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Angelo Pezzana
Israele/Analisi
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Netanyahu non deve cedere ai ricatti di Hamas 25/06/2010

INFORMAZIONE CORRETTA - Angelo Pezzana : " Netanyahu non deve cedere ai ricatti di Hamas "


Angelo Pezzana

Il soldato Gilad Shalit veniva rapito il 24 giugno di quattro anni fa dai terroristi di Hamas, rinchiuso in qualche prigione a Gaza, e da allora nessuno ha più potuto verificarne le condizioni, neppure la Croce Rossa, che ha accettato il divieto nell’indifferenza degli organismi internazionali. Hamas sa bene di avere in mano una potente arma di ricatto, Israele non contempla la figura dello shahid, la vita viene considerata sacra, non uno strumento per il martirio, un concetto estraneo alla cultura ebraica. Le condizioni poste finora liberare più di mille detenuti palestinesi colpevoli di spregevoli crimini e attentati, era un prezzo che Israele non avrebbe comunque potuto pagare. Con Gilad prigioniero, Hamas incassa un doppio vantaggio. Se non lo libera, rimane immutata in Israele l’angoscia per la sua sorte, se Israele accetta il ricatto offre ai terroristi la propria capitolazione. In ogni caso perde. Aviva e Noam, i genitori, da quattro anni aspettano che il governo gli riporti  a casa il figlio, sanno bene qual’è la posta in gioco, ma sperano in uno di quei miracoli che Israele nel corso degli anni ha dimostrato di saper compiere. Sono andati in giro per il mondo, accolti ovunque con bellissime parole, che però sono rimaste tali, parole e non atti. E' questo che Aviva e Noam rimproverano oggi a Bibi, di continuare la politica del compromesso per avere meno critiche dagll'America, dall'Onu, dalla Ue, dai media che sembrano interessati solo a chiedere quali passi farà Israele per concedere ai palestinesi quello che vogliono e a descrivere una Gaza che non esiste.

Nella Striscia non c'è nessuna crisi umanitaria, i rifornimenti via Israele sono sempre arrivati dopo gli opportuni controlli, e se Bibi ha accettato le pressioni di Obama , e quelle di mezzo mondo, aumentando il numero delle merci con diritto di entrata, il risultato è stato l'opposto di quello previsto. Il commento più sprezzante è arrivato proprio da Hamas, che ha dichiarato di non essere per niente interessato a ricevere maggiori aiuti, quello cui mira è la fine del blocco  navale, perchè è da lì che possono arrivare i riformimemti di armi e la trasformazione del porto di Gaza in un punto nevralgico sotto il controllo turco oppure iraniano.

 Israele è stato troppo condiscendente. Se dicesse no, come ha fatto Bibi, in modo inequivocabile, quando ha avvisato che a nessuna nave sarebbe stato permesso forzare il blocco, si è vista subito la reazione di chi prima minacciava fuoco e fiamme, per carità niente violenza, attraccheremo ad Ashdod, e così via. Se Bibi da domani dicesse "Basta, o liberate Gilad o dal nostro confine e via mare non passa più niente, ma proprio niente, di confine ne avete un altro, quello con l'Egitto, rivolgetevi a quello", siamo sicuri , come qualcuno teme, che accadrebbe un incidente diplomatico internazionale ? E se anche fosse ? Il mondo finora si è limitato a mettere sul piatto della bilancia soltanto lo Stato ebraico, mentre in questo modo comincerebbe a vedere come reagiscono tutte queste belle dittature alle quali finora è stato soltanto lisciato il pelo. Gli ebrei, nella loro storia millenaria, nel momento del bisogno, hanno sempre potuto contare solo su se stessi. Mentre i governi israeliani si sono mostrati disponibili al compromesso pur di raggiungere la pace, i suoi nemici in tutta la regione hanno aumentato gli arsenali, e di tempo non ne è rimasto molto, di sicuro non ce ne sarà per aspettare il dopo Obama, la cui politica del cappello in mano è stata ridicolizzata persino dai suoi generali. Dai Bibi, fai il duro, non dimenticare che sei in Medio Oriente, non in Engadina o nell'Oxforshire, dalle tue parti la buona educazione e il fair play si chiamano debolezza. Per questo non hanno ancora liberato Gilad Shalit. Aviva e Noam, e tutte le persone per bene di questo mondo, aspettano che torni a casa. Cambia registro, fai qualcosa.


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