Flottiglie che vanno, flottiglie che vengono – i conti della serva
Un mercato a Gaza
Cari amici, adesso che la coraggiosa spedizione libica ha mostrato insieme eroismo e intelligenza rompendo il motore della suo nave proprio al momento buono in cui doveva misurarsi con la marina israeliana (della serie: tenetemi che je meno) e che anche le eroiche donne della flottiglia libanese che doveva partire una decina di giorni fa si sono dissolte come neve al sole, permettetemi di raccontarvi un piccolo segreto: “Qui a Gaza abbiamo numerose qualità di generi alimentari, possiamo anche esportarli negli Stati Uniti a prezzi simbolici. Non vogliamo la maionese di Obama, non vogliamo l'elemosina”. Sapete chi ha scritto queste parole che hanno fatto il giro del mondo, ma naturalmente – con la sola eccezione del Foglio, non hanno destato la minima attenzione della stampa italiana, che dice di lottare per la sua libertà, ma sui temi buoni si imbavaglia da sé? Non è un propagandista israeliano, ma un tizio che si chiama Bassam Naim, responsabile della sanità per il "governo" di Hamas. (http://www.informazionecorretta.it/main.php?mediaId=999920&sez=120&id=35189).
Non ci credete? Pensate che sia una balla degli israeliani affamatori della prigione a cielo aperto di Gaza? Leggete questo: "Un chilo di anguria a Gaza costa meno di una lira egiziana, in Egitto più di due lire; un chilo di pomodori a Gaza costa meno di mezza lira, in Egitto uno e mezzo; un chilo di patate a Gaza mezza lira, in Egitto due lire; un chilo di cipolle a Gaza una lira, in Egitto una lira e mezzo; un chilo di aglio 10 lire, in Egitto 15; un chilo di pollo in Egitto 20 lire a Gaza solo 10; un chilo di mazo in Egitto costa 60 lire, nella Gaza assediata solo 10, un cestino di uova a Gaza 10 lire, in Egitto 19." Per la cronaca, una lira egiziana vale oggi circa 14 centesimi di euro. Sapete chi ha scritto questo bell'elenco della spesa? Non un provocatore israeliano, non una casalinga italiana sull'orlo della crisi di nervi, ma un giornalista egiziano, Muhammad Hamadi, su un giornale egiziano, Rooz Al-Yousuf. Se vi interessa l'articolo andate qui, dove ci sono anche delle belle fotografie di mercati di Gaza: http://www.omanforum.com/forums/showthread.php?p=415780. E sapete qual è la conclusione del signor Hamadi? Eccola: "Ma di che blocco stiamo parlando? Se questi sono gli effetti di tre anni di assedio, allora noi egiziani preghiamo Allah di avere anche noi un tale assedio”.
Insomma, se gli eroici naviganti, turchi, libanesi, libici e a quanto pare anche italiani vogliono portare soccorsi alimentari a Gaza, sarà il caso di dire loro sommessamente che non servono. Magari se glielo dice Hamas ci credono. Vi ripeto la frase del ministro della sanità locale per la prossima volta che trovate un pacifinto: “Qui a Gaza abbiamo numerose qualità di generi alimentari, possiamo anche esportarli negli Stati Uniti a prezzi simbolici. Non vogliamo la maionese di Obama, non vogliamo l'elemosina”. Che andassero in Darfur, a Haiti, nel Nord della Siria, dove l'emergenza alimentare c'è davvero. Ma se quelli da soccorrere sono gli eroici combattenti di Hamas nella loro lotta contro crociati, imperialisti, colonialisti e – diciamola tutta – ebrei, cioè se quello che importa loro è di raccogliere contemporaneamente la fiaccola di Hitler e di Stalin – be', allora Hamas è proprio il movimento giusto da appoggiare.
A proposito, avete visto che la magistratura tedesca ha proibito le attività della IHH, la ONG organizzatrice della flottiglia numero uno, per essere fiancheggiatrice del terrorismo? Anche di questo l'eroica stampa italiana oppressa dal terribile dittatore Berlusconi ha parlato pochino (http://www.focusonisrael.org/2010/07/12/germania-ong-hamas/). Come la mettiamo con il pacifismo?
Ugo Volli