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La Stampa Rassegna Stampa
04.07.2010 Olimpiadi di Monaco 1972: morto l'ultimo terrorista
Era gradito ospite in Siria

Testata: La Stampa
Data: 04 luglio 2010
Pagina: 14
Autore: La Redazione
Titolo: «Morto Abu Daoud, il cervello dell'attacco agli israeliani a Monaco»

Dalla STAMPA di oggi, 04/07/2010,  a pag.14, con il titolo " Morto Abu Daoud, il cervello dell'attacco agli israeliani a Monaco"un redazionale sulla morte a Damasco di Mohammed Oudeh, la mente che guidò il massacro degli atleti israeliani a Monaco nel 1972. Erano gli anni nei quali i Fedayin di Arafat scorrazzavano liberi  a preparare attentati, nel silenzio connivente dei governi europei. Va ricordato che il fallimento dell'operazione di salvataggio fu da addebitarsi al governo tedesco (guidato da Willy Brandt), che si rifiutò di collaborare con quello israeliano. Il risultato fu il massacro che conosciamo.
Abu Daoud, il nome di battaglia del defunto, trovò pronta accoglienza in Siria,un paese sempre pronto ad accogliere terroristi. Come avviene tuttora.
Ecco la cronaca:


Abu Daoud

È morto a Damasco a 73 anni Mohammed Oudeh, conosciuto come Abu Daoud, la «mente» del massacro degli undici atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Abu Daoud definì i dettagli in un incontro con altri fedayn a Roma, e si recò una prima volta a Monaco il 17 luglio per una ricognizione. Fu lui a portare da Algeri a Francoforte le cinque valigie con le armi (6 Kalashnikov, 2 fucili mitragliatori e diversi caricatori), a trasferirle in due borsoni e a portarli in treno a Monaco. La sera del 4 settembre, in una stanza d’albergo vicino alla stazione di Monaco, fu ancora lui a mettere in otto borse sportive le armi e le munizioni, un kit di pronto soccorso, pezzi di corda per legare gli ostaggi, calze di nylon da mettere in testa, cibo e acqua e compresse di Predulin, un’anfetamina che permetteva di rimanere svegli. Alla sera i terroristi si radunarono al ristorante della stazione per le istruzioni finali: le armi dovevano essere usate solo se non se ne poteva fare a meno e gli ostaggi dovevano rimanere vivi per poterli utilizzare per futuri scambi. Poi Abu Daoud ritirò i loro passaporti, tutti indossarono tute sportive con il nome di un paese arabo e andarono al villaggio olimpico a bordo di alcuni taxi. L’irruzione nella notte fu subito contrastata dagli israeliani e nella violentissima colluttazione ne furono uccisi due. Altri nove furono presi in ostaggio.
I tedeschi misero insieme un'unità di crisi, il cancelliere, Willy Brandt, contattò immediatamente il primo ministro israeliano, Golda Meir, per rendere note le richieste dei terroristi e cercare una soluzione. La posizione del governo di Israele fu fermissima: nessuna concessione al ricatto dei terroristi, ma un’unità delle forze speciali da mandare a Monaco per tentare un blitz. I tedeschi rifiutarono, cercarono di prendere tempo, poi decisero di trasferire gli ostaggi per tentare di liberarli in aeroporto. Lì, fallita l’ultima mediazione, gli agenti cominciarono a sparare. All’una e mezza del 6 settembre 1972 tutto era tragicamente concluso: morti i 9 ostaggi superstiti, 5 terroristi e di un poliziotto tedesco. Nel 2005 Spielberg prese spunto da questa tragedia per il suo film «Munich». \

È morto a Damasco a 73 anni Mohammed Oudeh, conosciuto come Abu Daoud, la «mente» del massacro degli undici atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Abu Daoud definì i dettagli in un incontro con altri fedayn a Roma, e si recò una prima volta a Monaco il 17 luglio per una ricognizione. Fu lui a portare da Algeri a Francoforte le cinque valigie con le armi (6 Kalashnikov, 2 fucili mitragliatori e diversi caricatori), a trasferirle in due borsoni e a portarli in treno a Monaco. La sera del 4 settembre, in una stanza d’albergo vicino alla stazione di Monaco, fu ancora lui a mettere in otto borse sportive le armi e le munizioni, un kit di pronto soccorso, pezzi di corda per legare gli ostaggi, calze di nylon da mettere in testa, cibo e acqua e compresse di Predulin, un’anfetamina che permetteva di rimanere svegli. Alla sera i terroristi si radunarono al ristorante della stazione per le istruzioni finali: le armi dovevano essere usate solo se non se ne poteva fare a meno e gli ostaggi dovevano rimanere vivi per poterli utilizzare per futuri scambi. Poi Abu Daoud ritirò i loro passaporti, tutti indossarono tute sportive con il nome di un paese arabo e andarono al villaggio olimpico a bordo di alcuni taxi. L’irruzione nella notte fu subito contrastata dagli israeliani e nella violentissima colluttazione ne furono uccisi due. Altri nove furono presi in ostaggio.
I tedeschi misero insieme un'unità di crisi, il cancelliere, Willy Brandt, contattò immediatamente il primo ministro israeliano, Golda Meir, per rendere note le richieste dei terroristi e cercare una soluzione. La posizione del governo di Israele fu fermissima: nessuna concessione al ricatto dei terroristi, ma un’unità delle forze speciali da mandare a Monaco per tentare un blitz. I tedeschi rifiutarono, cercarono di prendere tempo, poi decisero di trasferire gli ostaggi per tentare di liberarli in aeroporto. Lì, fallita l’ultima mediazione, gli agenti cominciarono a sparare. All’una e mezza del 6 settembre 1972 tutto era tragicamente concluso: morti i 9 ostaggi superstiti, 5 terroristi e di un poliziotto tedesco. Nel 2005 Spielberg prese spunto da questa tragedia per il suo film «Munich». \

È morto a Damasco a 73 anni Mohammed Oudeh, conosciuto come Abu Daoud, la «mente» del massacro degli undici atleti israeliani alle Olimpiadi di Monaco del 1972. Abu Daoud definì i dettagli in un incontro con altri fedayn a Roma, e si recò una prima volta a Monaco il 17 luglio per una ricognizione. Fu lui a portare da Algeri a Francoforte le cinque valigie con le armi (6 Kalashnikov, 2 fucili mitragliatori e diversi caricatori), a trasferirle in due borsoni e a portarli in treno a Monaco. La sera del 4 settembre, in una stanza d’albergo vicino alla stazione di Monaco, fu ancora lui a mettere in otto borse sportive le armi e le munizioni, un kit di pronto soccorso, pezzi di corda per legare gli ostaggi, calze di nylon da mettere in testa, cibo e acqua e compresse di Predulin, un’anfetamina che permetteva di rimanere svegli. Alla sera i terroristi si radunarono al ristorante della stazione per le istruzioni finali: le armi dovevano essere usate solo se non se ne poteva fare a meno e gli ostaggi dovevano rimanere vivi per poterli utilizzare per futuri scambi. Poi Abu Daoud ritirò i loro passaporti, tutti indossarono tute sportive con il nome di un paese arabo e andarono al villaggio olimpico a bordo di alcuni taxi. L’irruzione nella notte fu subito contrastata dagli israeliani e nella violentissima colluttazione ne furono uccisi due. Altri nove furono presi in ostaggio.
I tedeschi misero insieme un'unità di crisi, il cancelliere, Willy Brandt, contattò immediatamente il primo ministro israeliano, Golda Meir, per rendere note le richieste dei terroristi e cercare una soluzione. La posizione del governo di Israele fu fermissima: nessuna concessione al ricatto dei terroristi, ma un’unità delle forze speciali da mandare a Monaco per tentare un blitz. I tedeschi rifiutarono, cercarono di prendere tempo, poi decisero di trasferire gli ostaggi per tentare di liberarli in aeroporto. Lì, fallita l’ultima mediazione, gli agenti cominciarono a sparare. All’una e mezza del 6 settembre 1972 tutto era tragicamente concluso: morti i 9 ostaggi superstiti, 5 terroristi e di un poliziotto tedesco. Nel 2005 Spielberg prese spunto da questa tragedia per il suo film «Munich». \
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