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Roma per Gilad Shalit. Contro la disinformazione di Unità e Manifesto 26/06/2010

Gentile Redazione,

Vi invio copia di una mia mail inviata all'Unità a commento dell'articolo apparso il 25 giugno u.s. dal titolo "Spegnetelo per prigionieri palestinesi", che riportava, virgolettate, le dichiarazioni del Forum Palestina sulla manifestazione del 24 giugno in favore della liberazione di Gilad Shalit.

Distinti saluti
Daniele Coppin

Gentile Redazione,
leggendo sulla vostra edizione on line di ieri, 25 giugno, l'articolo dal titolo "Spegnetelo per prigionieri palestinesi", a proposito delle critiche mosse dal Forum Palestina alla manifestazione in favore della liberazione di Gilad Shalit, impone qualche considerazione.
Alla fine dell'articolo, si contesta il fatto che il Sindaco di Roma "fa spegnere il Colosseo per ricordare un solo detenuto: il soldato israeliano Shalit, un militare catturato in zona di guerra e prigioniero da quattro anni nella Striscia di Gaza."
 
Si sostiene che Shalit sia stato sequestrato (“catturato”, nel linguaggio dei filo palestinesi) “in zona di guerra”. Ora, chi ha seguito la vicenda sa che Shalit fu sequestrato nel giugno del 2006, in territorio israeliano, nove mesi dopo il ritiro di Israele da Gaza (settembre 2005) e più di un anno prima che il governo di Gerusalemme dichiarasse gaza “territorio ostile” e iniziasse l’embargo (settembre 2007). L’operazione “Piombo Fuso” avvenne due anni e mezzo (dicembre 2008) dopo il sequestro Shalit. Al momento del sequestro di Shalit, la Striscia di Gaza era controllata ancora dall’ANP, come stabilito dagli accordi di Oslo in base ai quali Israele mantiene il controllo militare dello spazio aereo della Striscia di Gaza, delle frontiere terrestri e delle acque territoriali. Ne consegue che all’epoca del rapimento di Shalit la zona lungo il confine tra Gaza e Israele non era definibile “zona di guerra”. D’altra parte, se così fosse, come si può condannare il blocco israeliano attorno a Gaza, le operazioni militari israeliane a Gaza, dal momento che simili azioni rientrano nella normalità in una “zona di guerra”? Ecco, quindi, rivelarsi il doppio standard adottato dai filo palestinesi per i quali il confine tra Gaza e Israele è “zona di guerra”, se si tratta di giustificare il sequestro di Shalit; mentre è un normale confine tra due territorio, che dovrebbe essere aperto ai traffici commerciali ed al passaggio delle persone, se si tratta di condannare Israele per l’embargo e le operazioni militari.
 
Daniele Coppin

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 Gentile Redazione,

Vi invio il testo di una mia mail inviata il 25 giugno scorso al Manifesto

Distinti Saluti
Daniele Coppin

L'articolo pubblicato sull'edizione di ieri, 24 giugno, dal titolo "A
Shalit il Colosseo, a 11mila ostaggi il nulla", nel proporre un
paragone forzato tra i Palestinesi condannati per terroristismo,
regolarmente detenuti nelle carceri israeliane e tutelati dalle leggi
dello Stato di Israele, ed il soldato Shalit, rapito in territorio
israeliano da miliziani di Hamas infiltratisi in Israele e tenuto
prigioniero non si sa dove, in quali condizioni e con quali garanzie,
si conclude con la domanda: "Sarà che un esponente del «popolo
eletto» e cittadino dello «stato eletto» pesa di più di 11 mila
dannati della terra?". Per un tale linguaggio, rivelatore di un odio
antiebraico degno della propaganda nazifascista, ripresa, non a caso,
dall'estremismo islamico
 a voi, evidentemente, tanto caro, le uniche parole che mi vengono in
mente sono SCHIFO e FASCISTI ROSSI!

Daniele Coppin


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