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Il Foglio Rassegna Stampa
24.07.2010 Meir Dagan si è dimesso dal Mossad
Chi guiderà i servizi segreti israeliani contro l’Iran?

Testata: Il Foglio
Data: 24 luglio 2010
Pagina: 1
Autore: La redazione del Foglio
Titolo: «Meno rumore di una spia che arriva»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 24/07/2010, in prima pagina, l'articolo dal titolo "Meno rumore di una spia che arriva".


Meir Dagan

Roma. Il capo del Mossad, Meir Dagan, ha dato le dimissioni dalla guida del servizio segreto d’Israele. Si apre una partita decisiva in vista di un eventuale strike d’Israele contro i reattori nucleari in Iran. Ma prima di tutto si chiude un’era. Quando nel 2002 Dagan, ribattezzato “l’angelo della distruzione”, fu nominato a capo del Mossad, da Washington alle capitali islamiche tutti sospettarono che fosse in arrivo una rivoluzione. “Meno carte e più fatti”, fu la parola d’ordine di Dagan. A dimostrarlo c’è la lunga lista di esecuzioni più o meno riconducibili al servizio segreto israeliano. Il suo predecessore, l’intellettuale inglese Halevy, aveva fatto del Mossad una centrale di tecnologia e di intelligence. Dagan gli ha rimesso “il coltello tra i denti”, come ha detto Ariel Sharon. Il Sunday Times lo ha definito senza tanti giri di parole “il cacciatore di arabi”. Uno dei colpi più eclatanti della gestione Dagan è stato l’omicidio dell’imprendibile leader di Hezbollah, Imad Mughniyeh, noto come “lo Sciacallo sciita” e saltato in aria a Damasco (su di lui l’Fbi aveva messo una taglia di cinque milioni di dollari). Ora si fanno i primi nomi dei possibili successori. Dagan ha più volte fatto capire che ci sono altri mezzi, oltre allo strike militare, per fermare il programma nucleare iraniano. Alla Knesset Dagan ha spiegato che Teheran non si sarebbe dotata della bomba atomica prima del 2014. Un’analisi ottimista che non piace a molti nell’intelligence israeliana, forse nemmeno al primo ministro Benjamin Netanyahu. Assieme a quello di Dagan sono in scadenza anche gli incarichi del capo dell’intelligence militare, Amos Yadlin, e del capo dello Shin Bet (servizio segreto interno), Yuval Diskin. E proprio Yadlin e Diskin sono in cima alla lista dei possibili successori di Dagan. In particolare Yadlin nel 2006 aveva predetto: “L’Iran avrà l’atomica entro la fine del 2010”. Viene fatto anche il nome dell’ex agente del Mossad Hagai Hadas, che tratta per il rilascio di Gilad Shalit. Al vertice del Mossad, il servizio segreto d’Israele, potrebbe andare anche un generale esterno all’agenzia. Ma è più facile che il governo israeliano scelga qualcuno che conosce il mestiere. Si fanno i nomi di Yoav Galant, il comandante a capo dell’operazione “Piombo fuso”; Gadi Eizenkot, comandante delle truppe di stanza nel nord del paese e teorico della “dottrina Dahiya” (il diritto d’Israele di colpire le infrastrutture civili da cui sparano i terroristi di Hezbollah), e di Benny Gantz, il vice del capo di stato maggiore Gabi Ashkenazi. Di interni all’agenzia c’è un anonimo mister “T”, assistente di Dagan, e il capo dello Tzomet, l’agenzia che dirige gli agenti dei servizi segreti all’estero. I loro nomi non sono stati resi pubblici. Yuval Diskin è l’uomo che inventò gli omicidi mirati dei capi terroristi, come i leader di Hamas Yassin e Rantisi. Quando fu nominato alla guida dello Shin Bet, il “Comitato contro le torture in Israele” fece campagna contro Diskin. Il generale è cresciuto nel dipartimento arabo del servizio segreto. Ha lavorato nelle città palestinesi di Tulkarem, Nablus e Jenin. Fine conoscitore della società araba, tra i colleghi è noto per essere in un certo senso lo “psicologo” della controparte araba. Si è laureato in Scienze politiche all’Università di Haifa, con una tesi sul jihad islamico. Membri dei servizi lo descrivono come uno dei maggiori professionisti del gruppo, un comandante creativo con un carisma particolare. Il capo dei servizi interni israeliani passa il suo tempo libero scrivendo poesie e occupandosi di filosofia. Amos Yadlin ha guidato l’Operazione opera, con cui Israele distrusse il reattore iracheno di Osirak. Duemila chilometri, andata e ritorno, dal deserto del Sinai alla periferia di Baghdad. E un obiettivo: distruggere il reattore nucleare costruito da Saddam Hussein a meno di venti chilometri da Baghdad, con la collaborazione di tecnici francesi e italiani. In ufficio, il generale Yadlin tiene appesa la fotografia degli F16 che nel 1981 bombardarono il reattore. Yadlin la pensa diversamente da Dagan sull’atomica iraniana: “Teheran è una minaccia globale. Il regime sta sviluppando missili capaci di raggiungere con testate atomiche l’Europa e in futuro di attraversare l’Atlantico. Quindi è un problema mondiale”. Un anno fa sui muri della capitale iraniana apparvero manifesti che chiedevano la testa di Meir Dagan e del ministro Ehud Barak. In mezzo a loro c’era anche il volto di Yadlin. Un generale che si dice fiero di poter “guardare negli occhi ogni pilota e dirgli che sta facendo la cosa giusta e morale, perché questa è una guerra per la nostra esistenza”.

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