Si farà mai una indagine per conoscere chi sono quelli che tutto il mondo, o quasi, si è bevuto la bufala chiamandoli " pacifisti" ? Dei 6 italiani si sa chi sono, appartengono a organizzazioni legate più ad Hamas che non al popolo palestinese, non a caso il loro interesse è quasi esclusivamente rivolto a Gaza. Ma anche fra gli altri "croceristi" c'era un bel po' di odiatori, visto che sono stati tutti identificati, sarebbe bene essere informati sulle loro attività, italiani compresi.
Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 02/06/2010, l'articolo di Erika Dellacasa su questa associazione "benefica" genovese, ben nota all'antiterrorismo, qualifica non sufficiente nel nostro paese nemmeno per essere indagati. Speriamo sia la volta buona, visto che "beneficato" i croceristi con la somma di centomila euro.
Ecco l'articolo, dal titolo " L'associazione sospettata di aiutare i kamikaze "recluta" i pacifisti":
«Gli italiani a bordo della Freedom Flotilla sono i nostri inviati e i nostri testimoni»: così afferma Mohamed Hannoun, presidente dell'Associazione benefica per la solidarietà al popolo palestinese, un'associazione con sede a Genova Bolzaneto al centro di una lunga indagine della Procura. Proprio in questi giorni il gip ha accolto la richiesta del sostituto procuratore Francesca Nanni e ha archiviato le accuse contro Hannoun e un suo collaboratore, entrambi indagati per associazione con finalità di terrorismo.
Morte Vittime israeliane di un attentato suicida palestinese
L'accusa era quella di aver finanziato i «martiri» palestinesi, i kamikaze, sostenendo economicamente le loro famiglie. «Fra i nostri assistiti ci sono anche figli di kamikaze — ha detto Hannoun ai magistrati— ma questo non è certo un reato. Sono bambini, sono orfani, hanno bisogno di aiuto, come gli altri». E Hannoun ha prodotto in Procura elenchi dettagliati di tutte le famiglie aiutate dall'Associazione pro-Palestina, che ha forti contatti internazionali e raccoglie fondi non solo in Italia.
Per quasi due anni il magistrato genovese ha tentato di trovare un nesso con valore di prova tra gli aiuti in denaro inviati alle famiglie in Palestina e le azioni di terrorismo, in particolare quelle ad opera di kamikaze, ma non è arrivato ad avere elementi tali da sostenere l'accusa. Impossibile provare che gli aiuti economici fossero stati concordati «prima» delle azioni di terrorismo.
Una richiesta di sequestro dei conti correnti di Hannoun è stata respinta dal gip. Le indagini si sono trovate a un punto morto.
Le autorità israeliane hanno collaborato con la Procura di Genova e hanno inviato atti giudiziari compiuti in Israele secondo i quali l'associazione di Hannoun avrebbe avuto contatti ritenuti pericolosi, ma questi atti — scrive il pm nella sua richiesta di archiviazione— non sono utilizzabili in Italia per una serie di vizi, non ultimo quello che alcuni interrogatori di persone arrestate sono stati condotti dalla polizia israeliana senza la presenza di un difensore.
Hannoun ha sempre respinto le accuse: «La nostra associazione — dice ora — ha mandato questi cinque italiani nella Striscia di Gaza affinché possano testimoniare che i fondi che raccogliamo sono destinati a soccorrere le popolazioni stremate dal blocco. Questo facciamo, sosteniamo il popolo palestinese, con aiuti umanitari e non abbiamo mai avuto rapporti con il terrorismo, i nostri soldi non sono mai finiti altro che in opere benefiche, sostegno alle famiglie, istruzione per i bambini, medicine».
E Hannoun chiede con forza che i cinque «inviati» dell' Associazione pro-Palestina che, per poter partecipare a questa operazione ha raccolto centomila dollari, siano presto liberati: «So che Angela Lano è in isolamento— dice— e siamo molto preoccupati per le sue condizioni. Mi appello al governo italiano perché sia subito liberata insieme agli altri nostri inviati».
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