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Ian Buruma, antisemita di rincalzo 05/07/2010
Data: 05 luglio 2010 08.45.10 GMT+02.00
A: Andrea Jarach>, Ferruccio De bortoli <fdebortoli@rcs.it>
Oggetto: Ian Burma su Israele

 

Caro Direttore, gli sforzi del Corriere di dare al lettore un quadro equilibrato della questione arabo israeliana sono da lodare, proprio per questo vorrei obiettare all'interessante intervento odierno di Burma. Egli parla di di due concetti che normalmente vengono utilizzati dai nemici di Israele per rafforzare l'ostilità contro questa democrazia.

Primo: l'aggressività israeliana. E per farlo prende ad esempio il 1973 (guerra del Kippur). Molti ricorderanno che, mai come in quella occasione, Israele si trovo' vicino al collasso militare dopo un'aggressione da parte dei vicini, Egitto e Siria in particolare. Prendere questo drammatico episodio come esempio di aggressività israeliana e' un errore evidente ma dimostra anche come il pregiudizio alberghi anche nei commentatori più equilibrati.

Secondo: l'utilizzo da parte dei governi israeliani della Shoah come strumento di "forzatura" per motivare le proprie politiche.
Anche questa e' un'arma della propaganda antiisraeliana dalla quale Burma sembra essere stato influenzato. Non a caso i negatori della Shoah più incalliti sono oggi a Teheran, e lo stesso Abu Mazen, presidente della Autorita' Palestinese si distinse per i suoi lavori "accademici" negazionisti. Negare o minimizzare un evento come la Shoah e' con grande evidenza un tentativo di annullare la legittimità' stessa di Israele, ma Israele non e' nata sulla Shoah! Non e' questo il luogo di un ripasso di storia del mediooriente (di minimo un paio di millenni!). Ma vorrei solo ricordare a tutti che l'idea del Risorgimento politico ebraico nasce nel 1897, ben prima della persecuzione nazista. E come molti sanno la Yishuv (comunità prestatuale ebraica in Palestina) era vitale già dalla fine del XIX secolo. Pochi anni dopo l'Unità di Italia, o l'unificazione della Germania. Quindi ben prima che cominciasse la persecuzione antiebraica. Ciò evidentemente non cancella il fatto che un popolo che ha nella propria memoria un evento della portata della Shoah, e l'indifferenza del mondo circostante mentre sei milioni di persone venivano sterminate scientificamente, non sia disposto a cedere nulla sul fronte della sicurezza. Anche a costo di perdere in termini di immagine internazionale.
Andrea Jarach, ex Presidente Federazione delle Associazioni di Amicizia Italia Israele  



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