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Per chi dà consigli agli "amici ebrei" 06/07/2010
Alla cortese attenzione della Redazione di Informazione Corretta
 
Nell’ultima cartolina scritta dal Prof. Ugo Volli, leggo che ad alcuni benpensanti i quali dispensano savi consigli agli «amici ebrei», è venuta una geniale pensata: quando si parla di odio antisemita, l’analisi critica non va rivolta agli odiatori assassini, bensì… alle (pretese) colpe degli ebrei medesimi che, se sono capaci di attirarsi tanta furia sul proprio capo, chissà quali malefatte avranno dovuto pur combinare! Ebbene, a voler prendere sul serio simili farneticazioni, perché fermarsi alla questione palestinese? Forse che l’odio antisemita è nato solo dopo il 1947 (con la nascita dello Stato di Israele), oppure nel 1967 con la famigerata “occupazione” dei territori?
Cosa pensare, ad esempio, dei pogrom antisemiti attuati in Paesi come la Polonia e la Russia zarista, in occasione dei quali furono bruciati interi villaggi e quartieri (nella sola Russia, agli albori del XX secolo si registrarono circa seicento casi con uccisione violenta di numerosi membri delle comunità ebraiche, tra cui tristemente memorabile rimane l’eccidio perpetrato nella città di ChiÅŸinău in Moldavia); che devono smettere di suscitare orrore, indignazione e condanna per i criminali che li perpetrarono a danno di migliaia di innocenti, e che è ora finalmente di iniziare a procedere ad un’analisi sui torti di coloro che ne furono vittime?
E la “soluzione finale? Vogliamo dire che bisogna finirla di condannare il Terzo Reich e i criminali di guerra nazisti e che è venuto il momento per gli ebrei europei sopravvissuti allo sterminio di incominciare a intraprendere uno studio serio sulle ragioni dei carnefici, tipo (ad esempio) la riproposizione del mito della “pugnalata alle spalle” inferta all’esercito tedesco nel 1918? Se la misura dell’odio è rivelatrice della grandezza del torto commesso dagli infami giudei, come sostengono i benpensanti, invece di limitarci a comprendere le ragioni di Hezbollah, di Hamas e di Ahmadinejad che aspettiamo a chiedere una totale riabilitazione non solo di zio Adolfo e del suo “Mein Kampf”, ma anche di altri eminenti antisemiti come (per citare a caso) Leon Degrelle, Anton Mussert, Vidkun Quisling o Ferenc Szalasi?
Vorrei concludere queste mie osservazioni citando un caso emblematico di superiore civiltà umana e morale degli ebrei rispetto ai loro miserabili odiatori, siano essi manifesti o mascherati da “amici”. Mi riferisco al dott. Xavier Tartakower (1887 - 1956), Grande Maestro Internazionale di Scacchi francese. Nato da padre austriaco e da madre polacca, entrambi di origine ebraica, a soli 12 anni fu testimone impotente del loro barbaro assassinio durante un pogrom. Nonostante questa terrificante esperienza, che avrebbe potuto portare alla follia un ragazzino della sua età, trovò la forza d’animo di trasferirsi a Vienna dove conseguì la laurea in giurisprudenza aprendo uno studio legale. La sua grande passione era tuttavia per il gioco degli scacchi e negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale prese parte a numerosi tornei importanti, tra cui quelli di Carlsbad (1907), San Pietroburgo (1909) e Mannheim (1914), in cui ebbe modo di dar prova di grande talento nel gioco d’attacco. Durante la prima guerra mondiale prestò servizio come ufficiale nell'esercito austro-ungarico. Dopo la fine del conflitto, acquisì la cittadinanza polacca (benché non ne conoscesse la lingua), quindi si trasferì in Francia. Tra le sue tante vittorie sulla scacchiera, memorabile quella contro il Grande Maestro polacco Akiba Rubinstein al torneo internazionale di Mosca del 1925. Nel 1940, dopo l’occupazione nazista della Francia, si oppose fermamente al governo collaborazionista di Vichy ed entrò a far parte della resistenza guidata dal generale Charles De Gaulle con il nome di battaglia di Luogotenente Cartier.
Nel 1947 vinse il torneo internazionale di Venezia davanti ai Grandi Maestri Esteban Canal (Perù) e Albéric O’Kelly (Belgio). Rappresentò la Polonia in sei edizioni delle Olimpiadi di Scacchi e la Francia (prima scacchiera) in quella del 1950 a Dubrovnik. Uomo di vasti interessi culturali, brillante conversatore oltre che scrittore elegante e fecondo, godette della stima universale da parte di coloro che ne conobbero le doti umane. La sua vita rimane un esempio di coraggio e integrità morale contro la barbarie e la sopraffazione.
 
Cordiali saluti
Luigi Prato

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