Riportiamo l'articolo di Menachem Gantz dal titolo "Spionaggio giornalistico", pubblicato il 27/06/2010 su Yedioth Ahronot, il quotidiano israeliano più diffuso.
Hamid Masoumi Nejad, Stampa Estera
La polemica su Hamid Masoumi Nejad fra Giulio Meotti e la Stampa Estera è stata riportata da IC. Per leggerla cliccare sui link sottostanti:
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=35105
http://www.informazionecorretta.com/main.php?mediaId=8&sez=120&id=35157
Ecco l'articolo di Menachem Gantz
Con un tono chiaro e deciso il Ministro dell'Interno italiano Roberto Maroni presentava la scorsa settimana il rapporto sulle organizzazioni terroristiche internazionali e sulla lotta contro esse in Italia. Ironicamente, tra le decine di fotografi che avevano gli obiettivi fotografici puntati sul Ministro, che in Italia ha anche la responsabilità della sicurezza interna, c'era anche il corrispondente della TV iraniana Hamid Nejad Masoumi, 51 anni, arrestato a Roma all’inizio di marzo con l'accusa di spionaggio per l'Iran e traffico illegale d'armi. Dopo circa tre mesi era stato rilasciato agli arresti domiciliari, con un permesso – che ha suscitato molte polemiche – di continuare il proprio lavoro. La domanda perché venga permesso ad una persona sospettata di spionaggio di fotografare ed intervistare il Ministro, i cui campi di responsabilità sono così delicati, continua a destare forti perplessità in Italia, non meno della domanda quanti altri giornalisti siano al contempo anche spie.
Non si può sapere fino a che punto la decisione di permettere un incontro del genere sia stata influenzata dagli imponenti interscambi commerciali Iran-Italia, che ammontano a circa sei miliardi di euro annualmente. Nel frattempo, è il caso di considerare due punti chiave. Alla cella di detenzione della sospetta spia è arrivata una telefonata dal Ministro degli Esteri iraniano Manouchehr Mottaki, con lo scopo di incoraggiarlo e aggiornarlo sugli sforzi fatti per portare ad una sua celere liberazione. D'altra parte, al Gabinetto del Ministro dell'Interno italiano si sono rifiutati la scorsa settimana di commentare il caso, nemmeno in conversazioni chiuse off-record.
Mentre il Governo a Roma preferisce stare muto e chiudere un occhio, come se non si trattasse di una cosa del tutto anomala, sono proprio i media italiani ad essere molto interessati al presunto giornalista-spia. È stato Giulio Meotti, un giornalista importante del giornale d'opinioni Il Foglio, a riferire due settimane fa, per la prima volta, sulla decisione dell'Associazione della Stampa Estera in Italia di permettere all'iraniano sospettato di spionaggio di continuare a lavorare negli uffici dell'Associazione.
La spiegazione poco convincente del Presidente dell'Associazione, l'olandese Maarten van Aalderen, secondo cui è stato il Magistrato che sta indagando le gravi accuse lanciate al corrispondente iraniano a permettergli di continuare il suo lavoro, non ha soddisfatto nemmeno il giornale d'opinioni Il Riformista. Una serie di servizi imbarazzanti sulla condotta dell'Associazione della Stampa Estera ha duramente criticato il fatto che il contribuente italiano debba finanziare con 700 mila euro all'anno l'attività di un'associazione, su sussiste forte dubbio sulla vera identità dei membri.
La polemica mediatica ha fatto emergere un problema centrale: quante altre spie di altri Stati appartengano all'Associazione, che ha la sede a pochi metri dalla Fontana di Trevi, a pochi metri dagli uffici del partito il Popolo della Libertà, guidato dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, e a pochi metri dal Quirinale? "C'è del marcio in via dell'Umiltà, sede di 400 giornalisti, di cui alcuni professionisti di fama mondiale, altri perfetti sconosciuti", Anna Mazzone iniziava così il suo servizio su Il Riformista. "Diversi - come è saltato fuori in passato - agenti segreti sotto copertura. L'ultimo indagato in ordine cronologico è stato arrestato il 3 marzo scorso. Hamid Nejad Masoumi, corrispondente della tv di Stato iraniana Irib, è accusato di traffico illegale di armi".
Mazzone alludeva alle pubblicazioni che, pochi anni orsono, avevano rivelato che Stati est europei solevano mandare i propri agenti sotto copertura di giornalisti in diversi altri Stati. Dopo la caduta della Cortina di Ferro furono pubblicati i nomi di molte spie, e l'Associazione della Stampa Estera ha scoperto – a sua sorpresa, oppure non tanto – che non tutti i suoi membri sono veri e propri giornalisti e che c'è stato chi ha sfruttato gli uffici dell'Associazione per riferire alle Autorità che lo avevano reclutato e non al pubblico dei lettori.
"Un giornalista è per forza di cose una specie di spia", dice Gad Shimron, ex agente operativo del Mossad. [omissis]
Tuttavia, a Roma, a colui che è stato comprovato che faceva la spia e per anni aveva fatto parte dell'Associazione non è stato chiesto di restituire la tessera da giornalista. La sua lunga membership gli dà l'immunità di essere membro dell'Associazione vita natural durante, fin tanto che paga la quota mensile. Poco sorprende, quindi, che nessun giornalista tra le centinaia di membri abbia chiesto che la posizione di Masoumi, che frequenta l'Associazione dal 1993, venisse riconsiderata.
Le notizie dell'Operazione Sniper, condotta dalla Polizia il 3 marzo, che ha portato all'arresto di Masoumi e di altri otto sospettati, non ha minimamente turbato la calma dei giornalisti stranieri a Roma. In difesa di Masoumi si è schierato la scorsa settimana il quotidiano più diffuso del Paese, Corriere della Sera, che ha scelto di evidenziare la posizione del Presidente olandese dell'Associazione Stampa Estera. "Non sono stato io a decidere che Masoumi può lavorare, bensì il Magistrato. Non ho sentito di dovermi opporre alla sua decisione, né che devo decidere quali saranno i risultati del processo", ha spiegato.
Se il giornalista olandese, che scrive per il giornale De Telegraaf, si fosse imposto di verificare i fatti fino in fondo, forse avrebbe scoperto che il sistema giudiziario non si occupa di questioni etiche o professionali, e certamente si adopera – almeno ufficialmente – per districarsi da pressioni politiche.
Il Procuratore del caso, il Magistrato Armando Spataro, non crede di aver errato decidendo di mettere Masoumi agli arresti domiciliari fino alla fine dell'indagine.
"Facciamo tre considerazioni nel prendere la decisione di mettere un indiziato agli arresti domiciliari", ha detto in un'intervista a Yediot Aharonot. "La prima è impedire la possibilità di una fuga fuori dai confini italiani. La seconda è l'eventualità che possa manipolare o distruggere prove. La terza – che continui a perpetrare le infrazioni che gli sono imputate. Ci sono solo considerazioni di ordine legale nella decisione di mettere Masoumi agli arresti domiciliari e permettergli di continuare a lavorare".
Spataro sottolinea che non è di competenza del sistema giudiziario occuparsi di questioni professionali o delle ripercussioni di una decisione. "Il sistema giudiziario non distingue tra un giornalista ed un operaio. Non ci occupiamo di considerazioni professionali o politiche". Aggiunge che non è di competenza sua raccomandare un comportamento ad una persona od una organizzazione, ma da quanto dice emerge che qualora ci fosse un problema politico o professionale nell'entrata di Masoumi all'Associazione Stampa Estera, è ruolo della direzione dell'Associazione trovare il modo di non mettere in imbarazzo il Ministro dell'Interno, Roberto Maroni.
Ed il Ministro è stato proprio messo in imbarazzo. Dal suo Gabinetto è stato respinto ogni tentativo di parlare dell'incontro tra il Ministro ed il giornalista iraniano alla Sede dell'Associazione Stampa Estera. L'imbarazzo del Gabinetto può essere spiegato anche con le pressioni diplomatiche esercitate in questo caso, tra cui, appunto, la telefonata del Ministro degli Esteri Mouttaki a Maoumi, in cui ha riferito a quest'ultimo degli sforzi in atto per liberarlo al più presto. Il magistrato Spataro respinge anche il sospetto che siano state esercitate pressioni politiche o diplomatiche per liberare il giornalista arrestato. "Qualsiasi persona arrestata ha il diritto di ricevere visite. Nel caso di cittadini stranieri, si usa che un Console venga a verificarne le condizioni".
L'intervento di un Console è cosa consueta, ma l'intervento di un Ministro degli Esteri di uno Stato estero è tutt'altra cosa. Di fronte alle pressioni esercitate dall'Iran sull'Italia, il Ministero degli Esteri di Roma ha dovuto chiarire, alla fine di aprile, che il potere giudiziario del Paese è indipendente, scollegato dal potere esecutivo, e che non si trattava di una decisione del Governo ma di una decisione di Magistrati preposti al caso. In un modo o nell'altro, Masoumi è stato messo agli arresti domiciliari con il permesso di lavoro.
Ma il Ministro dell'Interno – è importante notarlo – avrebbe potuto evitare l'imbarazzo se avesse scelto di presentare il rapporto sul terrorismo internazionale in un'altra sede che non fosse proprio l'Associazione della Stampa Estera. Visti i riferimenti nei media, rimane difficile credere che il Ministro non sia stato informato della questione. Il suo silenzio dimostra che, trattandosi di un Paese come l'Iran, Roma non si affretta a reagire.
"Veramente non credete che la vostra decisione di non sospendere Masoumi abbia creato una situazione ridicola, per non dire inappropriata, di permettere ad un giornalista sospettato di spionaggio e traffico d'armi a fotografare il Ministro dell'Interno in un convegno in cui si discutono strategie della lotta al terrorismo in Italia?", concludeva Anna Mazzone il suo duro rimprovero sulle pagine de Il Riformista nei confronti dei vertici dell'Associazione Stampa Estera. Concludeva, senza ricevere alcuna risposta.
Anche la domanda perché il Governo italiano finanzi un'Associazione che ha un membro sospettato di spionaggio, e perché i membri di detto Governo si rechino in tal posto – è rimasta senza una risposta ragionevole. Forse la prossima volta, quando a visitare la sede sarà il Ministro della Difesa oppure il capo dei Servizi Segreti italiani e a fare la domanda sarà il giornalista Hamid Masoumi – forse allora ne sapremo qualche cosa in più.