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Corriere della Sera Rassegna Stampa
09.06.2010 Una lezione di fantastoria sulla nascita di Israele
in cattedra il cattivo maestro Sergio Romano

Testata: Corriere della Sera
Data: 09 giugno 2010
Pagina: 41
Autore: Sergio Romano
Titolo: «Alle origini di Israele cause dell'ostilità araba»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, a pag. 41, la risposta di Sergio Romano ad un lettore dal titolo " Alle origini di Israele cause dell'ostilità araba".

Romano descrive con queste parole la nascita di Israele : "Ma ecco che in quello stesso momento apparve nella regione uno Stato nuovo, costruito per ospitare una popolazione che era stata ferocemente perseguitata e cercava una nuova casa. Gli arabi non erano responsabili di quelle persecuzioni e non capirono perché una loro provincia, musulmana da più di mille anni, dovesse servire ai loro vecchi colonizzatori per riparare danni e cancellare peccati che erano stati commessi in Europa. ". Sostenere che i musulmani non avessero nulla a che vedere con le persecuzioni degli ebrei in generale e con la Shoah in particolare è disonesto. I legami fra Hitler e il Gran Muftì di Gerusalemme sono noti al mondo intero. I due avevo in comune l'antisemitismo e il desiderio di sterminare tutti gli ebrei e hanno collaborato per raggiungere il loro scopo. Persino in Palestina, se Hitler non fosse stato fermato a El Alamein.
Il sionismo non ha niente a che vedere con la Shoah, specie per il fatto che è nato anni prima. Israele non è nato come risarcimento dell'Europa agli ebrei.
Facciamo notare a Romano che ama la storia e i numeri che, seguendo il suo ragionamento sul fatto che la zona fosse stata musulmana per un millennio, si può specificare senza essere in errore che, prima che araba, la Palestina è stata una provincia romana. Non per questo l'Italia accampa pretese sul territorio. Ricordiamo, inoltre, che nella regione gli ebrei sono presenti da prima ancora dei romani. Infatti Gerusalemme è stata fondata dagli ebrei, non dai musulmani nè dai romani.
Ma ciò che conta è che oggi esiste lo Stato ebraico. Avrebbe potuto esserci anche uno Stato palestinese, ma gli arabi l'hanno rifiutato.
Ecco lettera e risposta di Sergio Romano:


Sergio Romano

Come può definire Israele «corpo estraneo»? Lei non ha nemmeno detto di ritenere che sia così, ma si è espresso come se questo fosse un dato di fatto. Lei crede che sia necessaria, per l’esistenza di uno Stato, la sua omogeneità con i Paesi vicini? Ritiene davvero che sia possibile disgiungere le riflessioni storiche e politiche da quelle di carattere etnico-religioso? Perché chiama queste ultime «teoremi», con una intenzione chiaramente di scarsissima valutazione? Anche i teoremi hanno molto spesso una valida e circostanziata spiegazione ed è questo il caso.

Miranda Azzolini
daniela4932@gmail.com
  

Cara Signora,

Potrei risponderle che anche il Regno d’Italia, quando fece la sua apparizione sulla scena europea nel 1861, era un «corpo estraneo». Per molti governi e, probabilmente, per la grande maggioranza delle classi dirigenti europee, l’Italia era una «espressione geografica», secondo il detto famoso del principe di Metternich, o un mosaico di popoli che avevano legami culturali ma tradizioni, storie e lealtà politiche alquanto diverse. Non bastava quindi proclamare l’esistenza di uno Stato nuovo. Occorreva ottenere, con una politica accorta, che questa nuova realtà venisse accettata e riconosciuta: un processo che spinse l’Italia, per meglio raggiungere lo scopo, a concludere un patto di alleanza con l’impero asburgico, vale a dire con il suo più fiero nemico.

Nel caso di Israele questo necessario passaggio è stato reso particolarmente difficile dalla storia politica della regione. Nel 1914, allo scoppio della Grande guerra, non esisteva alcuno Stato arabo che potesse considerarsi indipendente. Quelli della costa africana che avevano avuto una dimensione statuale erano protettorati o colonie di potenze europee. Qualche anno più tardi, dopo la divisione delle spoglie dell’Impero ottomano, la Gran Bretagna e la Francia crearono due regni (Transgiordania e Iraq) e due repubbliche (Siria e Libano). Ma trattarono queste nuove entità alla stregua di Stati vassalli; e la Gran Bretagna, dal canto suo, conservò per sé il pieno controllo della Palestina, vale a dire di una provincia che nella geografia politica dell’Impero ottomano aveva fatto parte della Grande Siria. La sovranità nazionale, per i Paesi della regione, venne alla fine della Seconda guerra mondiale, quando Gran Bretagna e Francia dovettero rinunciare gradualmente, anche se controvoglia, ai loro possedimenti e protettorati. Nel mondo arabo quel momento fu salutato come l’inizio di una nuova storia.

Ma ecco che in quello stesso momento apparve nella regione uno Stato nuovo, costruito per ospitare una popolazione che era stata ferocemente perseguitata e cercava una nuova casa. Gli arabi non erano responsabili di quelle persecuzioni e non capirono perché una loro provincia, musulmana da più di mille anni, dovesse servire ai loro vecchi colonizzatori per riparare danni e cancellare peccati che erano stati commessi in Europa. Non è sorprendente quindi che la nascita di Israele sia stata percepita dai suoi vicini, agli inizi, come una forma indiretta di colonialismo europeo. Un’osservazione infine sul ruolo della religione nella storia degli Stati e dei popoli. Non ne ho mai sottovalutato l’importanza. Mi limito a osservare che il ricorso alla religione per spiegare il comportamento dei popoli può servire a chi cerca di comprendere questi fenomeni con il distacco e la neutralità dello studioso. Nei dibattiti politici, invece, il rischio è quello di una contrapposizione fra verità assolute in cui il cattivo e l’errore, beninteso, sono sempre, per ciascuno dei contendenti, dall’altra parte. Preferisco credere che fra le persone di buona volontà e di buon senso la convivenza sia possibile.

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