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" La lotta per il futuro del Medio Oriente "
La lotta in atto non è per Gaza, non si tratta di una questione umanitaria, né tantomeno nazional-patriottica, ma culturale-religiosa e la domanda chiave è se l’Islam radicale s’impadronirà dell’attuale ordine politico. Per chi non è ciecamente schierato, è evidente che la battaglia avvenuta di fronte alle spiagge di Gaza è in realtà una lotta tra una coalizione islamica radicale, che comprende Iran, Hamas ed Hezbolah da una parte e che la Turchia vuole cavalcare, e, dall’altra parte, le forze con orientamento occidental-liberale, rappresentate da Israele. Questa sfilata marittima è soltanto un sintomo di una guerra tra giganti. Se Israele avesse voluto fermare questa dimostrazione sul mare, avrebbe potuto farlo in modo molto più elegante. Per esempio, togliendo le eliche alle navi con un’azione subacquea, in modo da trasformarle in pezzi di ferro galleggianti senza capacità di movimento. Un’altra opzione poteva essere il blocco della navigazione con il permesso di proseguire soltanto in cambio della liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit, ancora nelle mani di Hamas. Così Israele avrebbe passato la patata bollente nelle mani di Hamas. Ma anche in caso di successo, ciò non avrebbe portato a sancire chi è il vero padrone dell’area mediorientale. Invece sembra che Israele abbia deciso di intimare un deciso “basta così!” alla Turchia, dominata da un gruppo ideologicamente affine ad Hamas e inesorabilmente diretta verso il fondamentalismo islamico. Così, sulle spiagge di Gaza si areneranno le forze islamiche dell’impero ottomano che aspira a ritornare a dominare l’area del Medio Oriente, come ha già fatto cinquecento anni fa. Ma è giunta l’ora in cui il mondo, soprattutto quello occidentale, deve capire che la lotta che si sta consumando non è solo del Medio Oriente ma riguarda tutti noi. Israele oggi è in prima linea, e combatte la guerra del mondo illuminato, liberale, pluralista, aperto e democratico, contro le forze dell’Islam oscurantista che minacciano d’impadronirsi del mondo e sottometterlo sotto la bandiera verde con la mezzaluna. La partecipazione a questo corteo marittimo dello sceicco Ra'ad Salah, leader della frazione settentrionale del Movimento Islamico israeliano, è la prova che la lotta non è d’origine territoriale, nazionale o umanitaria, ma culturale-religiosa (il fondamentalismo islamico, infatti, aspira a un califfato mondiale, che non si basa sulla frammentazione in tante nazioni islamiche, ma, al contrario, le fonde insieme n.d.t.). L’azione dell’esercito israeliano dovrebbe servire come campanello d’allarme per risvegliare il mondo occidentale, affinché possa scorgere la nube islamica che sta per oscurare il sole liberal democratico della civiltà. Mordechai Kedar è lettore di arabo e islam all' Università di Bar Ilan a Tel Aviv. Nella stessa università è direttore del Centro Sudi (in formazione) su Medio Oriente e Islam. E' studioso di ideologia, politica e movimenti islamici dei paesi arabi, Siria in particolare, e analista dei media arabi. |
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