Nella sua risposta al saggio di Bruno Bauer "Die judenfrage" (la questione ebraica) Karl Marx il 13 marzo 1843 spiegò in una lunga lettera ad Arnold Ruge che il concetto e l'idea stessa di "ebreo" o di "ebraismo" null'altro erano che idee senza fondamento scientifico, nè antropologico, in voga all'interno di culture regionali piccolo-borghesi e che comunque tale nozione costituiva l'ennesima farneticazione borghese, di una classe sociale cioè che sul mito e la fantasia egocentrica aveva costruito gran parte dele sue vanità e delle sue allucinazioni ideologiche. Esiste una categoria giudaica di natura religiosa che accomuna persone che esperiscono sentimenti religiosi nei confronti di una tradizione spirituale composta di scritture ritenute sacre e di altre forme devozionali proprie di civiltà tribali. Non esiste un solo criterio scientifico, etnico, razziale, antropologico e somatico in grado di giustificare e differenziare una categoria autonoma di sufficiente razionalità da legittimare la formazione di un plesso di caratteri distintivi e fondanti una idea razionale di ebraismo.
Definire un essere umano "un ebreo" è il risultato di una volgare e popolare concezione risalente agli albori della cultura romana del basso impero che derise, boicottò e distrusse con una specifica normativa "contra iudaeos" le singolari pratiche religiose e civili di questo popolo occupato e canzonato immediatamente per la sua abitualità nella menzione di concetti e figure ideali astratte, ripugnanti la mentalità antimetafisica ed empirica del fascista romano, ignorante predatore ladro e assassino.
Il diritto romano fu infatti fonte di preziose idee alla codificazione della legislazione sulla razza fascista, tanto che nel commento alla judenreingestez nazista, Rosemberg fece vari riferimenti alla feroce normativa antisemita romana e la legislazione fascista sulla razza mutuò dalla ideologia littoria dei cives romani, diversi dai cives peregrini delle provinincie e di diritto pieno rispetto a quello ridotto dei provinciales.
L'appartenenza morale intellettuale e ideologica alla civiltà che Israele esprime nella sua vicenda sociale prescinde quindi dalla identificazione in un concetto tribale e dialettale di "ebreo" che la stessa legislazione fascista sula razza dovette poi individuare su basi meramente anagrafiche tratte dalla stessa pubblicista genalogica giudaica di Firenze, perchè non riuscì mai a proporre criteri biologici e etnici rigorosi per la discriminazione attuata quindi solo su basi morfologiche.
La proposta di Elkann, quindi, non solo è una abnormità scientifica, perchè postula una identità razziale invece inesistente e nel farlo finisce per rifarsi ad una ideologia fascista della razza che invece ogni autentica cultura razionale dovrebbe preliminarmente rifutare come il frutto di una violenza di classe e di sterminio unicamente motivata da scimmiottamenti ariani e volontà di esproprio.
Si sta dalla parte di Israele appoggiandone le battaglie militari e civili per la sopravvivenza della cultura razionale occidentale in un ambito mediterraneo ormai dominato dal'Islam; ma soprattutto si sta dalla sua parte senza che conti gran che sul punto la categoria triviale e popolare della idea di "ebreo" se si entra nell'ordine di idee che ha assicurato fino ad oggi la sopravvivenza di questo avamposto dell'occidente nel'enclave musulmano e dell'Oriente sanguinario e barbaro.
Stare dalla sua parte significa lavorare nel limite delle proprie capacità sul piano della informazione, che è l'arma più forte di cui necessita questo giovane e nobile stato per sopravvivere, senza che rilevi gran che se proviene da un "ebreo" o da un "gentile".
Stare dalla sua parte significa soprattutto sventare l'attacco micidiale che alla sua sopravivenza hanno portato le ideologie "ortodosse" come quella del rabbino Hirsch e impedire che un apparato sempre più odioso e inaccettabile di cerimonieri e odiosi parrucconi vendano ogni giorno al nemico, come hanno fatto fino ad oggi, la salvezza della terra che li sfama.
E che se dipendesse da me vieterebbe i loro ridicoli pastrani e le loro trecce infantili per le stesse ragioni per le quali va vietato il burka: perchè è dal dileggio e dalla condanna di queste usanze tribali che monta e si rafforza l'intolleranza
Vitaliano Bacchi