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Informazione Corretta Rassegna Stampa
22.06.2010 Il mondo non vi comprende
L'intervista di Menachem Gantz a Gianfranco Fini

Testata: Informazione Corretta
Data: 22 giugno 2010
Pagina: 1
Autore: Menachem Gantz
Titolo: «Il mondo non vi comprende»

Riportiamo l'intervista di Menachem Gantz a Gianfranco Fini dal titolo " Il mondo non vi comprende ", pubblicata su Yedioth Ahronot, il quotidiano più diffuso in Israele.

"Il mondo non vi comprende"
"La flottiglia è stata provocatoria; di fronte alla sofferenza dei palestinesi c'è il vostro diritto alla sicurezza". Gianfranco Fini, Presidente della Camera dei Deputati italiana e possibile erede di Berlusconi, espone posizioni molto poco comuni attualmente in Europa. Dopodomani lo attenderanno qui con il tappeto rosso. Segue intervista speciale
di Menachem Gantz, Roma

 


Gianfranco Fini

Il posto: Villa Miani, che domina Roma dall'alto. L'evento: festeggiamenti del 62° anniversario dell'indipendenza di Israele lo scorso aprile. Sul palco si trova, come uno sposo, l'Ambasciatore d'Israele in Italia, Gideon Meir. Al suo fianco, come due testimoni di nozze – il Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, ed il membro del suo stesso partito, il Presidente della Camera, Gianfranco Fini. Centinaia di giornalisti di tutte le testate del Paese vogliono immortalare l'evento. L'indipendenza di Israele è di ben poco interesse per loro; la storia principale, dal loro punto di vista, è la grave rottura rivelatosi tra i due leader del partito Popolo della Libertà, che guida la coalizione.

 La tensione si nota sui visi dei presenti. Ogni stretta di mano, ogni sguardo viene scrutato attentamente. Berlusconi fa un intervento tedioso, in cui fa le lodi della sua propria politica estera. Fini si trova costretto ad ascoltare il lungo discorso. Egli si immagina il confronto aperto fissato per l'indomani al congresso del partito. Non appena Berlusconi termina, Fini si affretta a chiamare la moglie ed il consigliere personale, l'Onorevole Alessandro Ruben – che è stato responsabile di spianare la strada per gli stretti contatti di Fini con Israele negli anni – e lascia velocemente il posto, senza aspettare il taglio della torta ed il brindisi.

 L'indomani si è verificato un tumulto di una portata che la politica italiana non aveva mai visto prima. I congressi del Likud negli anni della gloria sembravano meno minacciosi dei gravi scambi di battute, degli urli e delle intimidazioni che si sono scambiati i due compari della sera prima. Il motivo del conflitto tra i due è l'ascesa del partito separatista italiano, Lega Nord, partner di coalizione nelle ultime elezioni regionali, e le imposizioni dello stesso nei confronti di Berlusconi. Fini ha paura che Berlusconi ceda, temendo per la sorte del suo Governo. Egli preferirebbe fare in tutt'altra maniera riforme e discussioni su leggi controverse.

 Berlusconi capisce che l'opposizione che mette a repentaglio la sua leadership proviene dall'interno ed è guidata da colui che era stato il suo compagno di strada, Fini. Il leader del partito Alleanza Nazionale, le cui radici affondano nel fascismo italiano e che ha fatto una lunga strada fino a riuscire a posizionarsi come un partito di destra liberale, si era unito al partito di Berlusconi, Forza Italia, ed insieme i due hanno fondato il Popolo della Libertà, che ha vinto le elezioni politiche due anni fa. Ora questa partnership è in dubbio.

 Dopodomani Gianfranco Fini arriverà in Israele, accompagnato da alcuni Deputati, per inaugurare alla Knesset l'Associazione d'amicizia inter-parlamentare Italia-Israele, che sarà capeggiata dalla giornalista e membro del partito di Fini, Fiamma Nirenstein. Per la prima volta da quella mattinata di spade tratte, in cui ha chiarito di considerarsi erede di Berlusconi, Fini lascia il territorio italiano per una visita ampiamente coperta dai media, con uno status politico nuovo che si può definire: "non un Berlusconi-compatibile, ma ugualmente un amico caloroso e stretto di Israele".

 In un'intervista esclusiva a Yediot Aharonot, Fini conferma le differenze evidenti tra lui e il suo Primo Ministro, ma sottolinea che non si è ancora allo scisma totale.

 "Vi è conflitto, vi sono differenze d'opinioni", egli dice, "ma se c'è la volontà, sono cose superabili. L'importante è che siano mantenute le regole del dibattito". Commentatori italiani, invece, dubitano che la strada comune dei due possa andare avanti molto a lungo. Se Berlusconi potesse confinare Fini in un deserto politico, allontanare da quest'ultimo le telecamere dei media di sua proprietà e sbarazzarsi della palla al piede, lo farebbe. Pare che per il Presidente del Consiglio italiano sia stato più facile divorziare dalla moglie Veronica Lario, che lo ha accusato di frequentare minorenni, che sbarazzarsi del suo partner di partito.

Non vi è il pericolo che i Suoi sostenitori siano allontanati da posizioni chiave dell'Amministrazione?
"Non credo. Sin dal congresso non ci sono stati segni che le cose stiano prendendo questa piega. Nessuno è stato allontanato per aver espresso appoggio nei miei confronti. La discussione si aggira intorno ad opinioni e politiche, non riguarda posizioni chiave nell'Amministrazione".

 Mentre i membri del suo partito sono costretti a scegliere tra l'esprimere appoggio al Presidente del Consiglio e un potenziale rischio al loro futuro politico schierando con Fini, quest'ultimo investe nel solidificare la propria posizione. La visita in Israele gli permette di farlo anche nell'arena internazionale e le cose che dice potrebbero senz'altro piacere alle orecchie di Gerusalemme.

Secondo Lei va attribuita unicamente ad Israele la responsabilità degli eventi della flottiglia turca, come sostengono molti in Europa?
"Prima di tutto bisogna capire cosa intende per responsabilità. La flottiglia comprendeva diversi tipi di partecipanti. Vi erano veri attivisti della pace, con opinioni che si possono condividere o rigettare, ma che sono certamente degne di essere espresse. E c'erano anche i sedicenti pacifisti, che però avevano un atteggiamento aggressivo e ostile nei confronti di Israele e simpatizzante con le organizzazioni terroristiche. Pertanto, se la parola "responsabilità" significa "Conoscano le Autorità turche tutti i passeggeri delle navi e le loro intenzioni e ne hanno espletato un pieno controllo di tutti i passeggeri?", allora credo sia ovvio che non l'abbiano fatto. Non sempre le Autorità e le forze di polizia sanno con certezza chi partecipa a manifestazioni del genere, ma le caratteristiche della flottiglia, che era provocatoria, dovevano indurre le Autorità turche ad un controllo più accurato".

Israele oggi è più isolato che mai. La comunità internazionale è tutt'ora garante della sua sicurezza?
"Ad eccezione di alcuni casi singolari, la comunità internazionale non ha ancora capito e interiorizzato che per Israele la sicurezza è un bene raro. Dopo tutto, non c'è un altro Paese al mondo, certamente non un paese democratico, che si trova sotto pressioni di questo genere, ed in alcuni casi anche sotto assedio e, soprattutto, sotto una perenne minaccia esistenziale. Ogni volta che il Presidente iraniano invita alla distruzione di Israele, non lo si può prendere come un'altra dichiarazione qualsiasi o propaganda esagerata.

"La comunità internazionale non comprende a fondo l'aspetto psicologico di questa minaccia esistenziale. Israele non è isolato conseguentemente alla politica del suo Governo, bensì per via del contesto internazionale che oggi è molto più complicato, con le minacce all'esistenza  di Israele che non fanno che crescere. Il problema della sicurezza di Israele non è uno dei problemi, è il problema con la P maiuscola".

 Fini parla per farsi sentire non solo da orecchie israeliane, ma anche dal Ministro degli Esteri italiano Franco Frattini e dai funzionari del suo Ministero, che nelle ultime settimane hanno diffuso messaggi severi nei confronti di Israele e hanno suscitato timori a Gerusalemme che qualcosa stia cambiando addirittura nell'amichevole Roma. A Fini preme differenziarsi da essi.

Un Iran nucleare è certamente una minaccia esistenziale per Israele. La comunità internazionale è fallita nel tentativo di impedire all'Iran di sviluppare armi nucleari?
"Si possono dubitare le intenzioni dell'Iran di assecondare le richieste della comunità internazionale. Anch'io le dubito, ma, sinceramente, non vedo altra strada se non quella seguita fin'ora – pressioni diplomatiche accompagnate da sanzioni economiche. Credo che sia stato fatto un ulteriore passo avanti. Coloro che finora si sono astenuti dall'invitare l'Iran a fermarsi, oggi lo stanno facendo".

Durante la visita di Berlusconi in Israele ci sono stati estesi riferimenti stampa sull'imponente interscambio commerciale tra Italia ed Iran. Pare che gli interscambi vadano avanti come prima.
"L'Italia continua a commerciare con l'Iran, è vero, ma i nuovi investimenti si sono fermati quasi completamente. Anche gli investimenti che sono già partiti sono stati ridotti. Ora i nostri interscambi con l'Iran sono molto più bilanciati".

L'Italia ha un buon rapporto con la Turchia. Lei condivide l'asserzione che i turchi hanno abbandonato l'Europa per l'asse islamico?
"L'Italia deve continuare quello che ha fatto finora, e cioè agevolare il lungo e duro processo che la Turchia sta facendo verso il suo ingresso nell'Unione Europea. Sappiamo che in Europa ci sono forti oppositori, e sappiamo anche che se la Turchia dovesse perdere la sua ancora dei valori, così come si esprimono nell'alleanza NATO, questo sarà un grave problema. Non condivido le valutazioni secondo cui Ankara sente di essere stata rigettata dall'Europa e pertanto cerca altre direzioni. È troppo semplicistico".

Ma commentatori turchi credono che Erdogan abbia già rinunciato ad unirsi all'Europa.
"Prima di chiudere la porta alla Turchia, dobbiamo pensarci dieci volte. Ciò non significa: "La porta è aperta e siete invitati ad entrare subito". Può darsi che arrivi il giorno, e spero che non arrivi, in cui sarà presa una decisione: "Signore e Signori, ci dispiace ma è impossibile". Ma continuare un processo ambivalente nei confronti della Turchia non è giusto".

 Fino ad un decennio fa, un'eventuale intervista di Fini ad un giornale israeliano sarebbe stata centrata, in modo naturale, su questioni riguardanti l'estrema destra ed il fascismo italiano. Oggi, con la comunità ebraica italiana che lo venera, pur stando attenta a rispettare Berlusconi che ha modificato l'atteggiamento dell'Italia nei confronti di Israele – porre domande di quel genere si rende necessario solo in seguito agli eventi politici correnti.

Lei è disturbato dal fatto che il dibattito politico in Italia è a volte accompagnato da citazioni del Duce e da espressioni di nostalgia del regime di Mussolini?
"Non c'è glorificazione del fascismo o di Mussolini nel dibattito politico in Italia", dice Fini con fermezza.

Berlusconi ha recentemente citato a Parigi una frase di Mussolini, secondo cui tutta la sua forza può influenzare solo la direzione in cui volge il suo cavallo, e che di fatto il leader del Paese non ha alcuna autorità.
"Non a caso tutto il dibattito in merito a questa citazione è durato esattamente un minuto", Fini taglia corto su un'altra delle asserzioni peculiari del suo Presidente del Consiglio.

 Nel corso della sua visita nei territori dell'Autorità Palestinese, Berlusconi aveva affermato che "come si deve piangere per le vittime della Shoah, così si deve esprimere dolore per le vittime palestinesi". Fini non nasconde che si tratta di un paragone improprio. Lui non avrebbe scelto parole analoghe. Colui che ha compiuto un viaggio ad Auschwitz e ha visitato Yad Vashem durante il percorso di allontanamento del suo partito dalle radici fasciste, non sarebbe caduto in un'affermazione simile.

 "I palestinesi vivono in condizioni difficili, sotto certi aspetti disumane, in condizioni dolorose per chiunque. Ma la domanda è un'altra: come aiutare Israele ad uscire dal suo isolamento e, contemporaneamente, garantirne la sicurezza", egli spiega. "Se volete impedire alla comunità internazionale di pretendere che togliate l'assedio, dovete alleggerirlo e dimostrare le vostre vere intenzioni. Se riuscirete a misurarvi con le accuse nei vostri confronti, costringerete i palestinesi a dover prendere una decisione su un tema che non potranno più nascondere – il riconoscimento del diritto di esistenza d'Israele".

Osservando la destra italiana, si possono notare due diversi atteggiamenti al modo di vivere, alla società, alla separazione dei poteri ed al trattamento degli immigrati.
"È vero, e non si tratta solo di un problema italiano. Esattamente come in Europa la sinistra è divisa tra sinistra democratica, da un lato, ed una sinistra che prova nostalgia per il comunismo, dall'altro, anche in seno alla destra vi è chi ha una cultura liberale, ispirata al rispetto dei diritti umani, e, dall'altra parte, vi è una destra che nega l'integrazione degli stranieri e non tiene in considerazione la giustizia sociale".

Eppure, quando il partito Lega Nord, che fa parte della coalizione, dichiara di non fare il tifo per la Nazionale di calcio italiana, si tratta di segnali che indicano che anche in Italia, come abbiamo potuto vedere in Belgio la settimana scorsa, un partito separatista potrebbe vincere le elezioni.
"No, no", afferma Fini respingendo questa possibilità, "In Belgio le differenze sono a sfondo etnico e linguistico. Qui, Nord o Sud, siamo tutti italiani. La Lega Nord si diverte a fare provocazioni. Non è concepibile proporre in Italia una separazione analoga a quella che viene richiesta in Belgio".

Voi la considerate una provocazione, ma il loro peso va aumentando e sono loro che dettano i toni nella coalizione presieduta dal Suo partito.
"Il loro va aumentando, ma non per queste stupidaggini, bensì per la loro capacità di comprendere le necessità del cittadino. Su cento loro elettori, nemmeno uno li vota per motivi di separatismo, bandiere o inni. È importante che la politica italiana esorti a cessare queste provocazioni. Bisogna protestare, ma non dar loro troppo significato ed importanza".


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