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Giorgia Greco
Libri & Recensioni
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Abigail Green, Moses Montefiore 28/06/2010

Moses Montefiore                                    Abigail Green
Harvard University Press                               Euro 31

Si dice che il camino della villa di Ramsgate abbia bruciato per giorni. Ottantacinque volumi di diari, migliaia e migliaia di lettere, appunti, inviti ufficiali, carta buona per fare un bel falò. Se non che, ad andare in fumo, era l’archivio di uno dei più grandi filantropi dell’Ottocento: Sir Moses Montefiore, morto a quasi 101 anni, dopo averne passati almeno cinquanta a percorrere il mondo in lungo e in largo, per dare soccorso alle comunità ebraiche. A ordinare tanto scempio fu il nipote ed erede del vecchio Montefiore, e ancor oggi gli studiosi s’interrogano sul perché di questa decisione. A dire il vero, più d’uno nutre il sospetto che i documenti contenessero particolari poco edificanti sulla vita di Sir Moses, forse vicende di figli illegittimi, tanto più scandalose giacchè Montefiore aveva rappresentato l’ideale della rigida morale vittoriana.
Nonostante l’enorme distruzione, coi materiali che restano e le testimonianze dei contemporanei, Abigail Green – lontana discendente di Montefiore – riesce a tracciare un brillante profilo di questo protagonista dell’età dell’assimilazione, in un libro appena uscito per la Harvard University Press.
In occasione del suo centesimo compleanno, il “Times” lo definì “il perfetto gentleman inglese”, ma in realtà Montefiore, che proveniva da una famiglia di ebrei italiani, era nato a Livorno. I suoi avi erano molto probabilmente originari del paese romagnolo di Montefiore Conca, da dove erano passati, a metà del Quattrocento, nelle Marche, per poi insediarsi nel grande emporio mercantile livornese. Nel secolo XVIII i Montefiore avevano tentato il grande salto, avviando un commercio di oro e coralli tra il mediterraneo e Londra. E proprio nella capitale inglese il giovane Moses fece fortuna. A quarant’anni era abbastanza ricco per ritirarsi dagli affari e dedicarsi anima e corpo alla causa dei diseredati ebrei.
Alla sua indole cosmopolita non bastava sostenere i molti israeliti indigenti che affollavano gli slums londinesi. Assieme alla moglie, sua compagna inseparabile di viaggio, cominciò a visitare anche le comunità più remote, per portare oltre che denaro, la solidarietà e il sostegno politico dell’ebraismo inglese. La filantropia di Montefiore andò spesso di pari passo con l’impegno coloniale britannico e, in particolare, i suoi sforzi per promuovere l’insediamento giudaico in Palestina possono essere visti come parte di un più vasto coinvolgimento europeo nel Vicino Oriente.
Montefiore si occupò anche dell’Italia e cercò d’intervenire in favore della famiglia Mortara, il cui figlioletto era stato prelevato dalle guardie pontificie per essere portato alla casa dei catecumeni, poiché una domestica cristiana sosteneva di averlo segretamente battezzato. Nel 1859 Moses si recò a Roma per essere ricevuto dal Papa e chiedere che il piccolo fosse restituito ai genitori. Ma fu un fallimento. Messo alla porta con implacabile cortesia dal cardinale Giacomo Antonelli, Segretario di Stato, dovette riguadagnare Londra a mani vuote.
Green ricostruisce anche questo episodio con vivezza di dettagli, e riesce a descrivere la grande Storia assieme agli affanni e alla frenetica attività quotidiana di Montefiore, in una biografia che accoglie luci e ombre di una figura troppo spesso avvolta nel mito.


Giulio Busi
Il Sole 24 Ore


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