Riportiamo dal SOLE 24 ORE di oggi, 14/07/2010, a pag. 14, l'articolo di Christian Rocca dal titolo " Guerra al terrore e giri di parole ". Dal CORRIERE della SERA, a pag. 16, l'articolo di Massimo Gaggi dal titolo " La discesa agli inferi di Obama ".
Ecco i due articoli:
Il SOLE 24 ORE - Christian Rocca : " Guerra al terrore e giri di parole "
Christian Rocca
Il capo della Nasa Charles Bolden, in un'intervista ad Al Jazeera, ha detto che Barack Obama gli ha chiesto di aiutare il mondo islamico a riconquistare la consapevolezza del contributo storico che ha dato in passato alla scienza, alla matematica,all'ingegneria.L'intervista sta facendo discutere, nonostante le smentite della Casa Bianca, non solo perché Obama ha deciso di cancellare il programma spaziale per tornare sulla Luna, ma perché allietare lo spirito dei popoli islamici non sembra rientrare tra le priorità della Nasa.
I critici conservatori e i sostenitori liberal sbagliano ad accusare e lodare Obama per aver rotto nettamente con la politica di sicurezza nazionale di George W. Bush. La partigianeria, la chiacchiera e i luoghi comuni applicati alla politica estera non aiutano a comprendere la strategia americana, a spiegare le mosse della Casa Bianca, a giudicare il primo mandato del presidente nero. Soprattutto non possono cambiare alcuni dati di fatto: Obama ha mantenuto il ministro della guerra e il gruppo di generali degli anni bushiani per provare a vincere la guerra contro al-Qaeda.
La dottrina politico-militare scelta da Obama per il successo in Iraq e Afghanistan è la stessa che aveva elaborato Bush al termine del suo secondo mandato. Non è fuggito da Baghdad e ha triplicato le truppe in Afghanistan.L'esercito ha avviato una gara d'appalto per una nuova base a Mazar-e-Sharif. Ci vorrà almeno un anno per costruirla, poi dovrà essere usata. Un segnale evidente che il presidente non ha intenzione di ritirarsi presto, al contrario di quanto raccontano i suoi detrattori o sperano i suoi fan.
Un'altra promessa mantenuta è quella sul Pakistan. Durante i dibattiti elettorali, mentre John McCain lo accusava di proporre idee pericolose, Obama diceva che da presidente avrebbe autorizzato le forze speciali a oltrepassare il confine pakistano per catturare o uccidere i nemici. Da quando è entrato alla Casa Bianca, ha autorizzato 98 attacchi missilistici sui villaggi pakistani provocando 820 morti.
Guantanamo è ancora aperto e non dovrebbe chiudere nemmeno entro la fine del mandato, nonostante il decreto esecutivo del primo giorno alla Casa Bianca. I detenuti del supercarcere saranno processati nelle corti militari create dal Congresso ai tempi di Bush. Un gruppo di irriducibili non godrà di nessun diritto e resterà in carcere a tempo indeterminato senza processo, esattamente come prima. La lista potrebbe continuare con la conferma delle rendition, delle operazioni coperte della Cia, degli omicidi mi-rati, dei programmi di spionaggio, del bilancio record del Pentagono.
Questo non vuol dire che Obama sia uguale a Bush, ma nemmeno che il nuovo presidente abbia cancellato l'architettura giuridica della guerra al terrorismo costruita dal suo predecessore. Obama è molto bravo a creare consenso intorno a una dottrina di sicurezza nazionale che fino a un paio d'anni fa sembrava una macchia indelebile sui principi liberali e democratici dell'America. I politici si giudicano da questi particolari, anche se poi mostrano il fianco a critiche efficaci. Obama, peresempio, ècostrettoafareconces-sionilessicaliperrenderedigeribilelapo-liticaantiterrorismonecessariaadifende-relasicurezzadelsuopaeseede suoialleati. Non parla più di «war on terror» , ma di «azioni contro l'estremismo violento ». Nei documenti strategici non fa più riferimento al «radicalismo islamico» e al «jihad». Rifiutarsi di chiamare le cose con il loro nome solo per non urtare la sensibilità altrui, e magari anche cambiare le priorità strategiche della Nasa, non è detto che sia una scelta saggia. Alla lunga c'è il rischio di dimenticarsi per quale motivo siamo impegnati in Afghanistan.
CORRIERE della SERA - Massimo Gaggi : " La discesa agli inferi di Obama "
" E' una scatola vuota ". " Ma mi fa sentire speranzosa "
Sondaggio dopo sondaggio continua, inarrestabile e apparentemente inspiegabile, la discesa negli inferi di Barack Obama: il presidente che un anno e mezzo fa, appena insediato, poteva permettersi di scherzare sulla sua scarsa capacità di camminare sull’acqua, visto che elettori e stampa lo trattavano da semidio, oggi è costretto a volare da un angolo all’altro del Paese per cercare di risvegliare l’orgoglio di un partito democratico sprofondato nel malessere e per placare le ire degli elettori.
Fatica apparentemente sprecata: Obama accredita l’immagine di un governo «decisionista» che ha varato una riforma sanitaria di portata storica, ha salvato gli Usa da una vera catastrofe economica, che è a un passo dal varo della riforma finanziaria più incisiva dall’era di Roosevelt. Ma gli americani mostrano di avere percezioni assai diverse: il sondaggio condotto ieri dal Washington Post e dalla rete televisiva ABC indica che la popolarità del presidente ha raggiunto un nuovo record negativo: quasi sei intervistati su dieci giudicano negativamente l’operato di Obama, ritengono che non sia in grado di prendere le decisioni giuste.
Pesano sui cittadini la distanza siderale tra i cupi umori di oggi e le promesse di cambiamento radicale dei mesi esaltanti della campagna elettorale, ma soprattutto una disoccupazione elevata e che, mese dopo mese, si sta cronicizzando: spaventoso per un popolo poco garantito sul piano sociale, ma che ha sempre trovato lavoro con facilità.
Attecchiscono, così, le rigidità ideologiche dei repubblicani e del movimento dei «tea party»: magari fra due anni spaventeranno gli elettori, finendo per favorire Obama al momento di votare di nuovo per la Casa Bianca, ma per ora eccitano passioni che travolgono i democratici e scavalcano la stessa realtà dei fatti: gli economisti progressisti e anche molti di quelli di destra ritengono che salvataggi e stimoli pubblici all’economia fossero indispensabili, ma il sondaggio appena citato, così come quello della CBS reso noto ieri mattina, dicono che solo il 40 per cento approva le scelte di Obama (un mese fa eravamo al 45%), mentre per la maggioranza (54%) i sostegni fiscali all’economia hanno devastato il bilancio federale senza alleviare la crisi del lavoro.
E ormai mancano solo quattro mesi alle elezioni di «mid-term». Le previsioni degli stessi democratici oscillano tra il pessimo (una grande batosta) e l’orrendo: disfatta totale e perdita della maggioranza al Congresso.
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