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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
29.07.2010 Turchia, Il Corriere sposa Cameron e invita l'Italia a fare altrettanto
Lo scrive Danilo Taino

Testata: Corriere della Sera
Data: 29 luglio 2010
Pagina: 38
Autore: Danilo Taino
Titolo: «Se Cameron apre alla Turchia europea»

Sul CORRIERE della SERA di oggi, 29/07/2010, a pag.38, con il titolo "Se Cameron apre alla Turchia europea ", Danilo Taino scrive un pezzo totalmente sbilanciato in favore dell'ingresso nella Ue della Turchia. Un edorsement poco adatto ad un giornale che dovrebbe distinguersi per un certo equilibrio nella valutazione di un problema più che aperto come questo.
Invece Taino, dopo aver definito 'umanitaria' la spedizione della nave turca per spezzare il blocco israeliano di Gaza, si schiera con le le dichiarazioni di Cameron e sprona l'Italia a far sentire la propria voce per appoggiare la posizione di Erdogan. In questo modo il CORRIERE della SERA perde di credibilità, diventa un paladino di una scelta sulla quale dovrebbe, i modi non mancano, sentire il parere dei suoi lettori.
Ecco il pezzo:


Turchia europea ?

Nei giorni scorsi, il primo ministro David Cameron si è presentato ad Ankara come il migliore amico europeo della Turchia. Per dire che la porta dell'Europa è ancora aperta per quello che è uno dei Paesi chiave del Medio Oriente. La cosa non è così scontata. Il Foreign Office di Londra è convinto che le possibilità di un ingresso turco nella Ue si siano molto ridotte negli ultimi tempi: il premier Recep Tayyip Erdogan è sempre meno entusiasta dell'idea e delle scelte che deve fare per essere accettato; le maggiori cancellerie europee si sono, se possibile, ancora più irrigidite nella loro opposizione a un'entrata piena di Ankara nella comunità dei 27. Il golfo si allarga. Cameron ha dunque voluto segnare il punto: il discorso non è chiuso, ha detto. Un viaggio e un' apertura che il premier britannico ha fatto pochi giorni dopo il suo lungo colloquio con Barack Obama. La relazione speciale tra Londra e Washington in questo funziona.

Anche l'Amministrazione americana, infatti, è allarmata. All'inizio di giugno, il segretario alla Difesa Robert Gates ha detto pubblicamente di essere preoccupato della rottura dei rapporti tra Turchia e Israele — in seguito al raid di Gerusalemme contro la flottiglia «umanitaria» al largo di Gaza — e ha sostenuto che il rifiuto europeo di dare pieno accesso ad Ankara nella Ue può spingere la Turchia «verso Est». Da mesi in America è aperto il dibattito «Chi ha perso la Turchia?»: se n'è andata da sola, attratta da un nuovo e grande ruolo nel mondo islamico, o l'hanno buttata via Berlino e Parigi che non la vogliono come un partner alla pari ma al massimo le concederebbero un'associazione speciale all’Europa (che Ankara rifiuta con sdegno)? La questione turca è dunque al centro delle preoccupazioni diplomatiche mondiali. Si tratta del maggiore Paese emergente in Europa, partner della Nato, geograficamente in una posizione strategica, con un' economia in forte crescita. Cameron è stato gentilmente critico sul fatto che Erdogan si è di recente mostrato aperto alle posizioni iraniane sul nucleare e all’Onu la Turchia ha votato contro le sanzioni all’Iran. Ma per il resto ha aperto su tutto. «Mi fa arrabbiare— ha sostenuto — che i vostri progressi verso la membership dell'Unione Europea siano stati frustrati». Ed è arrivato a criticare Israele per avere trasformato la Striscia di Gaza in «un campo di prigionia».

Una visita di successo. Osservata dai palazzi di governo dell'Europa continentale, però, piuttosto velleitaria. Parigi e Berlino, infatti, sono ogni giorno di più contrarie a un ingresso pieno della Turchia nella Ue. Non tanto perché le trattative di accesso vadano male, perché la Turchia non rispetti i diritti umani o abbia un codice legislativo non del tutto europeo. Piuttosto perché, dopo la crisi finanziaria, Nicolas Sarkozy e Angela Merkel sono ancora più convinti di prima che l'Europa si sia allargata troppo e che l'ingresso della Turchia sarebbe la pietra tombale sul loro progetto europeo. Il presidente francese si oppone da sempre alla promozione europea di Ankara e ha promesso che sulla questione terrà semmai un referendum (i francesi sono molto contrari, secondo i sondaggi). Anche la cancelliera tedesca si è sempre opposta, ma ultimamente più di prima. La cortina di fumo dietro cui si muove la diplomazia tedesca è la frase sempre ripetuta Pacta sunt servanda, i patti vanno osservati, laddove il patto sono le trattative in corso tra Bruxelles e Ankara che in teoria potrebbero portare all’allargamento della Ue dopo il 2015. In realtà, Frau Merkel e i suoi consiglieri hanno alzato senza limite l'asticella, anche se non lo dicono in pubblico: per loro non basta più che Ankara rispetti tutti i parametri di democrazia, di legalità e di libertà economica per entrare in Europa. Per loro il problema è che la Turchia parla una lingua diversa da quella della Ue, ha logiche politiche e geopolitiche diverse, non punta sul soft-power caro agli europei ma ha un'idea più tradizionale, basata sui muscoli, dei rapporti di forza internazionali. È un'impostazione che non lascia alcuno spazio all’adesione, se sarà, come sarà, la Germania a dire una parola decisiva.

Di fronte all’alternativa di scegliere tra una logica aperta e internazionale, che consiglia di agganciare la Turchia, e una logica di consolidamento degli equilibri interni all’Unione Europea, Parigi e Berlino scelgono insomma la seconda. Come sempre: se domani ci saranno guai geo-strategici perché Ankara sarà meno filo-occidentale, sarà un problema degli Stati Uniti risolverli (e comunque l'Europa sarà pronta a criticare Washington). Cameron ha fatto la cosa giusta. L'Italia, da sempre favorevole all’ingresso della Turchia nella Ue, dovrebbe fare sentire di più la sua voce. Non sempre Parigi e Berlino fanno il bene dell'Europa.

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