Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 26/06/2010, l'articolo di Dimitri Buffa dal titolo " Insulti e risse a Roma dopo la commemorazione per Shalit ".
Sullo stesso argomento invitiamo a leggere la Cartolina da Eurabia di Ugo Volli di questa mattina e il commento di Deborah Fait, pubblicati in altre pagine della rassegna.
Gilad Shalit
Forse ce lo si poteva aspettare, forse qualcuno lo aveva addirittura pianificato a tavolino.
Certo l’ignobile epilogo, conseguenza della provocazione della sinistra antagonista che ha fatto seguito alla invece commovente commemorazione romana (culminata con lo spegnimento delle luci del Colosseo intorno alle 23 di giovedì) dei quattro anni di sequestro di persona del caporale Gilad Shalit da parte dei terroristi di Hamas, appartengono a quei fatti che si raccontano con l’aiuto di un potente anti emetico.
Gli attivisti antagonisti ovviamente fanno le vittime perché hanno rimediato quella che in gergo tecnico alla romanesca si chiama “la sveglia”. Benchè proditorimente una ventina di loro abbiano tentato di aggredire innocue famigliole di ebrei romani di ritorno dalla manifestazione, il pronto intervento del servizio d’ordine della comunità presieduta da Riccardo Pacifici li ha ridotti a miti consigli.
Resta il fatto di una demenziale gestione dell’ordine pubblico a Roma: come era possibile infatti che nessuno avesse sciolto una manifestazione non autorizzata a poche decine di metri da quella, invece prevista da mesi, a favore della liberazione del caporale dell’esercito israeliano, rapito da guerriglieri di Hamas in territorio israeliano ai confini con Gaza il pomeriggio del 25 giugno 2006?
La provocazione di paragonare i 7500 terroristi palestinesi detenuti nelle carceri isareliane con il soldato rapito da hamas era stati una trovata dei soliti noti del Forum Palestina. Che già mercoledì in un loro comunicato deliravano con questo assurdo slogan. Il problema è che poi questo paragone, che è un po’ come quello di Moro prigioniero nel carcere del popolo delle Br con i terroristi delle br regolarmente detenuti nelle supercarceri di massima sicurezza negli anni ’80, lo faceva proprio anche il blasonato quotidano “comunista”, “il manifesto”. Che in un articolo apparso giovedì, che aveva fatto incazzare non poca gente, proponeva il blasfemo e anche un po’ eversivo accostamento. In questi giorni poi la direttrice del “manifesto” Norma Rangeri legge e commenta i giornali a “Prima pagina” su Radio tre, dove peraltro è ospite assai assidua.
E il meccanismo di cernita delle telefonate che fa Rai tre permette, volendo, di fare andare in onda solo quelle gradite al conduttore, con scorno della vera dialettica tipica dei veri fili diretti come quelli che avvengono su Radio radicale. Insomma le premesse e gli ingredienti per l’epilogo violento di giovedì sera della manifestazione pro Shalit c’erano tutti.
La propaganda dell’odio anti israeliano in Italia è ormai subappalto dell’estrema sinistra, che fa riferimento proprio al “manifesto”, oltre che dell’estrema destra che da sempre odia gli ebrei in quanto tali.
Ieri Riccardo Pacifici, intervistato a ora di pranzo dal Tg di “La7” ha dato questa versione dei fatti: “I manifestanti, e insieme alle famiglie c'erano bambini e donne, sono stati aggrediti con insulti tipo 'assassinì, 'fascisti’, 'vergognatevi’. Da lì è nata un colluttazione e facciamo appello alle forze politiche e dell'ordine per indagare su come è possibile che sia stata permessa una manifestazione non autorizzata..”
Insomma, a nulla sono valse le nobili parole di Noam Shalit, il padre di Gilat, quello che hamas ha crudelmente raffigurato in un fumetto televisivo come un vecchio che continuava invano per tutta la vita a cercare notizie del figlio, che aveva parlato di pace tra i popoli e di convenzione di Ginevra nel rivolgere il proprio saluto ai romani che hanno dato già l’anno passato la cittadinanza onoraria a suo figlio.
Migliaia di cittadini hanno dimostrato ieri in varie località di Israele in occasione del quarto anniversario della cattura del caporale Gilad Shalit, sequestrato da Hamas il 26 giugno in territorio israeliano al confine con la Striscia di Gaza. Circa 600 persone hanno marciato nella città di Nahariyah, in Galilea, mentre erano 250 quelli che manifestavano davanti al quartier generale del ministero della Difesa a Tel Aviv. Un convoglio di motociclisti ha anche raggiunto le ambasciate di ciascun Paese membro del Consiglio di sicurezza permanente delle Nazioni Unite, chiedendo alla comunità internazionale di esercitare pressioni su Hamas affinchè rilasci il soldato israeliano. La sera, inoltre, la municipalità di Haifa ha promosso una veglia collettiva durante la quale i manifestanti hanno lasciato andare in aria circa seimila palloncini per commemorare la cattura del militare. Un'altra manifestazione c’è stata fuori dalla sede della Croce rossa internazionale , ente a cui Hamas ha sempre vietato il permesso di visitare Shalit, contravvenendo alla Convenzione di Ginevra.
Eppure giovedì sera a Roma gli attivisti di ong come “Un ponte per..” e della comunità di base di San Paolo non solo ritenevano di dovere manifestare per i terroristi di Hamas detenuti in attesa di regolare processo invece che per un ragazzo sequestrato da assassini che solo ogni tanto danno prove della sua permanenza in vita, ma anche di ingaggiare tafferugli con le famigliole della comunità ebraica romana che ritornavano da una pacifica manifestazione.
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