Pesanti ma meritate critiche a Josè Saramago sui giornali cattolici di ieri. Vengono oggi commentate su quasi tutti i quotidiani, forse meravigliati che la stampa cattolica, in genere reticente per quanto riguarda la cultura non confessionale, abbia oasto tanto. " Criticò le crociate, dimenticò i Gulag", è la frase che ha colpito di più. Quel che non ha impressionato i giornali cattolici era il suo violento odio per gli ebrei e Israele. Già.
Riprendiamo l'articolo di Dino Messina dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/06/2010, a pag.15, dal titolo " Il Vaticano contro Saramago: è la zizzania"
MILANO— Era già successo, ma questa volta è per sempre. Nel giorno dell’addio, il Vaticano manda al diavolo José Saramago. Il necrologio che «L’Osservatore Romano» ha dedicato al Nobel portoghese, morto venerdì a 87 anni, è una bocciatura sin dal titolo: «L’onnipotenza (presunta) del narratore». L’autore di opere come il Memoriale del convento, Il Vangelo secondo Gesù, Caino, dove è affermata una visione atea e materialista senza alcuna apertura alla fede, viene definito da Claudio Toscani sul quotidiano del Vaticano come «un uomo e un intellettuale di nessuna ammissione metafisica, fino all’ultimo inchiodato in una sua pervicace fiducia nel materialismo storico, alias marxismo. Lucidamente autocollocatosi dalla parte della zizzania nell’evangelico campo di grano, si dichiarava insonne al solo pensiero delle crociate e dell’inquisizione, dimenticando il ricordo del gulag, delle purghe, dei genocidi, dei samizdat culturali e religiosi».

Josè Saramago
È la chiusa di articolo cui si arriva attraverso un crescendo in cui Saramago viene accusato di «banalizzazione del sacro», «semplicismo teologico»: «Se Dio è all’origine di tutto, Lui è la causa di ogni effetto e l’effetto di ogni causa». Nessuna concessione al genio del portoghese, definito «un populista estremistico» che fin troppo comodamente incolpa delle brutture del mondo «un Dio in cui non aveva mai creduto, per via della Sua onnipotenza, della Sua onniscienza, della Sua onniveggenza. Prerogative, per così dire, che ben avrebbero potuto nascondere un mistero, oltre che la divina infinità delle risposte per l’umana totalità delle domande. Ma non per lui».
La ruggine con il Vaticano e con gli ambienti cattolici più conservatori è precedente all’assegnazione del premio Nobel. Ieri tutti hanno ricordato che José Saramago lasciò polemicamente il Portogallo nei primi anni Novanta per gli attacchi violenti ricevuti dal sottosegretario alla cultura Antonio Sousa Lara. Questo politico definì una vergogna per un Paese cattolico l’opera uscita nel 1991, Il Vangelo secondo Gesù, in cui il Cristo è appiattito alla semplice dimensione terrena. E infatti ieri Toscani ha definito «Il Vangelo» di Saramago il «frutto di una faziosità dialettica di tale evidenza da vietargli ogni credibile scopo». Gli attacchi si ripeterono nel 1998, dopo l’annuncio da parte dell’Accademia di Stoccolma: sempre «L’Osservatore» accusò l’Accademia svedese di essere politicamente orientata e il romanziere portoghese venne definito «veterocomunista» e peggio ancora «nichilista». Accuse riprese qualche mese dopo da padre Ferdinando Castelli sulla «Civiltà Cattolica» («esalta il nulla») anche se il critico gesuita faceva qualche concessione alle qualità letterarie di Saramago: «Siamo certi di trovarci dinanzi a uno scrittore meritevole, sotto l’aspetto letterario».
Un’apertura di cui non si trova traccia nelle reazioni degli ambienti cattolici all’uscita l’anno scorso del-l’«inaccettabile» (così «L’Osservatore») Caino, dove c’è la rappresentazione di un Dio crudele e vendicativo e l’Antico Testamento è dipinto come «un manuale di cattivi costumi».
Nessuna meraviglia, a questo punto, se ieri anche Fulvio Panzeri, critico letterario di Avvenire, il quotidiano della Conferenza episcopale italiana, non abbia usato mezze misure: «Saramago è stato uno scrittore notevolmente sopravvalutato, in maniera esagerata in Italia, acclamato da una decina d’anni come un classico del Novecento quando già oggi molte delle sue opere più famose risultano effettivamente datate e non certo indimenticabili». Ancora più pesante il giudizio religioso: «Quel Dio che Saramago ha voluto mettere alla berlina, incapace di comprenderlo, lo scrittore ha tentato di distruggerlo. Senza riuscirci. Le sue sono state solo parole. Spesso brutte parole, senza storia».
Per inviare al Corriere della Sera la propria opinione, cliccare sulla e-mail sottostante.