"Spionaggio interno: il caso Kamm-Blau-Haaretz"
di David Braha
Anat Kamm Uri Blau
Appena qualche giorno fa è iniziato, senza fare troppa notizia, il processo ad Anat Kamm. L’ex-soldatessa, ora ventitreenne, è accusata di aver rubato circa 2000 documenti top-secret e di averli copiati su alcuni CD e sul disco rigido del suo PC, nel periodo in cui prestava servizio di leva presso il Comando Centrale dell’esercito israeliano. Successivamente li avrebbe passati ad Uri Blau, reporter del quotidiano Ha’aretz, il quale a sua volta li avrebbe usati basandovi alcuni dei suoi articoli.
Se le accuse dovessero essere confermate, la Kamm rischia così di scontare pene molto pesanti per spionaggio aggravato, in quanto avrebbe consapevolmente messo a rischio la sicurezza nazionale di Israele. Tuttavia la questione è molto più complessa di quanto sembra. Almeno fino ad ora, le informazioni segrete trapelate dagli articoli di Blau sembrerebbero non danneggiare direttamente la sicurezza nazionale, quanto piuttosto l’immagine dell’esercito. Almeno questa è la tesi degli ambiebnti vicino ad Haartez, il giornale che sta dietro a tuta la faccenda.
Secondo il giornalista infatti, nel Marzo del 2007 le forze armate israeliane avrebbero infranto le proprie regole di ingaggio, nonché una decisione del tribunale, uccidendo tre leader del terrorismo palestinese quando avrebbero potuto semplicemente arrestarli. Tutto da dimostrare perchè i documenti in questione si troverebbero ancora in possesso di Blau il quale, rifugiatosi a Londra, si rifiuta sia di restituirli, sia di tornare lui stesso in Israele. Il che desta grande preoccupazione nei vertici politici e militari dello Stato Ebraico, in quanto il giornalista avrebbe in mano informazioni ancora più segrete di quella riguardante le cosiddette uccisioni mirate.
Tra i documenti passatigli da Anat Kamm, vi sarebbero infatti dettagli riguardanti l’identità e la dislocazione di alcuni agenti dei servizi segreti israeliani, con particolari che ne metterebbero a rischio l’incolumità. Di conseguenza le pene che la Kamm potrebbe scontare saranno direttamente proporzionali alla misura in cui verrà dimostrato che l’ex-soldatessa ha effettivamente messo a repentaglio la sicurezza di Israele e/o dei suoi cittadini.
Il caso però è particolarmente controverso, in quanto simbolo di un problema radicato a fondo nella società israeliana. Da un lato infatti Israele fa vanto dell’essere l’unico paese del Medio Oriente nel quale regna un regime di libertà di stampa. La Freedom House, organizzazione internazionale con base a Washington D.C. che valuta continuamente i regimi politici presenti nei paesi di tutto il mondo, assegna ad Israele un punteggio molto alto in tema di libertà di informazione.
Tuttavia, allo stesso tempo, esiste un regime di censura istituzionalizzata per quanto riguarda la sicurezza, come avviene in tutte le democrazie e che viene mantenuto unicamente al fine di proteggere informazioni che potrebbero in qualche modo favorire organizzazioni terroristiche o paesi nemici di Israele. La vera questione alle spalle del caso Kamm riguarda quindi quale valore, tra libertà di informazione e sicurezza nazionale, debba avere la precedenza ed essere considerato prioritario.
È evidente che il dilemma sorto, o meglio risvegliato dalle azioni dell’ex- soldatessa, va molto oltre le accuse a lei rivolte. Il processo ad Anat Kamm è appena iniziato, e presto sapremo quali saranno le deliberazioni della giustizia Israeliana sul tema. Naturale la reazione dell’opinione pubblica israeliana al riguardo. Secondo diversi sondaggi, infatti, gran parte degli israeliani afferma di preferire un controllo severo su quanto coinvolge il terrorismo, piuttosto che mettere a repentaglio la sicurezza nazionale, individuale e collettiva.