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Ugo Volli
Cartoline
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Due omicidi e la giustizia più giusta che c'è 04/06/2010

Cartoline da Eurabia, di Ugo Volli

" Due omicidi e la giustizia più giusta che c'è "


Suzanne Tamim        Rafik al-Hariri

Devo ammetterlo, noi sionisti che facciamo strage sulle innocue navi dei pacifisti nutriamo anche la pessima tendenza a sottovalutare la giustizia islamica, o a vederla in maniera unilaterale come crudele e sanguinosa. Uno ruba e zac! gli tagliano la mano; si fa una scappatella sentimentale e subito lo seppelliscono nella sabbia e lo prendono come bersaglio in un tiro al bersaglio con le pietre fino a che morte ne segua; una ragazza fa vedere la faccia a uno sconosciuto e la sfregiano con l'acido... il marito ha diritto di picchiare la moglie a piacimento, i nemici si sgozzano come agnelli alla fine del ramadan... insomma sangue e dolore dappertutto.

E invece non è così, devo ammetterlo, anche se sono ammiratore dei pirati stragisti. Vi racconto una storia che mostra l'altra faccia, quella buona, della giustizia islamica che presto, tutti lo speriamo, regnerà anche in Eurabia. Sapete l'omicidio di Dubai?
No, non QUELL'omicidio, voglio dire, non l'esecuzione del terrorista (lasciatelo dire a un aspirante devastatore di flottiglie: esecuzione sacrosanta).
Intendo l'altro omicidio, quello del 2008... quello della cantante libanese Suzanne Tamim, trovata morta nel suo appartamento di Dubai... purtroppo immersa nel suo sangue, tutta macellata da venti coltellate...  Fu un caso che finì sulla stampa anche da noi, ma nel Medio Oriente fu la telenovela gialla più famosa dell'anno, perché la povera Tamin era una popstar notissima in tutto il mondo arabo. Dovete sapere che dopo indagini non troppo difficili, i colpevoli erano stati individuati nelle persone dell'uomo d'affari egiziano Hisham Talaat Mustafa (il mandante) e dell'ufficiale di polizia Mohsen el-Sukkariti (l'esecutore). La trentenne popstar era stata, a quanto pare, l'amante del primo, uomo ricco e potente, e addirittura membro del Partito nazionale democratico di Mubarak. Lui però se n'era stufato o aveva dei problemi con lei e aveva dato 2 milioni di dollari al poliziotto per farla fuori. Generoso, non vi pare? Proprio una bella cifra... Le prove erano abbastanza convincenti per far sì che anche in un posto come l'Egitto, dove i potenti soino ben tutelati, i due assassini fossero condannati a morte per impiccagione.
Sapete cos'è successo adesso? Che la famiglia della cantante ha annunciato di aver rinunciato a tutte le accuse. In una nota, firmata chissà perché dai ministri della giustizia e degli esteri libanesi, la famiglia ha annunciato di non voler più che Hisham Talaat Mustafa e Mohsen el-Sukkariti siano perseguiti "dopo aver ricevuto rassicurazioni sull'innocenza dei due accusati". Capite, "hanno ricevuto rassicurazioni" (o forse soldi, molti soldi, o forse pressioni politiche, molte pressioni politiche) e si sono tranquillizzati, e così il processo non si fa più. (http://www.corriere.it/esteri/10_maggio_29/popsta-libanese-tamim_8d28878e-6afc-11df-9ae5-00144f02aabe.shtml). Non è meraviglioso? Non è il segno di una giustizia veramente giusta?

 A proposito, forse questo vi ricorda il processo per l'omicidio del primo ministro libanese  Rafīq al-Harīrī , fatto saltare in aria il 14 febbraio 2005 a quanto pare da Hizbullah su mandato dei siriani, perché gli dava fastidio e questo è il metodo consueto di risolvere i conflitti politici nel fortunato e democraticissimo paese dei cedri. Nel frattempo per una serie di circostanze che non vi racconto è andato al potere suo figlio Saad Hariri, che presiede un governo con forte presenza di Hizbullah, che si è riconciliato con la Siria. Di recente il giovanotto, forse per salvare almeno la pelle sua, ha rinunciato a ogni volontà di aprire all'Occidente il suo paese anche a parlare personalmente, a stringere la mano e magari anche a baciare l'anello al probabile mandante dell'assassinio di suo padre, il presidente siriano Assad. E' interessante leggere a proposito il commento del suo interlocutore, il grande Assad, amico di Erdogan e Ahmadinedjad, ma non meno di Sarkozy, corteggiato dagli americani. C'è un certo apprezzabile humour noir nelle parole raccolte in un'intervista a tappetino che gli hanno fatto Bonanni e Van Buren su Repubblica(http://www.repubblica.it/esteri/2010/05/24/news/assad_24_maggio-4290367/):
"Presidente, ha ricevuto il premier libanese Sa'ad al-Hariri. Avete parlato a quattr'occhi dell'omicidio del padre, l'ex premier Rafiq al-Hariri, di cui voi siete accusati? "Io sono una persona franca. Gli ho detto: "sii sincero con me. Se credi che lo abbiamo ucciso noi, o che siamo coinvolti, devi dirmelo"". E lui? "Era in visita come primo ministro; in quella veste ufficiale, non può esprimere un giudizio privato. Diventa affare di Stato. Deve aspettare le prove del Tribunale". "
Un tribunale che naturalmente non si riunirà mai. Ci vuole molta faccia tosta per fare la domanda di Assad, ma non di meno a rispondere come ha fatto Hariri. Si segnalano certi movimenti tellurici nel cimitero di Beirut dove giace il padre, come se qualcuno si rivoltasse sottoterra. Possiamo immaginare che ad Hariri senior il teatrino abbia dato fastidio. E però, come per Tamin, quel che conta è chiudere. Sopire e sedare. Non è bella la giustizia islamica che in questo eccelle? Molto superiore alle nostra volgari procedure formali e incuranti di sentimenti, vesti e rassicurazioni? La giustizia più giusta che c'è

Ugo Volli


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