Buongiorno. Dopo la lettura dell'articolo da lei scritto oggi sul Corriere, desidero aggiungere alcune mie critiche alle altre che ho già trovato, come certamente anche lei, in rete. Lei scrive che "il recinto circonderà su tre lati la casa, ... sarà elettrificato, alto 4 metri". Lei certamente sa che la barriera è elettronica, a basso voltaggio, mentre le sue parole possono far credere che sia del tipo "chi tocca i fili muore". Questo, mi permetta, signora Mazza, è un modo non corretto di informare i lettori. Quando lei scrive che la barriera è una misura temporanea avrebbe dovuto aggiungere che grazie ad essa gli attentati che prima uccidevano gli israeliani a migliaia sono quasi del tutto scomparsi. Non crede infatti che anche questa sia una realtà che il lettore deve conoscere? Non l'ho mai trovata nei suoi articoli. Più avanti lei scrive che a Walaja " nessuno possiede un permesso di residenza per Gerusalemme"; ma se si tratta, secondo le sue parole, di un "piccolo villaggio a sudovest di Gerusalemme e a 4 chilometri da Betlemme" mi dovrebbe spiegare per quale ragione lei pensa che qualcuno dovrebbe possedere il permesso di residenza di Gerusalemme. Se uno abita a Rho dovrebbe forse possedere un permesso di residenza in Milano? Simili affermazioni, mi permetta, servono solo a confondere il lettore. Procedendo nella lettura scopro che "per 45 case c¹è ordine di demolizione". Eppure lei ben sa, ma non lo scrive, che le case che ricevono l'ordine di demolizione sono abusive; se invece non lo sono ma per ragioni particolari vanno abbattute (ma non sembra questo il caso) sono previste soluzioni alternative che non arrecano danni ai proprietari, come succede in tutti i paesi civili. Ed in uno stato di diritto, come è Israele, le case abusive, che siano abitate da arabi, ebrei o cristiani, sono abbattute così come dovrebbe accadere in ogni stato di diritto (uso il condizionale perché questo non sempre succede nel nostro paese). Infine lei termina il suo articolo parlando degli ulivi sradicati e ripiantati malamente altrove. Eppure, visto che mi risulta che lei sia in Israele in questo periodo, dovrebbe sapere che proprio attorno agli ulivi, nell'area di Hebron, ebrei ed arabi stanno collaborando alacremente, in perfetta armonia, per sconfiggere una grave moria di alberi antichissimi causata da insetti estremamente nocivi. Ed allora le chiedo: perché non parla mai di quanto di positivo succede in quel meraviglioso paese? Non pensa che sarebbe molto meglio portare un po' di speranza a tutti anziché continuare ad accusare sempre e soltanto i perfidi israeliani? Provi a parlare di questo nel suo prossimo articolo. Emanuel Segre Amar