Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Obama - chiusura di Guantanamo: un'altra promessa elettorale non mantenuta Cronaca di Guido Olimpio
Testata: Corriere della Sera Data: 27 giugno 2010 Pagina: 16 Autore: Guido Olimpio Titolo: «Rebus Guantanamo: chiusura sempre più lontana»
Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 27/06/2010, a pag. 16, l'articolo di Guido Olimpio dal titolo " Rebus Guantanamo: chiusura sempre più lontana".
Barack Obama
WASHINGTON — Durante la campagna elettorale Barack Obama aveva fatto una promessa: chiuderò il campo di prigionia di Guantanamo entro il gennaio 2010. E una volta presidente ha chiesto aiuto agli alleati affinché accogliessero alcuni degli «ospiti». I partner, con grande sofferenza, hanno accettato 33 ex detenuti ed altri 22 potrebbero essere distribuiti in Paesi amici. Sembrava davvero che l’obiettivo di smantellare Gitmo fosse vicino. Invece, mese dopo mese, la meta è diventata sempre più lontana. E come ha sottolineato ieri il New York Times non si può escludere che il campo resterà attivo per molto, forse fino alla scadenza del primo mandato del presidente. Restando una macchia sull’onore americano e una maledizione per chi comanda alla Casa Bianca.
Ma perché eliminare il campo è diventata un’impresa? Il primo ostacolo è rappresentato dai terroristi. Al Qaeda avrà perso la sua capacità strategica, ma i gruppi affiliati o ispirati sono comunque in grado di tenere in allarme l’America. E senza spargere sangue: i due mancati attentati— al jet Northwest e a Times Square— hanno messo in difficoltà la Casa Bianca. I qaedisti hanno fallito, però hanno dimostrato di non essere mai domi. Sbaraccare Guantanamo sarebbe stato considerato un gesto di debolezza. E l’idea di trasferire i qaedisti in una prigione a Thomson, Illinois, è naufragata nonostante gli incentivi economici per la città e qualche posto di lavoro da secondino. Tranne delle rarissime eccezioni, nessun governatore o senatore è disposto ad avere i reclusi nel «cortile di casa».
C’è poi il problema di cosa fare del nucleo duro dei 181 prigionieri rimasti. Di nuovo, Obama voleva processare le menti dell’11 settembre a New York davanti ad un tribunale civile. Ma l’idea ha provocato reazioni veementi. Un evento drammatico— hanno denunciato i critici — che metteva a rischio la città e per giunta avrebbe pesato molto su budget già all’osso.
Gli schieramenti pro e contro hanno cercato di sostenere le proprie ragioni citando studi ad hoc. Un rapporto ha indicato che solo il 10 per cento dei detenuti era da considerare davvero pericoloso. Gli avversari hanno ribattuto ricordando come dei 120 estremisti rinviati in Arabia Saudita ben 25 siano tornati alla Jihad entrando — con ruoli importanti — nella fazione regionale di Al Qaeda. La stessa che ha cercato di distruggere il jet Northwest.
Per uscire dall’angolo, la Casa Bianca ha provato ad elaborare il piano B. In due mosse. Gli Usa potrebbero rimandare nei loro Paesi alcuni dei detenuti, quelli ritenuti non a rischio. Quindi proveranno a convincere il governo Karzai a lasciare sotto il controllo Usa una piccola sezione del nuovo carcere di Bagram: un «braccio» dove rinchiudere 48 terroristi duri e puri. Un’estensione di un centro di reclusione «segreto» già operativo che qualcuno definisce una mini-Gitmo. Un approccio molto pragmatico e poco ideologico per eliminare un simbolo negativo e, al tempo stesso, tenere sotto chiave i seguaci di Osama. L’ultima scappatoia per sottrarsi alla maledizione di Guantanamo.
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