"Ogni nota che suoneremo sara' per lui "
di Deborah Fait
David Ben Gurion
Sono qui. In piedi sul piazzale ricoperto di ghiaia bianca che si affaccia sulle dune gialle e azzurrine del deserto di Giuda. Davanti a me i sepolcri di David e Paula Ben Gurion, marmo rosa, i nomi e le date. Nient'altro. Per il Padre della Petria e sua moglie non servono parole.
Sono qui, in pieno deserto, e mi guardo in giro, passano famiglie di stambecchi per nulla spaventati dalla presenza umana. qui sono loro i padroni e guai a chi li disturba. Passano vicinissimi a me, potrei toccarli, non mi degnano di uno sguardo e proseguono la loro strada verso il capobranco che li aspetta, maestoso, tra le rocce.
Il sogno di David Ben Gurion era di far fiorire il deserto del Neghev come il resto di Israele. Ha passato i suoi ultimi anni nel kibbuz di Sde' Boker dove si puo' visitare la sua casetta, poche stanze, un paio di vecchie poltrone in pelle marrone, una scrivania enorme e libri, libri, centinaia di libri, migliaia di libri. Adesso riposa, inieme a Paula, non lontano dalla sua casa e dal suo kibbuz, davanti al deserto che voleva far vivere e fiorire.
Le tombe di David e Paula Ben Gurion
Mi guardo intorno , a destra vedo verde, a sinistra ancora verde, il suo kibbuz e' un enorme oasi di alberi, prati, casette, una gemma incastonata nella sabbia come altri kibbuzim della zona, come il gioiello di ricerca tecnologica dell'Universita' di Ben Gurion che si chiama "Ben Gurion Research College", un centro dove si fanno studi sull'acqua, sui salmoni, sulle alghe, in pieno deserto, dove le casette dei professori, degli studenti e dei ricercatori sono sepolte nel verde di alberi lussureggianti e di enormi cespugli di buganville rosse, bianche, viola, arancioni.
Il sogno di David Ben Gurion si sta realizzando e dalla periferia di Beer Sheva, per 40 chilometri stanno piantando una foresta, la "Foresta degli Ambasciatori". Migliaia di alberi, alcuni gia' belli vivi le cui radici hanno raggiunto l'acqua che si trova nel sottosuolo del deserto, altri ancora debolucci perche' non sono riusciti a bere ma le radici cresceranno e troveranno l’acqua e gli alberi diventeranno forti come il popolo che li ha piantati in Terra di Israele.
Una foresta enorme, in pieno deserto, con campi giochi, con fabbriche per dare lavoro ai beduini, con campus universitari per i giovani beduini e gli altri abitanti del Neghev.
David Ben Gurion dovrebbe essere soddisfattto di questo suo paese, di come gli israeliani lo hanno reso bello, verdeggiante, di come lo amano e come potrebbero renderlo ancora piu' bello se non ci fosse questa maledetta guerra lunga 62 anni.
Cosa sarebbe Israele se gli arabi non avessero sempre in mente di distruggerci e se gli israeliani avessero potuto lavorare in santa pace, senza il fucile perennemente in spalla, pronti a difendere il paese. Cosa sarebbe diventato Israele se i suoi giovani non dovessero passare tre anni della loro vita nell'esercito.
Possiamo essere felici e orgogliosi di quello che e' stato fatto e che nessun paese del MO e' riuscito a fare pur con tanti soldi , pur navigando sul petrolio, pur senza avere la guerra in casa come hanno costretto noi.
La guerra.
I rapimenti.
La barbarie dei nemici.
Gilad Shalit
Aviva e Noam Shalit, mamma e papa' di Gilad, stanno attraversando Israele seguiti da decine di migliaia di persone, nella zona di Tel Aviv abbiamo raggiunto le 200.000. Duecentomila, capite? Un enorme, lunghissimo serpentone, kilometri di persone tutte vestite di bianco che, dall'Alta Galilea dove si trova la Casa di Gilad, arriveranno a Gerusalemme e da la' i genitori del nostro ragazzo non si sposteranno fino a quando Gilad non sara' liberato.
E' vero pero' che Israele non puo' fare di piu'. Ha accettato di liberare 1000 assassini e hamas ha rifiutato, sta cercando ogni strada per liberare Gilad ma hamas rifiuta tutto perche' non vuole liberarlo, non interessa niente a quelle bestie feroci di liberare un ragazzo ebreo.
Mentre il serrpentone di 200.000 persone avanza verso Gerusalemme Capitale , davanti al confine con Gaza, la Filarmonica di Israele diretta da Zubin Mehta, ha suonato ieri davanti a 10.000 persone. Shlomo Artzi, notisimo e amatissimo musicista israeliano era accanto a Zubin che ha detto"Ogni nota che suoneremo volera’ da Gilad e un giorno lui lo sapra'.”
http://en.wikipedia.org/wiki/Shlomo_Artzi
http://it.wikipedia.org/wiki/Zubin_Mehta
Zubin Metha
Quando ho saputo che Zubin Mehta, grandissimo direttore d'orchestra, da 40 anni in Israele come direttore della Filarmonica, non ebreo , sarebbe andato al confine con Gaza per Gilad Shalit, non ho potuto non pensare a Daniel Barenboim, ebreo e israeliano, anche se rinnegato, il trombone che sbraita di pace e non pace, di amore , solo quando sin tratta di arabi. Lui, grande amico dell'altro pallone gonfiato filoterrorista, Edward Said e del peggior terrorista mai esistito nel 20/21 secolo, Arafat che Barenboim amava abbracciare spesso, anche quando ammazzava ebrei.
Bene, come mai Barenboim il pacifista, non ha mai pensato di dirigere un concerto per un ragazzo tenuto sotto sequestro in qualche buco di Gaza, senza aver potuto ricevere la visita di nessuna organizzazione al mondo, un ragazzo del suo popolo, un ragazzo del suo Paese?
Daniel Barenboim avrebbe potuto farsi perdonare l'idea malefica di aver suonato Wagner dopo aver promesso di non farlo per rispetto ai sopravvissuti.
Ha perso una buona occasione per riscattarsi e resta quello che e’ , un ebreo che odia se stesso , il suo popolo e il suo Paese.
Barenboim deve essere persona non grata in Israele e nei cuore di ogni ebreo e israeliano degno di questo nome.
Si vergogni di esistere e dimentichiamoci il suo nome per sempre.
"Ogni nota che suoneremo sara' per lui".
“Il pensiero di ogni ebreo di Israele e' per lui.”
Gilad e’ il figlio di tutti.
Quando sara' libero vorrei prenderlo per mano e portarlo qui, da David Ben Gurion, per fargli capire che Israele non lo ha mai dimenticato ne’ abbandonato ma che la crudelta’ del nemico e’ stata piu’ forte del nostro amore.
Deborah Fait