodia di Terra Santa e diversi gruppi di monaci non cattolici, greci e armeni anzitutto, ma anche copti, etiopi e siri ortodossi. Proprio per la sua natura complessa, con tanti e diversi “utenti”, sarebbe molto difficile far pagare l’acqua al Santo Sepolcro, da quella fornita agli spazi comuni a quella per ogni singolo “settore” e poi si dovrebbero installare impianti distinti con i rispettivi contatori per permettere di esigere da ciascuno dei gruppi di monaci il pagamento relativo al proprio consumo. Insomma, un gran guazzabuglio. La speranza diffusa è che si tratti di un’iniziativa non ben ponderata e che ci sarà un ripensamento, tanto che la Santa Sede potrebbe chiedere un intervento del governo israeliano per risolvere la questione. In attesa di un chiarimento, di una smentita o di una conferma, bisogna ricordare che la vicenda si muove sullo sfondo della ingarbugliata situazione fiscale-giuridica tra lo Stato vaticano e quello israeliano. In ballo c’è la negoziazione di un “accordo globale”, cioè una risoluzione di tutte le rivendicazioni sullo statuto fiscale della Chiesa in Israele, su questioni riguardo le proprietà ecclesiastiche e su altri aspetti di natura economica, ad esempio la partecipazione dello Stato nel finanziamento di scuole cattoliche e ospedali. Nel 1993 fu siglato lo storico Accordo Fondamentale, che è la base per le relazioni fra Santa Sede e Israele. Questo documento obbliga le due parti a negoziare il famoso e non raggiunto “accordo globale”. Regolarmente si riunisce la Commissione permanente di lavoro fra Santa Sede e lo stato d’Israele ; si fa qualche passo avanti, ma spesso le riunioni sono rimandate, o si avvitano su qualche secondario aspetto tecnico. Gli ottimisti sostengono che il fatto che la Commissione continui a svolgere le sue funzioni è già di per se’ positivo e che i risultati ci saranno. I pessimisti scuotono la testa e prevedono solo lungaggini burocratiche e continui contenziosi, come quello in cui minaccia di trasformarsi il caso delle “bol - lette mancanti” al Santo Sepolcro.
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