Il silenzio delle Ong su Gilad Shalit Prigioniero di Hamas da oltre 4 anni, nell'indifferenza di Amnesty, Oxfam e Human Rights Watch
Testata: Il Foglio Data: 13 luglio 2010 Pagina: 3 Autore: La redazione del Foglio Titolo: «Un soldato ostaggio delle ong. E’ silenzio umanitario su Shalit»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 13/07/2010, a pag. 3, l'articolodal titolo " Un soldato ostaggio delle ong. E’ silenzio umanitario su Shalit ".
Gilad Shalit
Roma. Il soldato israeliano Gilad Shalit è tenuto segregato da quattro anni nelle mani di Hamas e la Croce Rossa, abituata a visitare regolarmente i terroristi palestinesi nelle prigioni israeliane, non ha mai potuto incontrare il giovane caporale. Il soldato israeliano non fu catturato nel corso di una battaglia, ma in un raid effettuato in Israele e mentre Israele, che aveva evacuato Gaza, era in pace con il proprio vicino. Parlare di Shalit come di un “prigioniero di guerra” significa ritenere che, se Israele occupa un territorio o se pone fine a tale occupazione, il fatto non cambia in alcun modo l’odio che si crede di dovergli destinare. Shalit non è un prigioniero di guerra, ma un “ostaggio”. La sua sorte è simmetrica a quella di chi è sequestrato in cambio di un riscatto, non a quella di un terrorista palestinese. Eppure è così, come un prigioniero di guerra, che viene descritto Shalit nel recente comunicato con cui Amnesty International ammiraglia dell’umanitarismo globale, commenta il caso Shalit: “Amnesty International non chiede il rilascio di militari catturati. Il diritto internazionale umanitario permette alle parti coinvolte in un conflitto armato di catturare e imprigionare membri delle opposte forze armate come prigionieri di guerra”. Il caporale Shalit non appare dunque prigioniero soltanto di Hamas, ma anche delle organizzazioni non governative che hanno adottato una strategia che va dall’ipocrisia alla connivenza con i suoi carcerieri. “Il loro vergognoso silenzio sul destino di Shalit è un tradimento dei diritti umani”, dice l’accademico Gerald Steinberg, che monitora le ong in medio oriente. In tutti i comunicati delle ong impegnate nella regione non si fa accenno al rifiuto di Hamas di rinunciare alla pretesa di distruggere Israele, al rapimento e alla detenzione del militare Gilad Shalit prigioniero da quattro anni, alle campagne a colpi di missili e mortaio contro i centri abitati israeliani e al contrabbando di armi e munizioni provenienti dall’Iran. Mille giorni nelle mani di Hamas Anche la più equilibrata Human Rights Watch ha offerto poco o nulla su Shalit: qualche comunicato stampa, ma nessuna pressione politica e pubblica su Hamas affinché liberi il soldato. La Convenzione di Ginevra è più volte evocata nel caso dei palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane, ma non è stata tirata in ballo nel caso Shalit. Amnesty critica le autorità israeliane per l’uso della detenzione amministrativa, cadendo nell’equivalenza morale che pone sullo stesso piano un soldato rapito dentro ai confini del proprio stato e terroristi pluriassassini di Hamas, giudicati per i loro crimini su civili inermi. Il 1° e il 17 giugno Amnesty aveva citato Shalit come una delle ragioni del blocco di Gaza, definendola una “punizione collettiva” fatta pesare sulla popolazione palestinese. Riccardo Pacifici, presidente della comunità ebraica di Roma, ha denunciato l’assenza di Amnesty nella cerimonia al Colosseo di Roma in cui si è chiesto il rilascio del caporale. Secondo il Centro palestinese per i diritti umani, finanziato dall’Unione europea, Israele rappresenta un “crimine odioso nella lunga serie di crimini di guerra e delle gravi violazioni messe a segno a danno dei civili”. Nulla su Shalit. Stesso silenzio e doppia misura da parte dei Medici per i diritti umani in Israele, una ong attiva nell’ambito dei prigionieri politici. Neanche la celebre ong Gisha ha detto una parola sul caso, limitandosi a un breve comunicato nel marzo di un anno fa. Da allora, silenzio. La ong britannica Oxfam, fra le principali protagoniste delle campagne globali sui palestinesi, non ha ancora parlato su Shalit. E sono trascorsi mille giorni dal suo rapimento.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante