Vivere da alcuni mesi nell'aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv La storia dell'immigrata russa Raissa Simonova. Cronaca di Alessandro Carlini
Testata: Libero Data: 17 luglio 2010 Pagina: 16 Autore: Alessandro Carlini Titolo: «Vive da mesi come Tom Hanks nel terminal-bunker di Tel Aviv»
Riportiamo da LIBERO di oggi, 17/07/2010, a pag. 16, l'articolo di Alessandro Carlini dal titolo " Vive da mesi come Tom Hanks nel terminal-bunker di Tel Aviv".
Aeroporto Ben Gurion
Le storie degli “intrappola - ti” in aeroporto si sono moltiplicate negli ultimi anni. Quel “non luogo” in cui si aspetta di andare da qualche parte, di entrare in un Paese o uscire, si è così popolato di gente che resta per mesi o anche anni fra fast food, poltrone scomodissime, bagagli e bagni illuminati al neon. Tanti Viktor Navorski, il personaggio che Tom Hanks interpreta nel film Terminal, hanno dovuto sopravvivere negli aeroporti, destinati ad ospitare le persone per ore, al massimo qualche giorno nei casi eccezionali. L’ultima storia molto simile al film di Steven Spielberg arriva dallo scalo di Tel Aviv, il Ben Gurion, dove da diversi mesi una donna di origine russa, Raissa Simonova (79 anni), vive nel Terminal 3: il suo alloggio è una panca di metallo, a pochi passi dal controllo passaporti, dove la sera dispiega alcuni giornali che le fanno da giaciglio. I suoi beni sono conservati in una piccola valigia e in alcuni sacchetti di plastica. Ma la signora, che conferma la scorza dura delle donne russe, nonostante l’età, non vuole proprio mollare. «Non mi posso certo lamentare», ha detto alla stampa israeliana. «Da giovane sono riuscita a sopravvivere alla Guerra mondiale. Il mio unico sostentamento era composto da pane e patate. Allora le cose andavano peggio». Per chi ha subito l’assalto dei nazisti nella Russia di Stalin qualche mese in un aeroporto ultramoderno potrebbe essere considerato come un soggiorno in hotel. Tanti la stanno aiutando. I lavoratori dello scalo - proprio come accade nel film di Spielberg - ogni giorno le portano da mangiare e da bere, scambiano con lei qualche parola, si assicuranoche stia bene e che sia in grado, ancora, di resistere. Il suo nemico questa volta è la burocrazia, che può diventare quasi insormontabile in certi Paesi, come ad esempio Israele, in cuinonè semplice trasferirsi. Ma in questo caso, c’è ben poco da temere da una tranquilla signora di 79 anni, che fino ad ora non ha potuto beneficiare degli aiuti garantiti in genere ai nuovi immigrati. Le sono state offerte alcune sistemazioni provvisorie, ma le località suggerite, ha spiegato, «non facevano al mio caso». Adesso chela questione ha suscitato l’in - teresse della stampa, il sindaco di Ra’anana (cittadina a nord di Tel Aviv) ha assicurato che le troverà un tetto. Se la Simonova si lascerà persuadere, non riuscirà a battere il record fissato dal profugo iraniano Mehran Karimi Nasseri, che restò per anni nel terminal dell’aeroporto De Gaulle di Parigi. Nasseri ha raccontato la sua storia in un’autobiografia, alla quale, prima di Spielberg, si era ispirato il regista francese Philippe Lioret per “Tombés du ciel”. La sua vicenda è simile a quella di attivisti, profughi o semplicemente di che è rimasto in aeroporto perchè aveva finito tutti i soldi,compresi quelli per comprarsi un biglietto di ritorno. Nel Regno Unito c’è anche chi è andato in carcere per aver mangiato, dormito e circolato liberamente nel terminal di Londra Gatwick per più di tre anni. È capitato ad Anthony Delaney, 43enne inglese senzatetto, di professione chef. L’accusa che lo ha condannato a circa un anno e mezzo di reclusione è una duplice violazione di un provvedimento per comportamento anti-sociale emesso nei suoi confronti nel 2006: gli veniva intimato di non avvicinarsi allo scalo, ma lui ha ignorato il divieto.
Per inviare la propria opinione a Libero, cliccare sull'e-mail sottostante