La versione dello scienziato iraniano sul suo presunto sequestro fa acqua da tutte le parti Solo il quotidiano comunista se la beve. Analisi del Foglio
Testata: Il Foglio Data: 16 luglio 2010 Pagina: 1 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «Non abboccate al 'sequestro' dello scienziato iraniano»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 16/07/2010, in prima pagina, l'articolo dal titolo " Non abboccate al 'sequestro' dello scienziato iraniano".
E' da notare che, tra i quotidiani di questa mattina, l'unico a prendere sul serio la versione di Amiri è il Manifesto. La cosa non stupisce più di tanto, vista la linea filo-ayatollah del quotidiano comunista. Ecco l'articolo del Foglio:
Shahram Amiri
Roma. L’Iran ha montato un’operazione di disinformatia come faceva l’Unione sovietica ai vecchi tempi della Guerra fredda. Oggi il protagonista è Shahram Amiri, uno scienziato nucleare iraniano sparito nel giugno 2009 mentre compiva il tradizionale pellegrinaggio alla Mecca. La versione iraniana dei fatti è questa: Amiri è stato prima drogato e poi rapito dai servizi segreti sauditi, acerrimi nemici di Teheran, e consegnato all’intelligence americana, che lo ha portato negli Stati Uniti. Laggiù le squadre della Cia lo hanno interrogato “con le peggiori torture fisiche e mentali immaginabili”, come ha detto ieri Amiri. Ma lo scienziato è riuscito a liberarsi e dopo aver vagato per due mesi in Virginia braccato dagli inseguitori è riuscito finalmente a rifugiarsi dentro l’ambasciata pachistana a Washington. L’Iran non ha un’ambasciata negli Stati Uniti perché i due paesi hanno interrotto le relazioni diplomatiche dopo l’arrivo di Khomeini, ed è il Pakistan a mantenere all’interno della propria una ridotta sezione d’interessi iraniana, per i casi indispensabili (a Teheran questo ruolo l’ha l’ambasciata della Svizzera). Lo scienziato si è imbarcato su un volo al Dulles di Washington per tornare in patria e ieri è stato accolto come un eroe all’aeroporto internazionale Khomeini di Teheran. Corona di fiori al collo, abbraccio di moglie e figlio piccolo, conferenza stampa a braccetto con il viceministro degli Esteri per raccontare ai giornalisti il rapimento, le sevizie, la fuga. I casi sono due, in ordine di plausibilità. Il primo. Amiri è un disertore del programma atomico iraniano (si è fatto più di cento giorni di galera perché era tra i manifestanti antiregime, aveva motivazioni bastanti a non lavorare al programma atomico di un governo che voleva rovesciare) è passato dalla parte degli americani con un prezioso bagaglio di informazioni, ma gli iraniani sono riusciti dopo un anno a recuperarlo, coprendo tutto con la storia del rapimento e delle torture. Non deve essere stato difficile persuadere Amiri a tornare, perché ha lasciato moglie e figlioletto dietro di sé, probabilmente pensando che sarebbe stato facile farli uscire dal paese per il ricongiungimento. E invece la famiglia non è riuscita a seguirlo, ed è rimasta sotto la tutela poco amorosa dei servizi iraniani. Il secondo caso. E’ stata tutta un’operazione di disinformazione fin dall’inizio, montata ad arte per spedire agli americani un agente che avrebbe dovuto fingere di consegnarsi di sua volontà e poi avrebbe dovuto scatenare un putiferio accusando Washington di rapimento. In entrambi i casi, le incongruenze nel racconto sono devastanti. Ritorno su un volo di linea Amiri dice di avere ricevuto un’offerta di 50 milioni da parte della Cia per rivelare i segreti nucleari di cui è in possesso e per restare per sempre in America, e dice allo stesso tempo di avere patito torture inimmaginabili. Ma è inverosimile che gli americani lo abbiano trattato allo stesso tempo come una fonte preziosa di informazioni da comprare e come un prigioniero da trattare peggio di un terrorista di al Qaida nel 2001. Ieri sul Washington Post una fonte Cia ammetteva di aver avvicinato l’uomo con un’offerta di 5 milioni di dollari – che sembra più realistica e toglie ogni dubbio sulle sevizie immaginarie: non compri una fonte che stai torturando. Amiri dice di essere riuscito a scappare da questa prigione segreta della Cia – da cui però riusciva a telefonare alla moglie – e la prova sarebbe un video che lui ha messo su YouTube a giugno, in cui diceva di essere stato rapito. Ma lo stesso giorno è apparso un video di lui, in giacca e camicia, che spiegava di stare bene e di essere perfettamente al sicuro. Il giorno dopo, coincidenza, all’Onu si votavano le sanzioni contro l’Iran. Con la stessa giacca a quadretti e con la stessa camicia, Amiri due giorni fa è arrivato all’aeroporto di Teheran, come un normale passeggero di linea, senza che nessuno alla partenza lo avesse trattenuto. Poi, subito dopo la conferenza stampa, il governo iraniano ha negato pure che lui fosse uno scienziato nucleare.
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