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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
01.06.2010 Anche Mons. Capucci sulle navi 'pacifiste'
Saltato l'accordo con Israele. Il Vaticano non può più tacere

Testata: Corriere della Sera
Data: 01 giugno 2010
Pagina: 5
Autore: Lorenzo Cremonesi
Titolo: «L’alleanza tra i pacifisti e i volontari islamici»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 01/06/2010, a pag. 5, l'articolo di Lorenzo Cremonesi dal titolo "L’alleanza tra i pacifisti e i volontari islamici ".

Che cosa ne pensa la Santa Sede della presenza di Mons. Capucci su una delle navi della flotilla? Il Vaticano è responsabile delle azioni di Mons. Capucci, dal momento che contravvengono gli accordi presi per ottenere il suo rilascio dalla prigione in Israele per contrabbando di armi, come scrive  Cremonesi nell'articolo che segue.


Mons. Capucci

TEL AVIV — C’è l’86enne Edith Epstein, orfana di genitori scomparsi nell’Olocausto che da un trentennio si batte per la difesa dei diritti umani nel mondo. E con lei scrittori più o meno noti, studenti fuori corso, sessantottini ormai attempati ma alla ricerca di nuove cause, oltre a intellettuali israeliani disillusi, medici che lavorano nelle organizzazioni umanitarie internazionali. Ma al loro fianco trovi anche il nome di Hilarion Capucci. Come minimo un personaggio discusso.

Ora che ha 88 anni, la lunga barba bianca e il volto segnato dal tempo, quasi è facile dimenticare che nel 1974, poco dopo essere stato nominato massimo vescovo della Chiesa melkita (legata al rito latino) a Gerusalemme, Capucci venne catturato dalle truppe israeliane sul ponte di Allenby mentre stava trasportando sulla sua Mercedes armi e bombe per gli attivisti dell’Olp. L’accusa era gravissima: da vescovo approfittava dell’immunità religioso-diplomatica per aiutare la lotta armata. Fu condannato a 12 anni di carcere. Tre anni dopo intervenne la Santa Sede che ne ottenne la liberazione e l’estradizione a Roma, ma con la promessa che non avrebbe mai più dovuto occuparsi di Medio Oriente e men che meno di questione palestinese. Parole al vento. Solo pochi mesi dopo Capucci tornava sulle barricate. «Questa è la mia missione», ha sempre ripetuto, spesso da Damasco. Così anche nel 2009, quando cercò di salire sulle navi del «Free Gaza Movement» per arrivare nella striscia della disperazione.

Sognatori e attivisti, pacifisti, assieme a militanti pronti, se è il caso, a usare anche le bombe. Scorri l’elenco dei nomi dei circa 700 passeggeri e leggi quello del giallista svedese Henning Mankell o del politologo israeliano Jeff Halper, già arrestato dal suo Paese per avere partecipato al viaggio del 2008. Quello della giornalista britannica Lauren Booth, cognata di Tony Blair. Oltre a quello prestigioso della nordirlandese laureata al Nobel per la pace nel 1976 Mairead Corrigan. Tra le organizzazioni trovi la Turkish Humanitarian Relief Foundation, attiva dal 1995, messa fuori legge in Israele con il sospetto di finanziare Hamas contro il governo palestinese in Cisgiordania di Abu Mazen e Salam Fayyad. Ma ieri l’attenzione maggiore era per Raed Salah. «Guai se dovesse morire. Ci sarebbe il rischio dello scoppio di gravi violenze tra gli arabi israeliani. Magari una terza intifada. Questa volta non tra i circa 3 milioni di palestinesi in Cisgiordania e Gaza, ma tra i cittadini arabi in Galilea e nel resto del Paese», notava il quotidiano Ha’aretz e con lui quasi tutti imedia locali. Il motivo è ovvio. Salah è considerato il massimo leader dei movimenti radicali diffusi tra i circa un milione e mezzo di arabi israeliani (più o meno il 20 per cento della popolazione). Una decina d’anni fa ha creato il «Movimento islamico», visto come una sorta di emanazione dei Fratelli musulmani. I suoi sermoni il venerdì dal pulpito della moschea di Al Aqsa a Gerusalemme lo hanno reso estremamente popolare. «Salah ha riportato gli arabi di Israele alle fonti della loro fede e soprattutto al cuore del nostro credo nella città santa», spiegano a Um El Fahem, la cittadina dove è nato nella Galilea meridionale. Sembra che il suo movimento raccolga circa il 30 per cento delle simpatie tra l’elettorato arabo. Lui non ha alcuna intenzione di entrare in politica, comunque non in quella israeliana. L’astensione al voto è parte del suo rifiuto dello Stato sionista. Nel 2003 fu arrestato con l’accusa di raccogliere finanziamenti per Hamas. Venne rimesso in libertà vigilata dopo pochi mesi. In mattinata imedia arabi hanno diffuso la voce che fosse ferito grave, o addirittura morto durante il blitz israeliano sulle navi.

Immediatamente la situazione si è fatta tesa. Tafferugli tra studenti arabi ed ebrei nell’università di Haifa. Tiri di pietre e copertoni in fiamme attorno a Um El Fahem e sulle strade verso Nazareth.

Nel pomeriggio però fonti della Difesa israeliana hanno ribadito che Salah sta bene. E l’allarme sembra rientrato. «Non credo che comunque gli arabi israeliani siano disposti a sollevarsi in massa come avvenne in Cisgiordania e a Gaza nel 1987 e nel Duemila. Tra loro la grande maggioranza crede ancora nell’integrazione, chiede l’eguaglianza con gli ebrei. Non la separazione», spiega Dani Rubinstein, noto commentatore israeliano che oggi insegna all’università di Beersheva. La tensione potrebbe però tornare nelle prossime ore, quando la nave con gli attivisti dovrebbe attraccare al porto di Ashdod, e Salah venire arrestato. «Il peggio deve ancora arrivare», sostengono a Um El Fahem. «La vicenda è tutt’altro che risolta».

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