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La Stampa Rassegna Stampa
01.06.2010 Netanyahu-Obama: dialogo rinviato
Cronaca di Maurizio Molinari

Testata: La Stampa
Data: 01 giugno 2010
Pagina: 4
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Imbarazzo in America, Netanyahu torna a casa»

Riportiamo dalla STAMPA di oggi, 01/06/2010, a pag. 4, l'articolo di Maurizio Molinari dal titolo " Imbarazzo in America, Netanyahu torna a casa ".


Benyamin Netanyahu

Barack Obama reagisce con grande cautela all’incidente avvenuto davanti alle coste di Gaza perché teme che possa innescare una crisi capace di far fallire gli sforzi americani in atto per accelerare il negoziato diretto fra Israele e palestinesi. Il presidente è stato informato di quanto era avvenuto nel primo mattino di ieri, durante il briefing dell’intelligence ricevuto nella propria casa di Chicago, dove sta trascorrendo in famiglia il lungo week end del Memorial Day. Poco dopo il portavoce Bill Burton ha diffuso un comunicato di tre righe nel quale si esprime «profondo rincrescimento per la perdita di vite e per i feriti» e si conclude: «Stiamo lavorando per capire le circostanze della tragedia». Poco dopo Obama ha parlato al telefono con il premier israeliano, Benjamin Netanyahu, che gli ha comunicato il rinvio del previsto incontro di oggi alla Casa Bianca. Obama ha espresso «comprensione» per tale decisione, rinviando l’incontro alle «prima occasione possibile» e tornando a sottolineare l’«importanza di conoscere tutti i fatti e le circostanze il più presto possibile». Per tutta la giornata la Casa Bianca ha volutamente evitato di adoperare termini come «pacifisti», «Hamas », «palestinesi», «israeliani » e «Gaza» al fine di non avvalorare alcuna lettura degli eventi. Tocca ora al consigliere per la sicurezza nazionale Jim Jones e al capo della Cia Leon Panetta accertare come sono andati i fatti. Ovvero dove sta la verità fra la versione dei pacifisti pro-Hamas sulla «strage compiuta da Israele» e quella del governo di Gerusalemme sulla «imboscata contro i nostri soldati». La cautela di Obama ha tre spiegazioni convergenti. Innanzitutto il fatto che il tentativo della flottiglia pro- Hamas di rompere il blocco di Gaza è avvenuto con una scelta di tempo tesa a riproporre l’attenzione sulla Striscia nel momento in cui la Casa Bianca si preparava a incontrare nell’arco di otto giorni Netanyahu e il presidente dell’Autorità palestinese Abu Mazen, puntando a inaugurare negoziati diretti dopo l’estate. Ciò che la Casa Bianca vuole appurare è se questo sia stato un tentativo di Hamas di sabotare gli sforzi diplomatici americani in corso. Nelle ultime settimane Obama aveva lavorato molto, dietro le quinte, per ricucire i rapporti con Netanyahu con una raffica di eventi e messaggi destinati a rinsaldare un legame di alleanza vitale per il successo del negoziato. Ora però tutto potrebbe tornare in bilico. In secondo luogo c’è il dubbio di Washington sul fatto che una delle ong turche più impegnate a condurre la flottiglia verso le acque della Striscia di Gaza è il Fondo di soccorso umanitario (Ihh), che a metà degli Anni 90 la Cia sospettava di diffondere il fondamentalismo islamico nei Balcani e dopo gli attacchi dell’ 11 settembre 2001 ha incluso della lista nera di 15 organizzazioni accusate di «facilitare le attività di gruppi terroristici islamici». Infine, a spingere Obama alla prudenza è il ruolo dell’alleata Turchia nell’intera vicenda, perché il governo di Recep Tayyip Erdogan prima ha sostenuto indirettamente la partenza della flottiglia, poi ha reagito agli scontri ritirando l’ambasciatore da Tel Aviv e sospendendo tre esercitazioni militari programmate con Israele, sommando gesti che confermano i timori di uno slittamento di Ankara verso l’asse Damasco- Teheran già emersi in occasione della mediazione turcobrasiliana sul nucleare di Teheran. Come se non bastasse, proprio Ankara ha preso l’iniziativa di chiedere al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di riunirsi in serata per votare la condanna di Israele in tempi stretti, puntando a mettere in difficoltà Obama, che dovrà scegliere se opporsi, irritando i partner arabi, oppure dare luce verde, irritando l’alleato israeliano. Che l’atmosfera al Palazzo di Vetro sia tesa lo conferma il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, che si dice «sconvolto per l’uccisione di persone che portavano aiuti umanitari a Gaza» e giudica «molto negativo» il fatto che l’assalto dei militari israeliani sia avvenuto in «acque internazionali»: la particolare violazione che potrebbe far scaturire la condanna da parte del Consiglio di Sicurezza.

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