Ucciso in Siria un pasdaran. Che cosa significa? Analisi di Carlo Panella
Testata: Il Foglio Data: 10 giugno 2010 Pagina: 2 Autore: Carlo Panella Titolo: «Che cosa si nasconde dietro l’ennesimo omicidio di un pasdaran in Siria»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 10/06/2010, a pag. 2, l'articolo di Carlo Panella dal titolo " Che cosa si nasconde dietro l’ennesimo omicidio di un pasdaran in Siria".
Carlo Panella
Roma. Di nuovo un generale dei pasdaran iraniani assassinato, di nuovo a Damasco, di nuovo mistero. Il 16 maggio scorso, nel corso di un apparente tentativo di rapina nel quartiere di Mezzeh, nella zona più lussuosa della capitale siriana, è stato ucciso Khalil Sultan al Abed, ex generale dei pasdaran ed ex dirigente della Forza al Quds, addetta alle operazioni all’estero. A conferma della natura politica dell’omicidio è il fatto che i “rapinatori” non hanno toccato né denaro né oggetti preziosi, ma che, ucciso l’ex generale, hanno portato con sé soltanto il suo computer e alcuni documenti. Come sempre, le autorità di Damasco hanno steso una coltre di silenzio sull’omicidio, non hanno neanche annunciato ufficialmente la morte di Sultan al Abed e la notizia è trapelata soltanto il 7 giugno sul Figaro, che cita fonti iraniane. Quello che è certo è che al Abed (che aveva lasciato i pasdaran e gestiva un’attività commerciale di copertura quale titolare della società Khodro, che produce automobili Sham su licenza della Peugeot) è il terzo generale collegato alle “missioni estere” dei pasdaran – e alla fornitura di armi e missili dall’Iran a Hezbollah – a essere ucciso in Siria negli ultimi due anni. Il 12 febbraio del 2008 è stato ucciso in un attentato nella capitale siriana Imad Mughniyeh, massimo responsabile delle “operazioni estere” dei pasdaran, organizzatore di molti attentati, e “interfaccia” operativa tra i pasdaran iraniani e Hezbollah libanese. Pochi mesi dopo, il 3 agosto del 2008, un cecchino a bordo di una imbarcazione ha ucciso nella sua villa al mare di Tartous il generale siriano Mohammed Suleiman, braccio destro militare e consigliere del presidente Bashar el Assad, che secondo il Sunday Times aveva fatto pervenire a Hezbollah i sofisticati missili SA-8 in grado di minacciare la superiorità aerea di Israele. A questi assassinii va poi aggiunto, sempre nel 2008, sempre a Damasco, il 16 settembre, quello di Hisham al Badni, assistente personale di Khaled Meshaal, leader di Hamas, suo consulente militare. Per non dimenticare il misterioso “suicidio- omicidio” di Ghazi Kanaan, ex ministro dell’Interno siriano ed ex “governatore militare” del Libano, trovato morto nel suo ufficio di Damasco il 12 ottobre 2005. Dunque cinque omicidi di alti gerarchi militari in Siria, cinque “omicidi impossibili” in un paese ferocemente controllato dalla dittatura a cui va aggiunto – mistero nel mistero – l’arresto, il 4 aprile 2008, nel pieno della “notte dei lunghi coltelli siriana”, di Assef Shawqat, cognato di Bashar el Assad (marito di sua sorella Bushna), massimo responsabile dei servizi segreti. Fonti di intelligence tedesca sostengono che l’accusa nei confronti di Shawqat – ritenuta valida da Assad – è stata quella di essere stato complice nell’assassinio dell’iraniano Mughniyeh e che la ragione di questa sua complicità andrebbe ricercata nel fatto che il capo dei pasdaran iraniani in Siria lo avrebbe sospettato di “intelligenza col nemico” (addirittura con la Cia) e lo avrebbe denunciato a Palazzo. Certo è che questo arresto (di Shawqat non si è mai più saputo nulla) è coinciso con un repulisti nei servizi siriani con l’arresto di almeno cento agenti segreti alle sue dipendenze. La totale impermeabilità del regime siriano – che accusa sempre Israele e il Mossad di questi fatti di sangue, ma senza alcuna verosimiglianza – rende difficile un’analisi approfondita delle dinamiche che determinano la lunga catena di uccisioni. C’è spazio solo per ipotesi, non ultima quella che fa risalire quest’omicidio di Sultan al Abed ai rapporti di amicizia che lo hanno legato in passato al generale dei pasdaran Ali Reza Ashgari, che scomparve nel febbraio del 2007 in Turchia per passare a collaborare con gli Stati Uniti, ai cui vertici militari ha fornito preziosissime informazioni sui progetti missilistici e nucleari iraniani. Non convince molto però la tesi di una “punizione” di Abed a causa di questa defezione, sia perché troppo ritardata, sia perché erano fortissimi e vivi sino a pochi mesi fa i suoi rapporti di amicizia e di lavoro comune con il generale Ghassem Soleimani, attuale comandante delle Brigate al Quds e responsabile in particolare dei loro “interventi” in Iraq, con cui avrebbe addirittura collaborato per la fornitura di Scud ad Hezbollah. L’unico elemento chiaro è che queste morti sospette di alti ufficiali iraniani e siriani a Damasco è indice di un lungo “regolamento di conti” che non risponde soltanto a dinamiche interne al regime di Assad, ma che sicuramente coinvolge anche una sotterranea lotta tra fazioni a Teheran.
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