Cristiani in Turchia: perseguitati e assassinati. Ma il vaticano non lo dice Cronaca di Giulio Meotti
Testata: Il Foglio Data: 08 giugno 2010 Pagina: 2 Autore: Giulio Meotti Titolo: «Erdogan fa il tollerante,ma nella sua Turchia i cristiani respirano odio»
Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 08/06/2010, a pag. 2, l'articolo di Giulio Meotti dal titolo " Erdogan fa il tollerante,ma nella sua Turchia i cristiani respirano odio ".
Giulio Meotti
Roma. Monsignor Luigi Padovese potrebbe essere stato ucciso nell’ambito di un omicidio rituale islamico. Lo ha rivelato AsiaNews, agenzia del Pontificio Istituto Missioni Estere, secondo la quale l’assassino prima di decapitare l’alto prelato ha gridato: “Ho ammazzato il grande satana! Allah Akbar!”. La persecuzione dei cristiani in Turchia avviene non solo nelle campagne ma un po’ ovunque, sotto gli occhi delle autorità, in un clima di tacita, quando non esibita, indifferenza da parte dello stato e della società così detta laica. A far da cornice: i talk show oltraggiosi verso i cristiani, in cui si mostra “come il cristianesimo e l’ebraismo cercano di distruggere la religione islamica”, i libri di scuola dove si insegna che il Vangelo cristiano è stato “falsificato”, le chiese chiuse d’ufficio o soffocate “naturalmente” dagli altoparlanti dei muezzin, i sacerdoti che non possono uscire per strada con l’abito talare o con i segni esteriori (la croce al collo sopra gli abiti) della loro fede. L’Europa vive al riparo di un diffuso pregiudizio positivo nei confronti del kemalismo, lo crede ancora capace di arginare l’islamismo politico. Ma sotto il governo Erdogan, agli effetti più dannosi della laicità coatta turca sulla libertà religiosa, si è associato l’anticristianesimo come cultura islamista dominante. Ne è diventata una paladina persino la moglie dell’ex premier socialista Bulent Ecevit, che ha lanciato un proclama tv contro la crisi identitaria dell’islam causata dalla penetrazione cristiana. E’ aumentata, specie in provincia, la discriminazione spicciola che rende difficile trovare lavoro, casa, documenti. Nella Turchia che si dice “tollerante” il proselitismo cristiano è proibito. L’articolo 163 del codice penale punisce ancora severamente “l’evangelizzazione”. La conversione di un musulmano al cristianesimo non è un crimine, a patto che sia “spontanea”. Tuttavia, i gruppi evangelici si espongono agli attacchi islamisti, come è successo a Malatya nel 2007, dove tre impiegati di una casa editrice cristiana sono stati torturati e assassinati. Nella Turchia di Erdogan sono sempre più frequenti manifesti pubblicitari che ritraggono i cristiani come serpenti che indossano croci, mentre numerosi pastori protestanti sono oggetto di uno speciale programma di protezione della polizia. Lo stesso vale per Radio Shema, una stazione radio cristiana di Ankara. Un film che ha sbancato nei cinema turchi, “La Valle dei Lupi”, mostra cristiani che massacrano bambini musulmani in Iraq. Come ha evidenziato un rapporto dell’Associazione dei diritti umani senza frontiere, in Turchia i cristiani sono in via di estinzione. Nel 1880 rappresentavano il trenta per cento della popolazione (cioè quattro milioni di individui). Attualmente sono appena centoventimila su settanta milioni di abitanti, ossia lo 0,2 per cento dell’intera popolazione turca (ci sono più cristiani in Iran). Per i non musulmani in generale, e per i cristiani in particolare, l’accesso alle istituzioni statali è ancora impossibile pur non essendo vietato dalla legge. Cristiani vengono spesso eliminati dalle scuole militari. Per dare un’idea del clima che regna in Turchia al di là delle ostentazioni di facciata di Erdogan, a Diyarbakir le autorità hanno messo sotto processo il pastore Ahmet Güvener per “proselitismo”. E per giustificare la repressione delle “attività” cristiane il ministro degli Affari religiosi, Mehmet Aydin, ha detto che “le attività missionarie minacciano l’armonia sociale tra turchi”. La mentalità visceralmente anticristiana che ha guidato il genocidio dei cristiani armeni e assiro-caldei all’inizio del XX secolo non è mai stata sottoposta ad alcuna autocritica. Come ha spiegato Joseph Alichoran, uno dei massimi specialisti di storia dei cristiani d’oriente, “la maggior parte dei cristiani di Turchia ha subìto un genocidio tra il 1896 e il 1923, e tra quelli che non sono morti la maggioranza ha scelto l’esilio piuttosto che restare in un paese negazionista”. Per questo i cristiani turchi sono oggi come dei sopravvissuti. Li chiamano anche “i centomila nemici della nazione”.
Per inviare la propria opinione al Foglio, cliccare sull'e-mail sottostante