Heinrich Heine, un invito a riscoprine la vita e le opere da Berlino, Alessandro Alvani
Testata: La Stampa Data: 26 luglio 2010 Pagina: 31 Autore: Alessandro Alvani Titolo: «Heine nel Walhalla, un omaggio che sa di beffa»
Heinrich Heine non appartiene più alla cronaca, giustamente, oltre alla letteratura, alla storia ebraica. Bene ha fatto, quindi, la STAMPA, del 25/07/2010,a pag.31, a pubblicare l'articolo di Alessandro Alviani, dal titolo " Heine nel Walhalla, un omaggio che sa di beffa", che da Berlino ci racconta come il busto di Heine entrerà a far parte nel Walhalla di Ratisbona: una occasione per rileggerne le opere e la vita.
Heinrich Heine
I più maliziosi la leggeranno come una raffinata vendetta dei bavaresi, cucinata a fuoco lento per oltre 150 anni. Gli altri, come un’involontaria ironia della Storia. Fatto sta che mercoledì Heinrich Heine farà da morto il suo ingresso trionfale nel posto in cui da vivo non avrebbe mai messo piede: un busto di marmo dell’ultimo grande poeta del romanticismo tedesco verrà collocato nel Walhalla, il monumentale tempio creato nel XIX secolo su una collina vicino a Ratisbona, sulle sponde del Danubio, per ricordare intellettuali, scienziati e compositori nati in Germania o legati alla storia tedesca. Lì troverà ad attenderlo personalità come Schiller, Kant, Lutero, Beethoven e persino quel Goethe che andò a incontrare a Weimar nel 1824. Difficilmente, però, Heine si sarebbe rallegrato dell’insperato onore: nessuno come lui criticò in modo altrettanto feroce quel tempio che ha preso in prestito le forme dal Partenone e il nome da Walhall, il luogo in cui riposano i più coraggiosi guerrieri della mitologia tedesca. Non che Heine odiasse la mitologia, anzi: la sua poesia probabilmente più nota è dedicata a Lorelei, la leggendaria ondina che seduceva schiere di marinai da una rupe lungo le rive del Reno, provocando così immani sciagure. L’avversione di Heine per il Walhalla era semmai più profonda: il tempio è «l’incarnazione dello spirito piccolo-borghese nazionale» e rappresenta una sorta di Golgota di marmo, scrisse. Per non parlare dei suoi giudizi su Ludovico I, il re bavarese che nel 1830 diede ordine all’architetto Leo von Klenze di costruire un tempio per celebrare le più grandi personalità «di lingua tedesca», a cominciare da Arminio, il mitico condottiero che sconfisse i Romani nella battaglia della foresta di Teutoburgo. «Una scimmia fa costruire un pantheon per gli eroi tedeschi», lo sbeffeggiò Heine nella poesia Mondo alla rovescia. Non a caso la decisione di affiancare il suo busto agli altri 129 già presenti nel Walhalla ha sollevato critiche. È un’incredibile mancanza di rispetto, ha protestato Bernd Kortländer, il vicepresidente dell’Istituto Heine di Düsseldorf, città natale del poeta e giornalista (fu lui a inventare il moderno «Feuilleton», la vivace pagina culturale dei quotidiani tedeschi). Di tutt’altra opinione Karl-Heinz Theisen, il presidente dell’associazione degli amici di Heine, che da dieci anni si batte per vedere il busto nel Walhalla. Si tratta anche di un segnale contro l’antisemitismo, ricorda Theisen: dopo tutto Heine si vide negare proprio da Ludovico I l’agognata cattedra all’Università di Monaco in seguito a una polemica sulle sue origini ebree, e si rifugiò per questo a Parigi. Se sapesse del suo ingresso nel Walhalla, dice Theisen, «ne riderebbe sotto i baffi». Come farebbe probabilmente se sapesse in che modo si è arrivati a questo passo. Nel 2006 il suo nome provocò un acceso scontro tra l’Accademia bavarese delle Scienze (incaricata di scegliere i nuovi inquilini del Walhalla), che sosteneva il matematico Gauss, e l’Accademia delle Belle arti, favorevole invece a Heine. La soluzione: via libera a entrambi. Non solo, ma il busto ha rischiato di non arrivare mai dalle parti di Ratisbona: lo scultore a cui era stato commissionato inizialmente, Jörg Immendorff, è morto nel 2007; a dispetto delle promesse iniziali, la città di Düsseldorf si è poi rifiutata per ragioni di bilancio di contribuire ai costi della statua (75.000 euro). Heine ne avrebbe tratto materiale sufficiente per uno dei suoi versi così carichi di dissacrante ironia.
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