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Libero Rassegna Stampa
02.06.2010 Onu: condanna Israele ma tace su quasi tutti gli altri stati
La cronaca di Andrea Morigi

Testata: Libero
Data: 02 giugno 2010
Pagina: 19
Autore: Andrea Morigi
Titolo: «L'Onu condanna Israele ma ha taciuto su Egitto e Thailandia»

E l'Onu ? Già David Ben Gurion l'aveva giudicato " Um Schmum", come dire alla larga, ed erano più o meno 50 anni fa, chissà che ne penserebbe oggi.
Ma chi avrà mai il coraggio di riformare quel pachiderma in mano ad una maggioranza di stati-dittatura ? Per intanto vediamo quello che è avvenuto nel palazzo di vetro su Gaza nella cronaca di Andrea Morigi, su LIBERO di oggi, 02/06/2010, a pag.19, dal titolo " L'Onu condanna Israele ma ha taciuto su Egitto e Thailandia ".

La credibilità e l’impar - zialità delle Nazioni Unite sono messe a dura prova dopo la condanna degli atti che hanno condotto alla morte di civili durante l’operazione militare israeliana di ieri contro le sei imbarcazioni dirette a Gaza con aiuti umanitari, chiedendo l’apertura di indagini imparziali. In una nota formale adottata dopo oltre 10 ore di negoziazioni serrate e alcune schermaglie fra Turchia e Stati Uniti, ieri il Consiglio di Sicurezza ha richiesto anche il rilascio immediato delle navi e dei civili trattenuti da Israele. Gerusalemme definisce «ipocrita» la condanna del Consiglio di sicurezza. Non si è ancora spenta l’eco del rapporto Goldstone, commissionato da Palazzo di Vetro nei mesi scorsi sull’operazione Piombo Fuso. L’offensiva scatenata sulla Stiscia di Gaza fra il dicembre 2008 e il gennaio 2009, con un bilancio finale di circa 1400 palestinesi uccisi, si era trasformata in una pubblica requisitoria nei confronti dello Stato ebraico. Di fronte al nuovo tentativo d’isolamento, il ministro degli Esteri israeliano, il falco Avigdor Lieberman reagisce in un colloquio telefonico con segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, bollato il testo approvato a New York come «ipocrita» e «inaccettabile ». Per il portavoce del ministero degli Esteri israeliano, Yigal Palmor, la dichiarazione è stata «precipitosa e non ha lasciato un tempo di riflessione per considerare tutti i fatti». Ormai, nei confronti dello Stato ebraico, scattano logiche di «un riflesso condizionato basato unicamente su certe immagini televisive e su una certa dose di ipocrisia, non sulla conoscenza dei fatti». Palmor ha anche spiegato che finora è stato difficile dare un nome ai nove morti nel blitz israeliano sulle navi perché gli altri attivisti si rifiutano di identificarli. Nulla di tutto questo era accaduto per altre tragedie recenti, che hanno coinvolto un numero ben più alto di vittime. L’alto commissario dell’Onu per i diritti dell’uo - mo, Navi Pillay, ha atteso il 31 maggio per chiedere l’apertu - ra di un’inchiesta indipendente sulle violenze in Thailandia in modo da appurare le eventuali violazioni del diritto internazionale. «Per favorire la riconciliazione politica, esorto il governo a provvedere a un’inchiesta indipendente sugli avvenimenti recenti, affinché i responsabili delle violazioni dei diritti dell’uomo rendano conto dei loro atti», ha dichiarato Pillay al Consiglio dei diritti dell’uo - mo. Almeno 88 persone erano morte durante la repressione delle manifestazioni anti-governative della camicie rosse a Bangkok e al bilancio si aggiungono circa 1.900 feriti. Ma di urgenza non si parla. Allo stesso modo, sul “mu - ro d’acciaio” che gli egiziani stanno costruendo ai confini con la Striscia di Gaza, al Palazzo di Vetro non s’alza nemmeno un sopracciglio. Visto che è lì sul posto, si pronuncia Richard Falk, inviato speciale Onu per i diritti umani nei Territori palestinesi: si dice «irritato». Tutto lì. Non basterà certo a ostacolare la costruzione di 11-12 chilometri di barriera metallica, alla profondità di 20-30 metri, che devono bloccare tutte le gallerie entro il 2012. Nel frattempo, le autorità del Cairo spruzzano veleno e lanciano esplosivi nei 1.200 tunnel che attraversano il confine fra la Rafah egiziana e la Striscia di Gaza. A gennaio ne sono morti quattro, asfissiati come i topi nel crollo di un corridoio sotterraneo. L’Onu tace sulla tragedia e, stranamente, prova a fare concorrenza ai palestinesi. La sua agenzia per i rifugiati nel Vicino Oriente, l’Unrwa prova a costruire un campo estivo per bambini a Sheikh Ajlin, nella parte occidentale della Striscia di Gaza. Ma Hamas ritiene che si tratti di una sfida: non ha senso l’educa - zione dei giovani se non mira a farne dei kamikaze. Perciò la notte del 23 maggio va a fuoco tutto: serbatoi per l’ac - qua, uffici, attrezzature e giochi. Perché il direttore locale dell’Unrwa, John Ging, desista, gli indirizzano una lettera in cui lo minacciano di morte, con quattro proiettili allegati. E un volantino, sul luogo, avverte l’agenzia dell’Onu di non continuare nelle sue aberranti attività che «danneggiano il morale dei bambini ». Erano soltanto aiuti umanitari, ma la solidarietà non è apprezzata.

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