Stampa estera: resta l'iraniano, via l'israeliano L'articolo di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 12 giugno 2010 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Resta l'iraniano ma via l'israeliano, doppio standard alla Stampa estera»
Sul FOGLIO di oggi, 12/06/2010, a pag. 2, Giulio Meotti, in un articolo dal titolo "Resta l'iraniano ma via l'israeliano, doppio standard alla Stampa estera".
Menachem Gantz
Roma. E’ tornato al lavoro all’Associazione della Stampa estera di Roma, pur essendo agli arresti domiciliari, il giornalista iraniano Hamid Masoumi. Corrispondente della televisione di Teheran in Italia, Masoumi è sotto inchiesta della procura di Milano per spionaggio e traffico di armi dall’Italia verso la Repubblica islamica dell’Iran. Un’accusa gravissima che ha fatto tremare il mondo dei corrispondenti esteri in Italia, che si è scoperta all’improvviso terra di conquista per il Mois, il servizio segreto di Teheran. In nome del garantismo si può comprendere perché la Stampa estera, finanziata dallo stato italiano e che rappresenta i corrispondenti stranieri a Roma, abbia deciso di non avviare un procedimento nei confronti dell’iraniano pur con una simile accusa a carico. Tutti si augurano che cadano le incriminazioni contro Masoumi, anche perché sarebbe grave l’immagine di un corrispondente, accusato di spionaggio e traffico di armi verso uno stato sotto sanzioni, che durante una conferenza stampa pone delle domande a un ministro italiano. Ma quel che getta un’ombra di sospetto sul doppio standard della Stampa estera è la gestione dei casi di altri due membri iscritti alla stessa associazione. Parliamo del caso di Menachem Gantz, attualmente corrispondente a Roma del maggiore quotidiano israeliano, Yedioth Ahronoth. Lo si ricorderà protagonista di un famoso incidente diplomatico durante la visita in Italia dell’allora ministro degli Esteri iracheno, Tareq Aziz. Si era nel 2003, nei giorni immediatamente precedenti l’invasione dell’Iraq. L’allora sindaco di Roma, Walter Veltroni, annullò il previsto incontro a Villa Torlonia. Il motivo dello schiaffo capitolino? Il giornalista israeliano Gantz si era alzato durante la conferenza stampa per rivolgere una domanda al vice rais: “I missili iracheni hanno una gettata in grado di colpire Israele?”. Ma, una volta annunciata la sua provenienza, Gantz fu bloccato dallo stesso Aziz, perché non intendeva parlare a un “israeliano”. Quando Gantz, che allora lavorava per il quotidiano Maariv, scrisse alla Stampa estera di cui era socio una lettera in cui si lamentava dell’atteggiamento intollerante all’interno dell’associazione, il giornalista fu espulso. La sua “colpa” è di aver spedito una copia della lettera alla Farnesina, a suo avviso indispensabile visto che la Stampa estera è finanziata dallo stato italiano. “Tutto quello che la Stampa estera critica dell’Italia dentro all’associazione si comporta anche peggio”, dice Gantz. La Stampa estera non ha avuto con Gantz la stessa prudenza mostrata nei confronti di Masoumi. L’israeliano è stato sospeso per una lettera, mentre l’iraniano non ha subìto conseguenze nonostante l’inchiesta in corso. Poi c’è stato il caso di Ariel Dumont, corrispondente allora di France Soir. La giornalista prese una copia della famosa lettera di Gantz per affiggerla in bacheca. Sospesa dall’associazione, Dumont si rivolge al Tribunale di Roma. “Hanno rifiutato di appendere la lettera, allora io sono intervenuta perché i soci dovevano sapere”, dice Dumont, oggi corrispondente del noto settimanale francese Marianne. “Così ho rimesso la lettera in bacheca perché tutti sapessero. Ho espreso critiche pubbliche, prima mi hanno sospesa per un anno e poi, quando ho vinto la causa, mi hanno cacciata”. Nel 2007 il Tribunale di Roma ha scritto che erano stati violati i suoi diritti civili e la Costituzione italiana. “Ho rotto il muro dell’omertà. Mi hanno espulsa in via definitiva, nonostante il giudice avesse ordinato il mio reintegro. Poi vanno a dare lezioni a Berlusconi sulla libertà di stampa”. La versione del presidente della Stampa estera, Maarten van Aalderen, è la seguente: “Il giudice ha deciso di mettere Masoumi agli arresti domiciliari e che può continuare a frequentare la Stampa estera. Non me la sento di andare contro la magistratura italiana. Su Menachem Gantz, fu sospeso perché ritenevamo che non dovesse spedire la lettera alla Farnesina. Ha violato la lealtà verso i suoi soci. Non mi pento di averlo sospeso perché ha continuato a farlo. Sulla Dumont votai contro l’espulsione”. La risposta più significativa a questi casi si trova in una lettera che gli avvocati della Stampa estera hanno spedito al Tribunale di Roma in merito al caso Dumont. Si legge che “per esercitare la professione di giornalista non è affatto necessaria l’iscrizione all’Associazione della Stampa estera, né tantomeno l’utilizzo delle sue strutture (prova di ciò è che corrispondenti di prestigiose testate giornalistiche straniere – l’Economist, il Los Angeles Times, Tv Globo etc., – non sono iscritti all’associazione)”. Ma allora sorge legittima una domanda: qual è il motivo dell’esistenza di quest’associazione?
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